mercoledì 29 ottobre 2014

ARTICOLO 1 COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA ITALIANA : INSTALLAZIONE di EZIA DI CAPUA RECENSIONE a cura di Donatella Zanello

Sala Culturale CarGià - Promozione Arte e Cultura 2014
Sezione - Recensioni


“L’Italia è una Repubblica democratica  fondata sul lavoro.”(Art. 1 Costituzione della Repubblica Italiana)

ART. 1 COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA ITALIANA
INSTALLAZIONE DI EZIA DI CAPUA - particolare
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L’artista Ezia Di Capua si interroga sull’enunciato del Primo Articolo della Legge fondamentale dello Stato Italiano, la Costituzione. Lo fa esprimendosi in qualità di grafica, scultrice, pittrice, attraverso un’opera – installazione intensissima e dolorosa, recante attraverso l’uso di materiali poveri, quali ferro e legno, un potente messaggio di riflessione sul tema sociale del lavoro quale caratteristica essenziale dell’uomo. Molteplici sono le suggestioni e gli spunti di riflessione che questa opera contiene e sprigiona nella sua essenzialità e profondità concettuale. Il contenuto del Primo Articolo ha ispirato quest’opera – spiega Ezia, con la sua voce musicale – nel suo significato politico, polemico, provocatorio, dolente, volto a risvegliare attraverso un forte afflato emotivo la coscienza collettiva nei confronti delle numerose problematiche sociali legate al lavoro. L’opera è un inno al lavoro ma al tempo stesso è un grido di protesta e di denuncia, attraverso la maschera tragica, mutuata dall’antichità classica greco-romana, che campeggia al centro, a ricordare proprio l’assenza del lavoro,la disperazione che scaturisce dalla perdita dello stesso, l’enorme difficoltà dei giovani di inserirsi in una società sempre più competitiva e governata da meccanismi spietati legati al profitto. L’artista ha progettato e costruito una scultura legando tra loro, con varie tecniche,  utensili da lavoro appartenuti al nonno materno ed al nonno paterno. La maschera tragica è in creta cruda ed è stata plasmata dall’artista in una smorfia di dolore, che colpisce l’immaginario e scava nella coscienza collettiva per ricordare, senza fraintendimenti, con il massimo della forza espressiva, il dolore di chi non trova lavoro o di chi lo ha perduto e si trova defraudato della propria dignità umana, emarginato ed impotente al punto di cercare la morte attraverso il suicidio. Ugualmente si vogliono ricordare così le tante morti sul lavoro a causa di infortuni e tutti gli aspetti negativi e tragici che sono connessi al lavoro umano nelle diverse società a tutti i livelli. A testimoniare la tragicità dello sfruttamento ed i rischi anche mortali connessi al lavoro, che da sempre è una parte non solo rilevante ma anche totalizzante della vita umana, nel cavo orale della maschera è posto un centesimo di euro. Questo riferimento testimonia simbolicamente il fattore economico del lavoro, allude al passaggio storico alla moneta euro ed alla crisi attuale che investe la società internazionale, in modo tale che la retribuzione lavorativa diventa sempre più  inadeguata  a garantire la dignità dei lavoratori con una retribuzione commisurata allo svolgimento dell’attività lavorativa.
ART. 1 COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA ITALIANA
INSTALLAZIONE DI EZIA DI CAPUA - particolare
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Un utensile appare conficcato nell’occhio destro della maschera ad accentuare l’aspetto tragico e dolente, drammatico e ieratico dell’installazione. Al di sotto della maschera il supporto è sovrastato e percorso da fili tesi di reti da pesca a formare una cetra, simbolo del teatro antico in ambiente classico mediterraneo, forma culturale che si pone alle origini della civiltà europea. Tra gli utensili magicamente sospesi da terra nell’installazione  si nota una morsa, strumento legato all’attività della classe operaia ed alla meccanica industriale. Una pesante catena usata per ormeggiare le barche all’ancora è parte integrante dell’installazione, unitamente ad un grande compasso da tracciatore, posizionato alla base del supporto in legno ma anch’esso sospeso da terra, in una dimensione simbolica, metafisica e subliminale. Ora, proprio il compasso avvolge di ulteriore mistero l’opera già di per sé estremamente densa di simboli, suggerendo un riferimento alla massoneria, che proprio nel mondo del lavoro trova antiche radici ed irrisolti enigmi. Il compasso – spiega l’artista – è un compasso da “tracciatore”, figura professionale di operaio specializzato nella progettazione e tracciatura delle sagome nell’industria nautica. Il tracciatore è colui che “legge” ed interpreta un disegno riportandolo su  ampie superfici , supporti di grandi dimensioni, sui quali viene “tagliata” la lamiera che costituisce componente essenziale della cantieristica. Nella famiglia di Ezia Di Capua ci sono stati molti tracciatori e l’utensile è retaggio di questa attività lavorativa legata ad una tradizione tutta italiana della marineria, delle attività armatoriali  e della cantieristica navale.
Andiamo ad esaminare ora la superficie del supporto in legno non nobile e precisamente il disegno o meglio i disegni tracciati nel supporto stesso, che costituisce la parte più interna dell’installazione.
Ezia racconta che questa è la parte dell’opera che più le assomiglia.
ART. 1 COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA ITALIANA
INSTALLAZIONE DI EZIA DI CAPUA - particolare
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I disegni sono tracciati con matita e colore bianco di sanguigna e rappresentano una meridiana, un orologio ed uno strumento musicale, simboli legati al Tempo, che è variabile fondamentale del lavoro dell’uomo ed alla musica, attività di lavoro artistico alla quale Ezia Di Capua è profondamente legata, forse proprio per la passione, lo spirito di sacrificio  e la disciplina totalizzante che la composizione e l’esecuzione della musica comportano e che l’artista ben conosce e comprende. Troviamo evidenziata la scritta “Articolo 1”,  titolo dell’opera, posto esattamente al centro dell’installazione, idealmente. Il titolo è evidenziato a caratteri nobili e cubitali. Accanto è raffigurata una chiave inglese con ingranaggi che richiamano la catena di montaggio, elemento fondamentale nell’evoluzione dell’attività industriale. Accanto, i numeri romani IX  e XX richiamano il nostro secolo, l’epoca ed il tempo in cui viviamo.
Segue la firma stilizzata, con le sole iniziali EDC, dell’artista, che in questo modo si pone al centro dell’opera assumendone tutta la responsabilità, con assoluta correttezza espressiva di autrice, sia a livello concettuale che materiale, comunicando la propria umanità nella volontà di dialogo e di rappresentazione filosofica e simbolica del proprio pensiero. La formica raffigurata è simbolo delle forme di lavoro connesso al mantenimento della vita presenti nel mondo naturale ed animale, laddove il lavoro dell’uomo si diversifica da queste per la sua straordinaria complessità, ponendolo al centro del mondo naturale come “misura di tutte le cose” , secondo il concetto rinascimentale.
Il numero 13 rappresentato altro non è se non il magico simbolo della Fortuna, che determina tutte le attività umane e soprattutto quella lavorativa. Il 13 è il numero fortunato e se la ruota della Fortuna non gira nel modo giusto l’attività lavorativa, pur connotata dal sacrificio, non potrà decollare. Spesso invece chi è favorito dalla dea bendata ottiene facilmente successo e ricchezza e raggiunge il massimo risultato con il minimo sforzo, salvo poi vedere rovesciate le proprie sorti per un capriccio del Destino, che ora è favorevole, ora si mostra avverso al lavoro dell’uomo. Il numero 13 è uno dei simboli più potenti e suggestivi dell’opera, con il suo riferimento all’”alterna onnipotenza delle umane sorti”, nella storia dell’umanità e nell’esistenza degli individui, laddove il Destino o Fato è veramente padrone assoluto del Tempo, di ogni Tempo umano, che scorre come sabbia nella clessidra. Ezia mi fa notare che tutti i materiali che compongono l’installazione sono a rischio di deterioramento futuro. Questa caratteristica risponde ad una precisa volontà dell’artista ed ha una forte valenza simbolica e poetica, poiché anche quest’opera, come tutte le opere ed attività umane, è destinata a scomparire nel tempo, anche se opportune forme di conservazione potrebbero rallentarne la distruzione. In questo destino di disfacimento vi è forse il germe di un riferimento filosofico al nichilismo o comunque ad un sentimento dell’inutilità angosciante della fatica umana. Tuttavia il nichilismo è soltanto un elemento marginale, in questo caso, poiché il fortissimo manifestarsi dell’opera, con tutte le sue caratteristiche di denuncia, di protesta e di provocazione intellettuale, si evolve in senso contrario, cioè nella direzione della volontà di risvegliare la coscienza collettiva. L’opera manifesta per contrapposizione una spinta vitalistica al rinnovamento ed al miglioramento dell’organizzazione sociale del lavoro, nel recupero della memoria storica delle attività lavorative del passato e della tradizione, nella speranza che si creino nuove opportunità di lavoro e di occupazione, in primo luogo nella coscienza dei singoli. L’opera non è dunque ciò che sembra. Forse come ogni opera d’arte non è ciò che appare ma ciò che significa e ciò che vuole ottenere. Come ogni opera d’Arte, è in primo luogo la rappresentazione di un’Idea.
Non è soltanto una Maschera di Dolore ma un invito alla speranza, un rifiuto del male, una ribellione vitalistica. Infatti il disegno della Sfera, simbolo del Pianeta Terra e del moto universale delle galassie, elemento geometrico già caro a questa autrice nelle opere pittoriche precedenti, è espressione dell’alchimia segreta del movimento universale delle stelle e dei pianeti, movimento circolare, ciclico, eterno, simbolo infallibile di tendenza alla perfezione. Questa tendenza alla perfezione è un elemento portante  del lavoro e soprattutto del lavoro artistico. E’ una caratteristica inconfondibile delle attività dell’uomo, essere imperfetto che tende al miglioramento, alla trasformazione, al rinnovamento. Infine è rappresentato il numero 1,618. Questo è il magico numero attraverso il quale in matematica ed in geometria vengono realizzate le spirali. E’ il numero usato da Leonardo da Vinci nei suoi progetti architettonici. E’ il numero dell’Equilibrio statico in Architettura. E’ usato anche nel disegno ed è fondamento delle arti visive, utilizzato frequentemente in architettura ed in ingegneria.
Troviamo inoltre rappresentato un orologio rotto, spezzato in vari punti. Questo simbolo naturalmente indica il Tempo, come variabile fondamentale del lavoro umano. Il lavoro si basa sul tempo ma divora il tempo della vita umana, pertanto occorre cercare attraverso varie forme di equilibrio e di tutela dei diritti dei lavoratori di rivendicare e restituire il biblico “tempo per ogni cosa” che è indispensabile alla libertà ed alla dignità umana. L’annullamento della dignità umana attraverso orari disumani di lavoro e tutte le forme di vessazione e sopraffazione, che purtroppo caratterizzano l’organizzazione del lavoro nelle società, hanno tolto al lavoro stesso la sua caratteristica più importante: l’essere una piena espressione dell’uomo. Il lavoro è espressione dell’uomo e l’uomo non deve essere merce, non deve essere strumento del lavoro ma ne deve essere l’artefice, il protagonista, il creatore. L’uomo deve realizzarsi attraverso il lavoro, deve vivere attraverso il lavoro, non ne deve morire ma ne deve vivere pienamente. Il lavoro è per l’uomo e non l’uomo per il lavoro. Il lavoro è strumento dell’uomo, non il contrario. Questo è il potente messaggio dell’opera, espresso attraverso un movimento catartico ed assiomatico, una Negazione che provoca una Affermazione.. Tutta l’installazione appare protesa in uno slancio verso l’alto, tesa a liberarsi dalle catene della sofferenza che la tengono ancorata alla terra. Occorre ben guardare e saper vedere oltre ed attraverso quest’opera, per comprendere che il Lavoro dell’uomo altro non è se non  questa fatica, per liberarsi dai vincoli del dolore e della morte, spettri che incombono ovunque. Altro elemento dell’Ombra è il Denaro, legato indissolubilmente ai meccanismi del lavoro e dell’economia. Il lavoro umano può definirsi come equazione di Tempo – Denaro – Vita umana. Nello slancio metafisico verso l’alto si comprende che la libertà assoluta si conquista soltanto attraverso il sacrificio. Esiste una scrittura dell’ombra che si posa sull’installazione e sui disegni all’interno. La realizzazione dell’installazione ha richiesto diversi mesi, realizzare questa ispirazione – dice Ezia – non è stato facile, non è stato immediato, si è reso necessario ricercare la proiezione giusta di ombra e luce, i materiali significativi, progettare in ogni dettaglio lo slancio verso l’alto ed il posizionamento dei singoli elementi per formare l’equilibrio geometrico dell’installazione.
Dalla mente alla realtà. In questo percorso è stata usata molta perizia, per creare una efficacissima rappresentazione artistica del lavoro umano e delle problematiche sociali, filosofiche, storiche, giuridiche, economiche, culturali, religiose e concettuali ad esso indissolubilmente legate.
In questo senso possiamo a pieno titolo parlare di capolavoro, per il  percorso artistico di Ezia Di Capua, laddove l’arte è la piena rappresentazione di un’idea, da ispirazione si trasforma in rappresentazione, entrando nel giro delle cose e nel corso del Tempo, manifestando così la propria funzione catartica. Autentica passione ed empatia, amore per l’umanità ferita e disperata, hanno prodotto quest’opera artistica, di non facile comprensione, di non facile realizzazione, opera che nasce nell’ombra e nel dolore  e si spinge misteriosamente ed inesorabilmente verso la luce.

                                                                                                                   Donatella Zanello

Donatella Zanello, autrice di poesia, narrativa e saggistica. Vive ed opera a La Spezia. Laureata in Lettere all’Università degli Studi di Pisa, vincitrice di numerosi riconoscimenti, presente in molte antologie e siti letterari, membro di giuria di premi di poesia, autrice di prefazioni e recensioni, ha pubblicato otto raccolte di poesia: “Polvere di primavera”, “La donna di pietra”, “La sognatrice”, “Passiflora”, “Il tempo immutabile”, “Poesie provenzali”, “Labirinti”, “Il colore del mare”. Il paesaggio ligure e mediterraneo, la ricerca spirituale come unico vero significato dell’esistenza sono fonti costanti di ispirazione della sua vasta produzione poetica.


ARTICOLO 1 COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA ITALIANA : INSTALLAZIONE di EZIA DI CAPUA RECENSIONE a cura di Luigi Leonardi

Sala Culturale CarGià - Promozione Arte e Cultura 2014
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Art. 1 Costituzione della Repubblica Italiana
“L’Italia è una Repubblica democratica  fondata sul lavoro.”

I limiti della sovranità
Su “ Articolo 1 della Costituzione “ di  Ezia Di Capua

ART. 1 COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA ITALIANA
INSTALLAZIONE DI EZIA DI CAPUA - particolare
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Molta simbologia c’è, almeno per me, in questo opera di Ezia Di Capua.
“ Articolo 1° “, il titolo richiama subito la Costituzione, e con essa ciò di più importante per la nostra sopravvivenza: il lavoro. S’intravede, per la verità un po’ sfumato, il disegno di due ruote dentate simbolo appunto del lavoro,e un accenno di chiave inglese. Un po’ sfumato forse perché in Italia la disoccupazione raggiunge livelli molto elevati, ed è difficile quasi come scalare il K2 per il nostro stato assicurare a tutti il lavoro.
L’Italia è una repubblica democratica.. Ecco, se ci fermassimo qui tutto sarebbe semplice e chiaro: una res publica ossia “cosa di tutti”; démos cràtos ossia “potere del popolo”. Ma l’articolo continua: la sovranità appartiene al popolo che la esercita nelle forme e nei limiti della costituzione.
Già, la sovranità. Deriva da “sovra”, sopra, e significa potere pieno e indipendente, suprema. Ma se le diamo dei limiti non è più indipendente, ciò è una contraddizione. Ora, nel lavoro di Ezia, appaiono del fili che tengono legati alcuni oggetti sopra una specie di tavola trapezoidale. E io li vedo come tenuti da burattinai. E’ la vera sovranità, non quella del popolo che si manifesta esclusivamente nel suffragio, ( a parte qualche referendum ) e che per questo la rimette nelle mani di rappresentanti. Ma come si può rappresentare la sovranità? Come può avere dei limiti?
L’autore ci indica un compasso. Mi verrebbe di pensare alla massoneria, se non mancasse la squadra. Allora penso a una certa perfezione geometrica, forse un demiurgo che controlla l’intero sistema. Un compasso peraltro arrugginito, non in grado di tenere bene alla catena una umanità ormai alle estreme conseguenze di una profonda crisi. Una crisi anche economica, se indichiamo quel centesimo nella bocca della maschera come povertà materiale.
E che significa dunque quella maschera antropomorfa? Sul frontone di qualche teatro un tempo si leggeva castigat ridendo mores. Il significato era questo: divertendoti correggi i costumi, e sopra la scritta c’era una maschera come quella di Pulcinella, o Arlecchino.. E’ la satira, l’ironia sui difetti umani, soprattutto sul potere – che per l’uomo è sempre presunto e illusorio – che forse qui, nell’opera di Ezia, vuole essere ridimensionato. E’ un potere che governa con affanno.
Ma sappiamo che la maschera ci conduce anche alla tragedia. Nell’antica Grecia la tragedia aveva significati religiosi, sociali, psicologici; nel nostro atteggiamento, nel nostro modo di pensare cosa è cambiato? E la maschera serviva agli attori per essere riconosciuti nel loro personaggio e nelle sue espressioni. E ora qui quella bocca spalancata, che allora serviva più che altro da megafono, ci può additare il nostro urlo di rabbia, di amarezza, di richiesta di giustizia.. forse uno sbadiglio di noia.
E poi le maschere pirandelliane, che ci impongono un ruolo, meglio una identità diversa a seconda dei diversi punti di vista, cosicché diventiamo uno, nessuno, centomila.
Ma quale tipo di maschera dobbiamo intendere? L’ironia? La tragedia? L’impersonalità? Io dico tutti i tipi. Probabile non sia così per l’autore, ma quando questi rende pubblica una sua opera l’opera stessa viene fagocitata, interpretata soggettivamente, addirittura corrotta. Ed è così che rendo la mia esegesi di questo “ Articolo 1 della Costituzione “: un popolo assoggettato a contraddizioni, diverso nella mentalità, tendente comunque a una propria unità, - forse i fili possono rappresentare questo – deluso e limitato nella propria sovranità quale massimo diritto che per logica sociale gli compete.
                                                                                                            Luigi  Leonardi

La Spezia, 22 ottobre 2014

ARTICOLO 1 COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA ITALIANA : INSTALLAZIONE di EZIA DI CAPUA - RECENSIONE a cura di Franco Ortis

Sala Culturale CarGià - Promozione Arte e Cultura
Sezione - Recensioni

Art. 1 Costituzione della Repubblica Italiana
“L’Italia è una Repubblica democratica  fondata sul lavoro.”

ART. 1 - COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA ITALIANA
Installazione di Ezia Di Capua
- particolare
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L’Articolo 1 della Costituzione Italiana recita: “L’Italia è una repubblica democratica fondata sul lavoro“.
La parola “repubblica” ci viene dal latinio “Res Publica” ovverosia cosa pubblica e quando una cosa è pubblica sta a significare che è di tutti e a tutti dunque deve appartenere. La parola “democratica” ci viene dalla lingua greca: “Demos” che è il popolo mentre, “kratica” ha come significato il potere.
Quindi una cosa pubblica che il popolo governa ovviamente tramite chi lo rappresenta.
Orbene, continuo, è fondata sul lavoro ma di chi?. E’ ovvio degli italiani….all’estero perché oggi la disoccupazione pare  essere all’ordine del giorno e guai ci saranno a chi questo ordine non obbedisce.
Ovviamente scherzo con le parole, ci mancherebbe altro ma, sta di fatto che Ezia Di Capua con questa bella scultura che potete vedere qui riprodotta ha fatto fuori, come si suol dire il Primo Articolo della nostra Costituzione.
Una maschera che riproduce una qual finzione su corpo libero non finito e forse il suo fine sta proprio qui, nel non finito. “ Fatto fuori  ”… s’ intende in Arte.
Bene conosciamo i lavori grafici di Ezia e non solo questi bensì anche i suoi acquerelli e il tutto che si sottopone a un disegno che ha della straordinarietà tanto è preciso e calligrafico, cioè di bella scrittura.
Ezia qui in questa sua scultura, ci fa arrivare, come si suol dire, la sua ombra che viene da lei realizzata in poesia ma, in una poesia politica che nella sua fattura ideale ci sottopone una idea e con una potenza naturalistica che illumina il solo  scopo  formale sfiorante quasi la maniera ( Ezia non è mai stata e non è un’artista di maniera, anzi tutt’altro).
Qui in questa scultura, si dimostra un’artista di materia, di forma e di spirito  ma nello stesso tempo è ricca di densità nella sua naturalezza e si scopre in una certa poesia che ha quasi del materiale nel rapporto con la sua vita di altrettanta poesia ideale che trasforma il suo tutto nel desiderio del gioco, nel divertimento di sentire certe necessità di cose estreme e di trasmetterle a chi sente gravezza di fatica di sentimenti e nel contempo incutere buona individualità e razza che sono limiti che hanno valori per tutti.
Ezia che può toccare, certe possibilità espressive e dare con la sua purezza mai ancestrale e mai corrosiva ma sempre dimostrarsi in piena luce, inventa con questa sua scultura colori non corposi ma intensi per l’affascinante metafora che lei ci sottopone e con un lavoro non con immediatezza di intuizioni ma soltanto con immediatezza di creazione. Ezia guarda il suo mondo d’arte con quella intensità che non solo fa vedere le cose nella loro essenza una volta create, ma riesce a elaborare queste sue cose anche se non sono di forme difficili e, nel contempo di una esemplare originalità.

Franco Ortis
   La Spezia 13 Settembre 2014   

                    

CASTELLO DI SAN GIORGIO LA SPEZIA: HALLOWEEN 2014 - UNA NOTTE AL MUSEO

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Sezione Eventi Artistici e Culturali


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martedì 28 ottobre 2014

SALA MULTIMEDIALE DEL COMUNE DELLA SPEZIA: CONFERENZA "140 anni del Cimitero dei Boschetti"

Sala Culturale CarGià - Promozione Arte e Cultura 2014
Sezione Eventi Artistici e Culturali

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CENTRO LUNIGIANESE di STUDI DANTESCHI: WAGNER LA SPEZIA FESTIVAL 2014

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Sezione Eventi Artistici e Culturali



UNIVERSITA' POPOLARE POPOLARE DELLA SPEZIA: "Particelle Familiari" di Marco Delmastro

Sala Culturale CarGià - Promozione Arte e Cultura 2014
sezione Eventi Artistici e Culturali


L’Università Popolare della Spezia,
in collaborazione con
l’Assessorato alla Cultura
del Comune della Spezia,

comunica

che venerdì 31/10/2014 alle ore 17.30,
presso la sala Dante (via Ugo Bassi)
sarà presentato il libro “ Particelle Familiari “di Marco Delmastro.

Il Dottor Delmastro che è un giovane fisico laureatosi all’Università di Torino, ha conseguito il Dottorato a Milano ed è attualmente impegnato come ricercatore al CERN di Ginevra nell’esperimento ATLAS che nel 2012 evidenziò l’esistenza del bosone di Higgs.
L’autore sarà presente all’incontro.

LA CITTADINANZA E’ INVITATA A PARTECIPARE



lunedì 27 ottobre 2014

COMUNE DI LERICI - SALA CONSILIARE:OGNISSANTI e il "BEN DI MORTI “ a LERICI E ALTRE TRADIZIONI LIGURI

Sala Culturale  CarGià - Promozione Arte e Cultura 2014
Sezione Arte e Cultura


Mercoledì, 29 ottobre alle 21 nella Sala Consiliare del Comune, il COMUNE DI LERICI e la SOCIETA' MARITTIMA DI MUTUO SOCCORSO, con la collaborazione della Parrocchia di Lerici, organizzano un evento culturale un po' particolare: 
MERCOLEDI' 29 OTTOBRE ORE 21 SALA CONSILIARE

Saluti: 
- Sindaco di Lerici, Marco Caluri
- Assessore alla Cultura,  Olga Tartarini 
- Pres. Soc. Marittima di M.S., Bernardo Ratti 

Interventi:
LUISA CASCARINI (Studiosa di antropologia del Levante ligure): "Riti apotropaici: dagli ambarvalia alle rogazioni"
ROSSANA PICCIOLI (Direttrice Museo Etnografico La Spezia): "Halloween e la Festa Cristiana di Ognissanti: opposizione o continuità?"
ROBERTO CORTESE (Presidente Azione Cattolica, Parrocchia di Lerici): La tradizione delle Reliquie a Lerici"
GIUSEPPE MILANO (Soc. Marittima M.S.): "Il BEN DI MORTI a Lerici - una tradizione dimenticata"
BERNARDO RATTI (Soc. Marittima M.S.): "I piatti della Festa"

martedì 21 ottobre 2014

Ho occhi soltanto per te: IL MARE – Racconto di Franco Ortis

Sala Culturale CarGià - Promozione Arte e Cultura 2014 
Sezione - Attività in  Galleria

FRANCO ORTIS
Acquerello - particolare
Il mare è mare mare, il cielo è cielo cielo e il cielo  è marezzato d’acqua e il mare è cielizzato di atmosfera azzurra e il movimento lento delle acque sull’umido arenile o sulla scogliera, è come il brillare dall’iride della nostra immaginaria fanciulla di una lacrima che fugge via verso il suo dolce sorriso. Piovono dal cielo in controluce, miriadi di gocce d’argento e soavissimo, nel torpore del primo mattino il profumo marino mi investe. E’ un profumo che non riesco a vedere con gli occhi e in quei fantastici occhi, ma che mi sollazza il respiro come se fosse una felicità primaverile giovane e inebriante. Il gioco dell’acqua è un ritmo sempre alacre che non cessa di pulsare nel suo continuo rinnovarsi, come pulsa la vita delle creature. Mi viene alla mente il panta rei di Eraclito, lo scorrere continuo del tempo nel suo eterno mutarsi ma il tempo è l’acqua di un fiume che dalle origini arriva al mare e nel momento che tu lo guardi non è più la stessa pur essendo uguale in apparenza. Reminiscenze sono queste di una filosofia e di una letteratura che con la fantasia ora mi fanno tornare indietro nel tempo, a quando ragazzo sui banchi di scuola guardavo assorto il profilo delicato e grazioso di Simonetta che seduta un banco più avanti e diagonalmente rispetto al mio ogni tanto si voltava lentamente e con fare delicato dolcemente mi sorrideva. Stupenda veramente questa immagine di natura marina in continuo movimento nel suo eterno frantumarsi, ha un fascino particolare che influenza romanticamente il nostro pensiero che come quello di un artista, sa cogliere dirette ed esaltanti annotazioni di fuggitivi contatti dei nostri occhi con un aspetto della natura. Ecco che il mare e il cielo come due ragazzi iniziano a scherzare e il giuoco si fa incalzante e il mare dal commovente anelito mattutino si fa ora più potente, perché vuole mettere in mostra tutta la sua bellezza, mentre il vento alimenta questo giuoco e come una musica di Debussy, diventa squarcio melodico sospinto innanzi da una intensa volontà di raggiungere un parossismo espressivo con strepitosa invenzione. Si placa ora il mare, ritira il vento le sue eoliche otri dalle cui bocche erano uscite pellegrine folate sconvolgenti la natura. Cala la sera sul giorno vorticoso, il sole nel terminare il suo arco giornaliero sta per mettere a nanna una parte del creato. Il cielo  da terso com’era si tinge di un rosso impossibile e il mare brulica ora di pezzettini di argento dorato. Nel fantasmagorico giuoco dell’acqua mi sembra di scorgere gli occhi lucenti della mia giovane Musa. E’ uno spettacolo superbo che il Creatore ci regala tutte le sere, popolate di nubi sul mare, dal palcoscenico dell’infinito. Un senso di timore reverenziale mi prende e mi attanaglia mentre assisto stupito al magico fluire del giorno e le ore scandite dal sole stanno per passare ad altro sorvegliante. Tutto ora è calmo e tranquillo, il vento ha cessato del tutto il suo correre per l’aere, e le nubi si stanno sfaldando pur nel tenue calore dell’astro. Cielo e mare, nella loro distesa infinita, accomunano i loro segreti e fanno posto a tenerezza, alla malinconia, al sogno evanescente di una notte. Ora intorno a me è veramente attonito silenzio e un eventuale rumore mi riporterebbe alla realtà di sempre. Non posso che fare ossequiosa riverenza al mio giorno che muore; tra breve potrò intrecciare un meditabondo dialogo solamente con le stelle.


Franco Ortis


domenica 19 ottobre 2014

L'AUTUNNO - Racconto di Franco Ortis

Sala Culturale CarGià - promozione Arte e Cultura 2014
Sezione - Attività in Galleria


L’AUTUNNO
FRANCO ORTIS
Autunno - Acquerello
“ L’Autunno ” fa cadere le ultime foglie che il vento raccoglie portando con sé ”: così recita una famosa canzone di tanti anni fa. L’estate se ne è andata portando con sé caldi umori della terra, le ventate afose di correnti mediterranee, gli amori pastorali e no di giovani amanti, le avventure passeggere di stupende villeggiature montane. Ed ecco l’autunno con i suoi primi sospiri ventosi, con la sua atmosfera rarefatta che sa di pulito, con la sua malinconia di sempre.
In ogni foglia gialla che ti accarezza ”, continua la canzone, “c’è tanta tristezza che parla per me ” e come d’incanto ora quelle foglie sono cadute dagli alberi che si addormentano sotto il tremore anche gelido del futuro inverno.
Un manto erboso di stupendi colori ricopre la terra che chiude le sue palpebre ad una parte del mondo e tutto come d’incanto appare giocosamente mirabile.
Il calore del colore, quasi un bisticcio letterario si espande, pare arrossare il nostro emisfero di un pigmento sconosciuto alle più celebri tavolozze, degno comunque di celebrità impressioniste la cui magia cromatica è riuscita ad estrarre dalla retina memoria di natura di incomparabile bellezza.
Monet, Maney, Sisley, Renoir, Degas, i pittori innamorati della natura occhieggiano dietro ogni fogliolina che sospira tremula e cade lasciando il suo ramo, compagno di mesi indimenticabili, quasi con rimpianto ma conscia, con questa piccola foglia ora per terra, del futuro rigoglio di una nuova veste di un tenero verde di felpata morbidezza che l’attende al vento di brezza di una nuova primavera.
La città avverte l’autunno, avverte questo momento e con lei noi che in lei viviamo. Ci accorgiamo, quasi sbigottiti, di questo naturale mutamento perché è tutto nell’aria che ci avvolge e così come d’incanto è scomparso il sole estivo ecco ora che brontolii altrettanto lontani annunciano questo cambiamento di stagione e non sono quelli delle notti di Agosto che ci sorprendono quasi sempre con scalmanate per quanto brevi tempeste. Ancora non notiamo nulla ma l’autunno è presente come stagione e noi sappiamo che a momenti il cielo si farà più grigio e quello smalto di rosse tinte è pronto ad assorbire le migliaia di gocce che si rovesceranno dal cielo che godrà così anch’esso, come tutto il creato potrà godere, di questo cambiamento d’atmosfera che impregnata di umidore si presenta con un certo pessimismo, ma che è soltanto superficiale e sappiamo che non è tormento perché è l’attimo fuggito di una calda estate che è apparso alla nostra mente per cadere del tutto in una sorta di oblio. Noi ci immergiamo nell’autunno e ci compiacciamo quasi della carezza del tuono che tiene desta in un qualunque momento la nostra vita. Tutto sommato questa carezza di tuono è un rumoreggiare sommesso, quasi compassato, che ogni tanto fa sentire la sua voce stentorea per farci capire che lui, elettrizzato come è, deve sfogare la sua quasi contenuta baldanza tra lo scrosciare musicale della pioggia benefica dopo l’arsura estiva. Noi stiamo bene in questa compagnia che è quasi cantilena monotona dell’autunno, ci rifugiamo nelle nostre case vicino al fuoco scoppiettante del camino alle prese magari con i panigacci e lo scoppiettio delle castagne messe ad arrostire. Tuona, e il rumore della pioggia è quasi allegro come è allegro il canto di un passerotto sugli alberi ormai spogli del tutto. La città è immersa nel grigio mentre più su, nelle zone più montane, l’autunno veste a festa e sui toni rosseggianti tutta la natura, è una sfilata continua di insuperabili vedute variopinte e fiammeggianti al sole. Il rosso nella valle padroneggia tingendo il creato di purpureo colore e l’occhio si anima al contatto non frena gli impeti visivi perché vuole immergersi in cos’ tanto rossore.
C’è tanta musicalità intorno e ci sentiamo quasi attratti da essa da voler far parte prepotentemente di questa natura e confonderci con essa e spingiamo noi lo sguardo chissà dove per capire il segreto di questi francescani  momenti.
Siamo soli ora con lei, con la natura dell’autunno, siamo lontani qui nella vallata dal pulsare frenetico della vita cittadina che fugge via nel tempo e soltanto i ricordi ce ne fanno gustare l’eterna giovinezza. Ora qui non c’è il vento che porta con sé lontano come nella canzone le foglie cadute e il senso di pace che ci prende nei silenziosi meriggi è grande come l’amore di cui saremo capaci. Mi salgono alla mente alcune parole di una canzone dei Beatles “ e alla fine l’amore che prendi è uguale all’amore che dai “ recita così la canzone e i ricordi si legano alle fotografie di persona cara che è immagine di uno splendore spirituale che ha negli occhi la speranza di accomunare la mente con il cuore per la purezza dei suoi cristalli. Vedo una chiesa con il suo campanile di antica memoria, immersa così nello splendore venirmi incontro. In questa silente vallata, immaginifica, è un omaggio dell’uomo alla natura per onorare il suo magico fluire nel tempo e nelle stagioni. Più oltre vedo dei ruderi: sono quelli dell’Abbazia di Linari sconvolti e distrutti dal terremoto del 1920; giacciono in un secolare abbandono immersi anch’essi ora nel tiepido rossore di magica natura che rende loro perenne omaggio. Una musica tesse le lodi di questa magia che al contatto con il sole vespertino sembra animarsi in un ultimo palpito appassionato. In mezzo a tanta poesia fatta esclusivamente di quel colore di cui si tinge la natura in autunno, è come trovarsi nella realtà e nel pensiero là dove viene meno tutto ciò che è contradditorio, una specie di oasi felice dove tutto è un incanto e svanisce ciò che è violenza e se mai ci giunge come un flebile eco dove svaniscono nel nulla i problemi più drastici della nostra esistenza. E’ come cercare il “Là” per una evasione che ci conduca lontano da tutto ciò che sa di brutto, che sa destare umani conflitti e che senz’altro rende più umano l’impegno a tendere di migliorare il nostro vivere quotidiano. Ci possiamo ricreare lo spirito e a contatto di sì tanta emozione nascono poesie e musica, poesia e musica dell’anima che toccata da repentini ricordi trasale e in queste visioni di sublimità eccelsa viene ad essere esaltato il fascino suggestivo delle nostre emozioni più intime e fuggitive. Nell’autunno si sente odor di mosto, è la stagione della vendemmia, l’autunno, la vendemmia di tante uve che ci danno pregiati vini. L’odore si espande, entra nella natura e si compenetra con essa, si allarga per partecipare a una festa. Canti e musiche sembrano accompagnare il momento solenne della vendemmia ed arricchire ancor più gli istanti spirituali che ci fanno sentire più umili. E’ autunno e per la sua bellezza vorremo essere tutti artisti per poterlo dipingere con l’estasi dei suoi colori per poterlo musicare con la dolcezza dei suoi suoni, per poterlo immortalare nella musicalità di semplici versi poetici e forse ci sentiremo veramente figli di Dio perché come Lui ha potuto creare con estrema purezza le immagini che sono dei nostri sogni noi potremmo riprodurle perché fanno parte della nostra fantasia. Ogni cosa, ogni creatura di questo mondo è specchio e simbolo della nostra umana vicenda tra la terra e il cielo e lo specchio non può che rimandarci immagini agresti e pastorali quando la riflessione è impregnata di questi stupendi colori. Oh autunno che vivi e muori nell’attimo fuggente che è la nostra vita!
Il sole riscalda le tue vesti fino al loro estremo respiro, filtra tra il fogliame per rendere spettacolare ma soprattutto più lucente il nostro mondo sul finire del giorno, il giallo e l’ocra e il rosso dell’autunno ecco che vivono stupendamente ora i loro ultimi palpiti prima del riposo ed è vano scrutare intorno perché già conosciamo la risposta che la luce solare suggerisce. Inutile anche cercare le parole, esse sono superflue per una stagione come la tua. Lontano l’orizzonte luminoso comincia a riverberare fantastici colori tra le nubi e noi immaginiamo quella loro realtà che tra breve ci sarà palese. Un rosso cardinalizio esalta l’aria e anch’essa pare tingersi miracolosamente dello stesso colore, tutto vive ancora per palpiti e sussulti e nel fresco della sera gli aneliti del meriggio autunnale sfiorano steli, foglie, acque e alberi e cielo, scoprono e accarezzano l’eterno divenire della vita. Oh autunno il tuo ultimo sole del giorno sta per darci il suo estremo saluto, Come dice il poeta: “ Ed è subito sera “.

Franco Ortis


venerdì 17 ottobre 2014

TEATRO DELLE NUVOLE: LABORATORIO DI SCRITTURA DRAMMATURGICA

Sala Culturale CarGià - Promozione Arte e Cultura 2014
Sezione Eventi Artistici e Culturali


Laboratorio di Scrittura Drammaturgica
Ripartono i laboratori di scrittura teatrale , con cadenza mensile
per partecipare basta una mail o un messaggio!
Teatro delle Nuvole Tel. 3381874187 info@teatrodellenuvole.it

                                                "Noi dobbiamo muovere ancora, e ancora verso un'altra intensità"
(T. S. Eliot)
sabato 18 ottobre
Laboratorio pratico di
Scrittura Drammaturgica
(ma non solo)
Marco Romei,drammaturgo del Teatro delle Nuvole e membro del Centro Nazionale Drammaturgia Italiana Contemporanea CENDIC, conduce un laboratorio pratico di  scrittura teatrale, integrato con cenni sulla scrittura per il cinema.
Il laboratorio di drammaturgia esamina la struttura del testo teatrale: il testo è qualcosa che sta insieme, le cui parti sono intrecciate armonicamente.
Il primo incontro si svolgerà sabato 18 Ottobre dalle 15 alle 19 a Genova Pegli, presso la Scuola Rizzo in via Pallavicini 7, a due passi dalla stazione ferroviaria.
Per informazioni:  Teatro delle Nuvole Tel. 3381874187 info@teatrodellenuvole.it


 Laboratorio Scrittura Drammaturgica

PREMIO INTERNAZIONALE DI NARRATIVA "IL PRIONE" - CERIMONIA DI PREMIAZIONE

Sala Culturale CarGià - Promozione Arte e Cultura 2014
Sezione Eventi Artistici e Culturali


SALA CONSILIARE DEL PALAZZO COMUNALE DI SARZANA: CINQUECENTOCINQUANT'ANNI DI GRANDE STORIA

Sala Culturale CarGià - Promozione Arte eCultura 2014
Sezione Eventi Artistici e Culturali


CENTRO LUNIGIANESE DI STUDI DANTESCHI:LA DIVINA COMMEDIA DI DANTE ALIGHIERI

Sala Culturale CarGià - Promozione Arte e Cultura 2014
Sezione Eventi Artistici e Culturali



giovedì 16 ottobre 2014

COMUNE DI LERICI: CONGRESSO " VIOLAZIONE DEI DIRITTI UMANI IN CINA E IN ITALIA "

Sala Culturale CarGia' - Prozione Arte e Cultura 2014
sezione Eventi Artistici e Culturali


COMUNE di LERICI  
Congresso
 “ Violazioni dei diritti umani in Cina: le fabbriche lager del lavoro forzato in Cina e in Italia "



Nell’ambito delle attività atte ad arricchire il patrimonio librario e per far scoprire nuovi percorsi letterari la Laogai Research Foundation ha donato alla Biblioteca Civica “Andrea Doria“ di Lerici circa 25 volumi sulle violazioni dei diritti umani e nei campi di concentramento ancora attivi in Cina.

Il Comune di Lerici ufficializzerà la donazione con un congresso sul tema:
“ Violazioni dei diritti umani in Cina: le fabbriche lager del lavoro forzato in Cina e in Italia.
L’evento avrà luogo presso la sala del consiglio del Comune di Lerici il 18/Ottobre/2014, ore 18.
Verranno proiettate foto e video.
Interverranno:
Gianni Taeshin Da Valle: Laogai Research Foundation
Angelo Tonelli: Associazione Culturale “Arthena”
Don Claudio Hitaj: Parroco di Carrara
Elisabetta Poggi e Daniela Cecchi: istruttori della Biblioteca di Lerici
Ven. Taehye Sunim: monaco buddhista,abate del tempio “Musang Am” di Lerici
Testimonianza di una donna tibetana, in abiti tradizionali, in rappresentanza del suo popolo.

Ingresso libero.

Tema del convegno
Il potere esecutivo in Cina ha potere illimitato e può tenere sotto controllo e arrestare le persone indiscriminatamente. Tutte le diverse forme di detenzione possibili prendono il nome di Laogai.
I Laogai cinesi sono uno dei sistemi carcerari più repressivi e disumani al mondo, vengono utilizzati come strumento per esercitare la dittatura su una minoranza di elementi “ostili”, cioè  chiunque osa dissentire contro la politica del Pcc. Le torture sono una prassi quotidiana.
Il sistema da un lato serve come mezzo per la repressione e per la riforma del pensiero e dall’altro garantisce un’immensa quantità di manodopera gratis che è fonte di ingenti profitti per il sistema carcerario e per il Partito Comunista Cinese.
Un sistema carcerario redditizio
I campi di concentramento generano reddito per il Pcc: con il lavoro forzato dei prigionieri si guadagnano milioni di dollari. Che le prigioni siano produttive potrebbe anche sembrare un dato positivo, ma in Cina tale sistema crea incentivi ad incarcerare un numero sempre crescente di individui, a prescindere dalla loro colpevolezza.
In Cina esistono più di mille campi di concentramento dove, da 3 a 5 milioni di uomini, donne e bambini sono costretti a lavorare fino a 16-18 ore al giorno per produrre ogni tipo di merce a vantaggio del regime cinese e di numerose imprese nazionali ed internazionali che investono o producono in Cina.
Anche l’Italia, purtroppo, non è estranea alla pratica del lavoro forzato. Spesso leggiamo della scoperta di laboratori clandestini cinesi, dei veri e propri lager. In questi “laogai italiani”, gli operai ma anche tanti ragazzi e bambini sono costretti a lavorare con ritmi disumani, in contesti di scarsa o inesistente igiene e sicurezza. Si prendano ad esempio i laboratori clandestini di Prato, Empoli,Milano e di altre città nei quali si realizza una vera e propria riduzione in schiavitù di immigrati clandestini cinesi.
Nell’Aprile 2012 La LRF ha denunciato l’importazione di pomodori dai Laogai dello Xinjiang alle nostre tavole alla Commissione Contraffazioni, e nel Settembre del 2013, la Regione Toscana, ha approvato nel Consiglio Regionale la mozione della Laogai Research Foundation Italia per combattere i prodotti Made in Cina.

Per informazioni: laogai.italia@gmail.com, Biblioteca civica 0187/966053, cell.338/4284478.
Laogai Research Foundation,29/09/2014


mercoledì 15 ottobre 2014

MUSEO DEL CASTELLO SAN GIORGIO LA SPEZIA: V SEMINARIO DI EGITTOLOGIA

Sala Culturale CarGià - Promozione Arte e Cultura 2014
Sezione Eventi Artistici e Culturali


Museo del Castello di San Giorgio, via XXVII Marzo
La Spezia


martedì 14 ottobre 2014

FAI - FONDO AMBIENTE ITALIANO DELEGAZIONE DELLA SPEZIA: PROGRAMMA EVENTI

Sala Culturale carGià - Promozione Arte e Cultura 2014
Sezione Eventi Artistici e Culturali 


Delegazione della Spezia
Capo Delegazione Dott.ssa Marinella Curre Caporuscio

PROGRAMMA

Giovedì  23 ottobre alle ore 17,15 al Museo Lia , punto FAI, si terrà un eccezionale concerto a cura del BASCHENIS ENSEMBLE associazione culturale ensemble di musica antica e ZERO EMISSION  BAROQUE ORCHESTR che ha per titolo:

                Passacaglia della Vita Quattro storie del Seicento in musica
                  Spettacolo musicale inframmezzato da brani recitati

Il XVII secolo viene raccontato attraverso quattro percorsi musicali che descrivono i pensieri, gli stati d’animo, l’immaginario di quell’epoca:  la vita, le battaglie, gli amori, la morte, il Paradiso e l’Inferno.
Le immagini suggerite dai quadri  secenteschi   del Museo Lia  verranno evocate attraverso la musica  e/ o il canto lirico ed ogni “racconto” verrà introdotto da un attore che ne reciterà la trama

Parlare del ‘600 attraverso la musica significa condurre lo spettatore in un percorso letterario ed
emozionale. Ogni brano sarà  una parte del racconto; i suoni e i ritmi saranno  evocativi di una scena, una situazione, un pensiero. Un linguaggio immediato e non verbale che non potrebbe essere reso comprensibile attraverso la sola parola - Insomma un’esperienza unica ed estremamente suggestiva

Notizie sul  Baschenis Ensemble  e ZEBO (Zero Emission Baroque Orchestra)
Ricordando con il proprio nome il grande pittore secentesco Evaristo Baschenis, celebre per le splendide nature morte a soggetto musicale, che rappresentano il gusto per la varietà timbrica dell’epoca protobarocca, il gruppo si propone lo studio, l’approfondimento e l’esecuzione del repertorio del primo Seicento italiano ma anche europeo,  sia di genere profano che sacro.
Fondamentale, per Baschenis Ensemble, è  la riscoperta di antiche e splendide musiche spesso oggi dimenticate, proposte accanto a più noti capolavori del passato: da ricordare il concerto con musiche in prima esecuzione moderna di Andrea Bianchi da Sarzana, tenuto dal gruppo nel settembre 2006 a Sarzana (SP).
I musicisti componenti l’ensemble operano tutti da tempo nel campo della musica antica, nel rispetto degli stili e delle prassi esecutive ed avvalendosi di copie di strumenti d’epoca.
ZERO EMISSION BAROQUE ORCHESTRA-  ZEBO (Zero Emission Baroque Orchestra)è un’orchestra che suona musica dal XVII al XIX secolo su strumenti
originali d’epoca o loro copie. ed aderisce a quel movimento mondiale che persegue come obiettivo l’equilibrio tra attività umana ed ecosistema, nella difesa della cultura e della natura, lavorando a emissione zero e trovando in questo la sua identità ,nonché il suo punto di forza.
Cosa vuol dire lavorare ad emissione zero? tutte le emissioni di Co2 prodotte per realizzare gli eventi saranno compensate da ZEBO attraverso il finanziamento di riforestazione equivalente di aree garantite, tramite la fondazione Myclimate (www.myclimate.org).
Perché l’Orchestra Barocca? Quest’ultima, a tutti gli effetti, racchiude quelli che sono gli elementi fondamentali perun vivere ecologico:
INNOVAZIONE TECNICA, RICERCA, FLESSIBILITA’.
Se pensiamo alla cultura sia come bagaglio personale sia come patrimonio sociale, che riguarda il rapporto tral’individuo e l’ambiente che lo circonda, ecco che l’orchestra barocca può diventare,attraverso l’esecuzione pubblica,un veicolo sufficientemente raffinato ed efficace per poter espandere il più possibile questi ideali.

Seguirà aperitivo
Prenotazioni al   393 3087458 oppure al 338 6851218, oppure allo  0187 621768  lasciando un messaggio in segreteria, oppure via  mail a  mcsabatini@libero.it  oppure   marinellacurre@libero.it


Tutto il programma completo è sul sito www.salonerestaurosarzana.it 
                                                    
Marinella Curre Caporuscio
Capo Delegazione

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