giovedì 28 novembre 2013

MENNEA NELLA STORIA: Conferenza di Valerio P.Cremolini


Riportiamo alcuni passaggi del testo di Valerio P.Cremolini proposto sabato 23 novembre u.s. nel salone dell’A.V.I.S. ( via Caselli, 19 – Loc. Favaro ), in occasione dell’annuale presentazione del calendario dell’attività podistica del 2014 del Comitato di Coordinamento delle Marce non Competitive della Spezia e della Lunigiana, presieduto da Elisa De Fraia.

L’indimenticabile Pietro Mennea (1952-2013) è una vera e propria leggenda dell’atletica mondiale, al di là del suo mancato ingresso (un’ingiustizia macroscopica) nella “Hall of Fame”. Per noi ne fa parte e la sua stella è molto luminosa.
La sua prematura scomparsa il 21 marzo scorso, all’età di sessant’anni, mi ha spinto a suggerire il titolo di questa conferenza “Menna nella storia”, sostando sul suo profilo di uomo e di atleta e sugli innumerevoli successi che ho sintetizzato nel mio settimo video, comprendente filmati ed immagini che in gran parte conosciamo e che ritengo trasmettano tanta commozione. Mennea è stato un atleta che ha iniziato a correre da ragazzo con un fisico per niente esaltante. Un uomo che ha manifestato ininterrottamente una straordinaria forza di volontà. Per motivi anagrafici quella di Mennea è una storia che mi appartiene.
Pietro Mennea
“Se n'è voluto andare in punta di piedi - ha dichiarato Stefano Mei - come nel suo carattere di uomo riservato che alcuni scambiavano per scontrosità. In verità lasciava parlare la pista. É stato il più grande, non ho dubbi”. Non si può non dargli ragione.
Mi piace richiamare brevemente alcuni tratti della personalità di Mennea, primatista mondiale, campione olimpico, primatista europeo, finalista in quattro Olimpiadi, più volte campione italiano e, ovviamente, primatista italiano sui 100 e 200 metri. In varie occasioni non trascurava di ricordare l sua provenienza, sottolineando il senso di appartenenza alla sua Barletta, che definiva “terra amara” e “luogo della memoria e della mia anima”.
Quanto ho sinteticamente richiamato segnala la straordinaria carriera sportiva di atleta vincente, ma anche malinconico, solitario se non introverso. Una persona molto critica ed esigente anche verso se stesso. Sara Simeoni ha ben riassunto la sua personalità affermando che egli “era in lotta continua con la vita per dimostrare non solo il suo valore, ma che ogni traguardo non era impossibile”.
Mennea non mostrava titubanze nel rimarcare ingratitudine da parte dell’establishment a capo del mondo dello sport italiano, con il quale ebbe scontri piuttosto forti. Altrettanto nette sono state le sue denunce contro il doping e quanto ne consegue.
Il medagliere di Mennea è stato d’oro fin dall’inizio della sua carriera agonistica con la medaglia del metallo più prezioso conquistata nei 200 metri ai Giochi del Mediterraneo del 1971. Da quel giorno si contano tantissimi trionfi.
Il bronzo alle Olimpiadi di Monaco del 1972, le due medaglie d’oro ai Campionati europei di Roma del 1974, 200 metri e staffetta 4×100. Il bis sul gradino più alto del podio, questa volta in due gare individuali, avviene ai Campionati europei di Praga del 1978, 100 e 200 metri. Fu anche un ottimo quattrocentista. Vinse nel 1978 i 400 metri ai Campionati Europei indoor a Milano e fu in buona parte merito suo la vittoria  della staffetta 4x400 agli Europei Praga, dove nella finale venne cronometrato in 44”2. C’è solo una parola. Strepitoso!
Poi nel 1979 a Città del Messico il record del mondo con quel 19’’72 che resterà per sempre impresso nella nostra memoria e che resisterà per diciassette anni. Inoltre, la medaglia più ambita per qualunque atleta al mondo, la medaglia d’oro alle Olimpiadi di Mosca nel 1980.
Nonostante questa mole di successi subì anche delle incomprensioni. ed ha davvero dell’assurdo, quanto accadde successivamente al duplice trionfo ai Campionati europei di Praga del 1978.
Senza alcuna reticenza Mennea racconta:

 ”Dopo quelle dieci fatiche (Bolt a Pechino fece 9 gare) in sei giorni, per potermi riposare e puntare a risultati cronometrici importanti, chiesi di non partecipare alla successiva tournée in Oriente. Più che un valore agonistico, questa iniziativa perseguiva le mire elettorali di Nebiolo, ormai lanciato verso la conquista della poltrona di presidente della Federazione mondiale di atletica leggera. Come risposta mi fu negato il permesso a gareggiare e soprattutto di potermi allenare in Italia. Decisi comunque di non partire e per tale ragione, con provvedimento federale di sospensione, mi fu impedito di proseguire la stagione agonistica e ricevetti un’ammonizione con diffida […] Questo fu il premio per le mie dieci fatiche di Praga”.

Non meno edificante è sapere che il suo allenatore Carlo Vittori nel 1976 si pagò il viaggio per raggiungere Mennea alle Olimpiadi di Montreal.
Così fu tormentata la vigilia del record del mondo, ricostruita attraverso la testimonianza di Gianni Minà: 

Quella sera d'agosto del 1979 eravamo insieme in pizzeria» scrive Minà «e Mennea, per via di un aspro conflitto con la Federazione di atletica, aveva praticamente rinunciato a correre alle Universiadi » in programma un paio di settimane dopo. Il presidente della Fidal di allora, Primo Nebiolo, che aveva trasformato l'atletica in uno degli spettacoli più ambiti del circo delle discipline sportive al servizio della televisione, voleva far correre il nostro velocista più in gamba a destra e a manca, trasformarlo in uno spot itinerante, infischiandosene dei giusti ritmi della preparazione e dell'allenamento. Ma alla fine di quella cena in pizzeria, Mennea decise di partire per Città del Messico. Dove «arrivò» in 19 secondi e 72 centesimi”.

Nella sua vita il campione barlettano amava dichiarare :”Non è tanto importante il risultato sportivo, almeno non quanto il risultato umano. Ciò che conta davvero non è vincere nello sport, ma vincere nella vita”. E nella sua vita oltre agli innumerevoli e prestigiosi successi agonistici, Mennea ha collezionato quattro lauree; ha svolto con successo la professione legale; è stato docente,  parlamentare europeo e, non è poco, vantava il titolo di Grande Ufficiale al merito della Repubblica. La benemerenza gli venne consegnata dal presidente Sandro Pertini dopo il successo alle Olimpiadi di Mosca, dove a suo dire “visse le 48 ore della mia vita di cui vado più orgoglioso”. Nel 1985 Pertini lo invitò a colazione al Quirinale. Il presidente lo stimava tantissimo e per Mennea fu una gratificazione di notevole significato umano quando gli disse che “sarebbe un delitto se uno come lei non lavorasse più nel mondo dello sport”. Eppure, nel 1994, la sua candidatura alla guida della Fidal venne ignorata.


Pietro Mennea
Nei giorni successivi alla sua scomparsa è stato scritto che “la sua vita, seppur brevissima, è stata una vita che lo ha visto spesso vincere. Pietro Paolo Mennea, soprannominato “Freccia del Sud” è stato un uomo che ha contrastato il sistema;  un’atleta a tutto tondo; certamente  il più grande atleta dello sport italiano. In California incontrò Muhammad Ali-Cassius Clay, che gli venne presentato come l’uomo più veloce del mondo. Ricorda Mennea che il pugile lo squadrò sorpreso: “Ma tu sei bianco”. Sì, ma sono nero dentro, gli risposi”.
Subito dopo la sua scomparsa è stato pubblicato il libro autobiografico “La corsa non finisce mai” , scritto da Mennea con la collaborazione di Daniele Menarini. Vi si trovano imprese ed aneddoti, alcuni sconcertanti, con una dichiarazione finale sui prestigiosi risultati ottenuti durante la sua lunga storia agonistica. “Per ottenere tutto questo – sono parole di Pietro Mennea -  ho vissuto 5482 giorni praticamente come un frate trappista. Mi sono allenato a Natale e a Capodanno, a Pasqua, seguendo tabelle stilate con cura e magari aumentando i carichi previsti in esse, se mi accorgevo di non risentirne. Ho passato giorni e giorni da solo, a Formia, in pista la mattina, in pista il pomeriggio, un po’ di tv la sera e poi a dormire, senza una persona vicino. La mia casa era una stanza d’albergo, la mia famiglia i camerieri dell’hotel dove soggiornavo abitualmente. Quello era il mio rifugio. Ho disputato 528 gare, 419 individuali e 109 di staffetta. Ho vestito per 52 volte la maglia della nazionale”. Lo ricorderemo sempre con immenso rispetto.
                                                              
 Valerio P.Cremolini




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