sabato 14 settembre 2013

GEMELLAGGIO ARTISTICO CULTURALE TRA SAN TERENZO E FILATTIERA: Luigi Leonardi ricorda ANGELO TROGU

I TERRITORI SI INCONTRANO IN NOME DELL’ARTE – terza edizione
GEMELLAGGIO ARTISTICO TRA SAN TERENZO E FILATTIERA – Spino secco e Spino fiorito
Luigi Leonardi ricorda Angelo Trogu, giovane eroe trucidato nel ’44, attraverso il ritrovamento di un importante documento nell’archivio storico di La Spezia

ECCIDIO DI VALMOZZOLA
All'assalto al treno alla Stazione di Valmozzola fece seguito la rappresaglia nazifascista che qualche giorno dopo portò alla fucilazione di Ubaldo Cheirasco, Gino Parenti, Angelo Trogu, Nino Gerini, Domenico Mosti, Giuseppe Tendola, Vassili Belacoski e Mikhail Tartufian. Come i martiri di Belfiore, anche quelli caduti a Valmozzola, avevano saputo affrontare serenamente la morte. 
I partigiani i fucilati operavano in Toscana ed erano stati catturati sul monte Barca e successivamente imprigionati a Pontremoli.


ANGELO TROGU
fucilato il 17.3.1944
cadde vittima del fascismo per dare pace e libertà ai popoli

LA MAMMA DI ANGELO

Fabbri Rosa di anni 56, casalinga, madre del partigiano Angelo Trogu di anni 20, espone la sua denuncia al maresciallo capo Monaco Luigi dei carabinieri di Lerici, in merito all’uccisione del proprio figlio Angelo da parte dei militi della X^ flottiglia Mas.
E’ il 15 settembre 1945, un anno e mezzo dalla morte del figlio. La Fabbri Rosa, che risiede a San Terenzo al n. 29 della via già intitolata a Angelo, dichiara:
“ Dopo il 25 luglio mio figlio e altri andarono a demolire la sede del partito fascista di S.Terenzo, e appiccarono il fuoco a tutti i registri. Lui, Angelo, buttò nel fuoco anche il ritratto del duce. Quando lo seppi lo rimproverai: gli dissi che era ancora troppo presto, che si poteva avere delle noie. Infatti dopo che Mussolini venne liberato non ebbi più pace. Ogni momento veniva fermato dalla X^; lo minacciavano, e gli dicevano che se non si arruolava gli facevano la pelle. E lui allora.. Mandami via! Mandami coi partigiani! Cercai di calmarlo; di fare in maniera che non uscisse la sera. Ma una bella sera partì davvero per i monti.
Alle due del pomeriggio del 17 marzo dell’anno scorso venne a casa mia il dottor Fedi della X^. Suo figlio è stato ucciso in uno scontro con la X^ Mas, mi disse senza tanti preamboli. Disperata, io non volevo crederci. Volli subito andare.. sapere dov’era.. la verità.. mentre quello cercava di dissuadermi: è già sepolto, non lo potete vedere.. Così chiamo mio marito all’OTO, prendiamo una macchina e andiamo alla stazione di Migliarina, dove una donna in lacrime mi dice che suo figlio era ferito e il mio morto. Poi arrivò uno della milizia mandato da carabinieri di Bagnone ad avvertire quella che anche suo figlio era morto.
Quando arrivammo al cimitero di Pieve, sopra Bagnone, trovammo tre salme. Lei.. l’altra donna riconobbe suo figlio, ma il mio non c’era. Qualcuno disse che li avevano fatti prigionieri e tradotti nelle carceri di Pontremoli.
Dormimmo a Bagnone e al mattino andammo a Pontremoli. Alle carceri non ne sapevano niente; così pure al comando della X^. Sentii dalla gente che il vescovo, monsignor Sismondo, si era molto interessato a questi ragazzi. Pregai un prete che mi facesse ricevere. Il vescovo rimase molto male nell’apprendere che non ero stata avvertita di nulla dal cappellano della X^, al quale si era raccomandato di avvisarci. Don Sismondo disse che il tenente Bertozzi era l’autore di tutto; che per tre volte aveva chiesto la grazia e sempre gli era stata negata. Disperata, chiesi: ma dove sono questi ragazzi?! Li hanno visti abbandonati sulla scarpata della stazione di Valmozzola, mi rispose afflitto.
Al capostazione di Pontremoli chiesi se per favore mi faceva salire sul treno merci, così da raggiungere Valmozzola al più presto. Ma quello mi investì di male parole: sono dei delinquenti! Urlò, è stato un esempio per quei banditi! Lo piantai lì. Un facchino mi avvicinò: non gli dia retta, è lui un delinquente. Si faccia coraggio, li vendicheremo.
Scendemmo alla stazione di Berceto e raggiungemmo a piedi Valmozzola lungo la linea ferroviaria. I corpi erano stati portati al cimitero. La cappella mortuaria era piena di cadaveri. In mezzo a quello scempio ho faticato a riconoscere mio figlio. Purtroppo era lui. No, non è lui.. è un altro, diceva mio marito. Ho avuto l’impressione che fosse come impazzito. Quei corpi avevano le mani rattrappite, nere. Nella tasca di uno hanno trovato il nome di Gerini Nino di Lerici. Alla fisionomia mi ha ricordato suo padre, che era di San Terenzo. Anche lui, con Angelo, lo abbiamo messo nella cassa che avevamo preparato. Ma il funerale poté svolgersi solo un mese dopo, il 14 aprile.
Dopo qualche tempo mia figlia Luigia si recò nell’ufficio del tenente Bertozzi, per ritirare gli oggetti del fratello. Le consegnò il portafoglio di Angelino, che conteneva solamente alcune fotografie e la carta d’identità. Non vi erano denari, ma io so che ne aveva.

Luigi Leonardi  - Sala CarGià 14 settembre 2013


Luigi Leonardi: scrittore e saggista - tra i fondatori e redattori della rivista milanese di cultura  MALVAGIA, nata nel 1981 con l'appoggio di C.Cassola;
pubblicazioni: Il sogno di un altro (racconti)
                     La brina sulla pelle (romanzo)
                     Dentro lo stige (romanzo)
                     Libertà van cercando (saggistica/narrativa)
                     Il segreto antico di Beppe il maniscalco (romanzo)
                     I vermi e le rose (saggistica/narrativa - coautore Prof. G.Azzolina)
                     Epurazioni (narrativa storica)
Spettacoli teatrali di prosa, musica, canto - inediti e rappresentati;
pubblicazione di album cd "Sfumature" - autore dei testi per l'interpretazione di Lucia Marchi;
presentazione e prefazioni di poeti e pittori, tra cui R.Cavaliere, G.Dagna, W.Lazzaro, G.L.Coluccia.E.Di Capua




GEMELLAGGIO ARTISTICO CULTURALE TRA SAN TERENZO E FILATTIERA: Relazione di Donatella Zanello

COLLETTIVA DI PITTURA IN SALA CARGIA’ 14 Settembre 2013:
GEMELLAGGIO SAN TERENZO – FILATTIERA:
“I TERRITORI SI INCONTRANO IN NOME DELL’ARTE” – TERZA EDIZIONE.
Relazione di Donatella Zanello

La tradizione marittima nella Liguria di Levante: tratto dalla nota introduttiva dell’autrice  al libro inedito di poesie
 “Il colore del mare”, presentato nell’agosto 2012 al Castello di San Terenzo con prefazione di Luigi Leonardi.

LE RADICI DEL MARE  di Donatella Zanello
“Il colore del mare” è una raccolta di poesie di prossima pubblicazione.
Ho scritto queste liriche sperimentando un registro stilistico del tutto nuovo nell’ambito della mia produzione letteraria, ispirandomi alla vita straordinaria di un navigante, il mio nonno materno, partito da Lerici giovanissimo ed imbarcato come marittimo per quarant’anni sulle navi della Società Italia e di altre Compagnie di Navigazione. Ho  realizzato  una sintesi poetica  delle sue memorie, narratemi nelle sere della mia infanzia, incastonate nelle pieghe del tempo come un tesoro prezioso.
 Gio Batta Galli era nato a Lerici nel 1897.. Era cresciuto in una famiglia numerosa (undici tra fratelli e sorelle)e fin dalla prima infanzia legò la sua vita al mare. Un amore coltivato per quasi un secolo, profondo come il legame con la famiglia di origine e poi con quella composta dalla moglie, dall’unica figlia, mia madre, da mio padre e da me che sono stata l’unica amatissima nipote e la depositaria di questi suoi ricordi. Giovanissimo il nonno si era imbarcato a Genova dapprima su navi mercantili, in seguito su navi da guerra durante i due conflitti mondiali ed infine su navi da crociera. Testimone di molti tragici avvenimenti durante le guerre, scampò a naufragi, battaglie in mare e sulla terraferma, rimozione di mine. Richiamato alle armi durante la Seconda Guerra Mondiale restò per due anni nella base portuale di Bordeaux, da dove riusciva a mantenere una fitta corrispondenza con la famiglia e dove apprese a parlare correntemente la lingua francese. Galli viaggiò in Sudamerica ed una parte della sua famiglia di origine emigrò in Argentina, dove agli inizi del Novecento si ebbe un forte flusso migratorio in particolare dalla Liguria.Mio nonno navigò su tutti i mari del mondo e conobbe anche il Comandante lericino Francesco Tarabotto. Galli sbarcò definitivamente nel 1954 e fu insignito della Medaglia d’Oro di Lunga Navigazione, dell’onorificenza di Cavaliere di Vittorio Veneto e di Combattente nella Guerra di Liberazione.
Nelle sue parole ho potuto raccogliere la testimonianza di un vissuto storico e sociale che si iscrive nella tradizione di un territorio, la Liguria di Levante, in modo particolare ed in generale nella più ampia tradizione marinaresca del Mediterraneo, la cui chiave di lettura è una vera e propria mitologia del mare, elemento-simbolo fondamentale, foriero di molteplici suggestioni ed interpretazioni.
 Ho scritto queste pagine per un debito di amore e di rispetto.
Nel 1993 scrissi un primo racconto che narra la vita di GioBatta “Gino” Galli, dal titolo “La barca”, Premio Speciale Giuria “I racconti del Prione”, Edizioni Giacchè, La Spezia. Nel 2013 la poesia “Le radici del mare” ottiene il Premio della Critica “Il Golfo”, La Spezia.
Nel tempo il ricordo incancellabile ha aumentato la potenza dei sentimenti:
l’amore per la famiglia, il rispetto per gli elementi della natura, la passione per il mare, l’orrore della guerra, la fede incrollabile nei valori della cultura, dell’arte, della libertà e della pace tra i popoli.
La memoria è diventata poesia:

A BUENOS AIRES

A Buenos Aires i transatlantici
facevano scalo quattro volte l’anno,
così nel porto trovai amici e parenti
ed un cugino, figlio di emigrati,
che era nato lì e dell’Italia
sapeva poco o nulla.
In cambio di notizie mi portava
nei migliori ristoranti.
Andava vestito di bianco
e fumava un sigaro dietro l’altro.
Parlava spagnolo e poco l’italiano.
Di mestiere era uomo d’affari
e tutti gli portavano rispetto.
Ad ogni partenza poi
mi affidava costosi regali,
stringendomi in un virile abbraccio
diceva in spagnolo:
“Attento! Tu tienes la cabeza caliente!”
Allora io salivo sul ponte della nave
pensando alla patria lontana,
alla bianca cucina di mia madre,
alla spiaggia dove le mie sorelle
ridevano al sole.

                                    Donatella Zanello

TEMPO  DI  GUERRA

In guerra per mare andai
che avevo vent’anni
per la prima volta
ma la seconda ero un uomo
ed un bravo marinaio.
Navigammo lungo la costa francese
e dopo la battaglia ci condussero
nel porto di Bordeaux, dove restai
con i compagni per due anni.
Era il tempo della guerra,
l’Europa intera bruciava,
eserciti in fiamme
marciavano inseguiti
dalle croci uncinate.
Io vidi uomini disperati,
poiché il sangue scorreva fino al mare,
nel porto amato di Bordeaux.
Vidi gli aerei e patii il coprifuoco
e la fame, per due lunghi anni,
imparando dalle vedove
e dagli orfani di guerra
la bella lingua francese.
E fu allora che cominciai
a scriverti ogni giorno
tutte quelle lettere d’amore.

                                 Donatella Zanello


LA DONNA  AMATA

Aveva tredici anni
quando la vidi la prima volta,
davanti al cancello, timida,
le trecce ed il vestito bianco
e subito mi innamorai.
L’ho amata per tutta la vita
e lei ha saputo aspettare,
sono stato ricambiato
ma il mare ci ha impedito
di vivere l’uno per l’altra
 come avremmo voluto.
Così, soli entrambi
e consumati i giorni
nella nostalgia, infine
la crudele vecchiaia
ci ha riuniti per breve tempo.
Avevo con me la sua fotografia
in bianco e nero.
Da Genova a New York
la sera lo sguardo vagava
sulle nere onde dell’Oceano.
Le donai un anello
del colore del mare:
uno zaffiro blu
in cui si rifletteva
la pallida luna.

                              Donatella Zanello
                                         
Donatella Zanello, poetessa, nata a La Spezia dove risiede e lavora. Studi classici, laureata in Lettere Moderne all’Università degli Studi di Pisa. Numerosi i premi letterari e le antologie in cui sono presenti sue opere: LericiPea, Città di Lerici, Città di Madrid, Città di Lisbona, Città di Venezia, Città di San Miniato, Premio San Valentino Terni, Premio Orvieto Duomo, Città di Salò, Città di La Spezia, Premio ValdiMagra Micheloni, Via Francigena Pontremoli, Città di Empoli, Premio Casentino, Premio Il Golfo La Spezia, Premio Il Prione La Spezia, Premio Toscana in Poesia, Premio Golfo dei Poeti La Spezia, Premio Firenze Capitale d’Europa.
E’ autrice delle raccolte di poesia : “Polvere di primavera”,
“La donna di pietra”, “La sognatrice”, “Passiflora”, “Il tempo immutabile”, “Poesie Provenzali”, “Labirinti”, “Il colore del mare”. Il paesaggio ligure e toscano, la riflessione filosofica sulla condizione umana, l’ecologia (eco-poesia), il mare fonte costante di ispirazione, la ricerca artistica e spirituale come unico vero significato dell’esistenza,  sono i temi fondamentali della sua opera.




domenica 8 settembre 2013

EZIA DI CAPUA ringrazia gli amici intervenuti al vernissage di " Prospettive in Acquerello 1976 - 2013 "

Ringrazio tutti gli amici che con caloroso affetto sono intervenuti in Sala CarGià il 22 Agosto al vernissage di “ Prospettive in Acquerello 1976 - 2013 “
e dedico a loro queste riflessioni  sulle mie opere.
……ancora il mio grazie di cuore a Tutti
Ezia

 
EZIA DI CAPUA
are arte per me è pura libertà, è comunicazione, è  ricerca e sviluppo armonico del progetto. La mia arte  ha trovato spinta in un’idea precisa e meditata che in sintesi posso definire: la ricerca di espressione e di armonia, delle forme geometriche, attraverso il punto.
Il geometrico lo  concepisco come armonia e come ordine, come espressione di emozioni delle quali vorrei sottolineare la vastità e la potenza. La sfera, il triangolo e la linea sono simboli di positività interiore, che esprimo attraverso la perfezione della forma sottolineata dai colori usati, a loro volta simbolicamente scelti.
La luce è concepita come simbolo di vita e positiva lettura di questa.
Indubbiamente con l’arte  esprimo il mio animo e i miei stati d’animo, senza pormi un limite senza aver paura di tentare quel cammino dove le emozioni sono “il perché” di un’opera, sono la spinta interiore e sono il messaggio dell’opera stessa.
Tutto questo è semplicemente il mio fare arte, mondo dove tutto è emozione, sensazione, positivo e negativo, vita e non vita.

Spesso dipingo architetture  nei miei acquerelli, in sezioni che fluttuano tra la più classica inquadratura Metafisica e una nuova formulazione d’immagine Surrealista dove l’edificio, il monumento  sono riflessi di  ricordo. La mia visione artistica introduce lo spettatore in un mondo ove le icone principali sono sempre riconoscibili, ma l’ambientazione è in qualche modo trasformata, meglio dire trasfigurata come se lo spettatore fosse all’interno di un mondo “onirico”. 
Negli acquerelli dove affiora l’architettura metafisica è definita  l’idea di scolpire lo spazio, attraverso il punto, con equilibrio, funzionalità, bellezza e leggerezza. Lo spazio diviene contemporaneamente testimonianza di memoria e futuro. Le linee che formano il corpo dell’opera, lanciano, anche se immobili, chiari messaggi si pensi  ai templi greci e romani, alle  chiese che  sono simboli permanenti di aggregazione, elevazione spirituale e potere esercitato in cielo e soprattutto in terra.
Interessante il gioco di presenza  e  di assenza della figura umana.
In alcuni acquerelli,  netta è la naturale concezione di una realtà parallela interiore “onirica”, ovvero propria del sogno che mi offre la possibilità di indagare in universi paralleli del subconscio, senza limitazioni.Da sempre alla ricerca della mia libertà espressiva, con un sottile filo d’ironia,  cerco la magia e la perfezione nell’icona architettonica  sia essa “ impossibile” o “ possibile”, attraverso  prospettive multiple, sovrapposte, difficilmente ripetibili grazie all’ applicazione della mia personale tecnica di esecuzione il puntinismo ad acquerello.
Ho poi compreso con l’applicazione delle mie leggi creative, che le strutture ordinarie viste attraverso più punti di fuga, potevano farmi accedere ad un’ altra dimensione, fatta d’immagini, dove la riconoscibilità  del luogo non è necessaria. Su questa nuova interpretazione e intuizione, abbandono i vecchi cliché e maturano le mie ultime opere che introducono lo spettatore in un mondo onirico intriso di storia e di  futuro composto da immagini rigorose, che trasmettono una  struttura del racconto visivo anche morale,  oltre ad essere dense di significati tanto da indurre allo stupore, alla riflessione, al silenzio.

La mostra ha voluto illuminare il mio percorso artistico che, attraverso questa mostra coglie l’occasione per provare a decifrare quel discorso criptico, quel filo sottile, che unisce le mie opere, guardando attraverso i cicli pittorici che hanno caratterizzato i dipinti nel divenire di una creazione oggi sempre più rigorosa. Si fa dunque il punto su un lavoro di grande coerenza intellettuale e artistica, che sfugge alle definizioni e non può essere incasellato in un movimento ma inquadrato nella storia,  una storia tutta personale nella pittura.
Le opere sono state esposte secondo i cicli: Opere grafiche  (1976-1984), Studi (1984-1999), Acquerelli ( 1999-2013)
Nelle  mie opere emerge la figurazione simbolica, di una pittura che è intenzionalmente religiosa nei richiami mitologici, etici, simbolici, laici, cristiani, storici e psicologici.

Ezia Di Capua




martedì 3 settembre 2013

EZIA DI CAPUA " PROSPETTIVE IN ACQUERELLO 1976-2013 ": Recensione a cura di Maria Letizia Stangalino

                 
                     

EZIA DI CAPUA
                         Prospettive in Acquerello 1976 - 2013 
                         Recensione a cura di Maria Letizia Stangalino  

         Il titolo della mostra di Ezia Di Capua è già una dichiarazione programmatica: Prospettive in acquerello. Prospettive, appunto, e la prospettiva con la quale Ezia guarda al “suo” mondo è estremamente particolare. Infatti chi si reca alla sua personale può scegliere se semplicemente ammirare le opere esposte, vista la pregevole fattura, oppure osservarle attraverso una delle grosse lenti che sono a disposizione del visitatore: entrerà in un altro mondo. La tecnica utilizzata dalla pittrice, unica nel suo genere, il puntinismo, fa sì che emergano al loro massimo splendore tutti i particolari e una maggiore definizione delle forme rappresentate proprio grazie ad una semplice lente di ingrandimento. Inizia così un viaggio di scoperta: dall’infinitamente piccolo all’infinitamente grande, dal microcosmo al macrocosmo, un fluire che ad occhio nudo si riesce a percepire soltanto parzialmente. L’osservatore che si limiti a guardare l’opera unicamente con i propri occhi, ne coglie sì una visione d’insieme, ne riceve un’emozione che rimane, però, a mio avviso, incompleta, sterile, poiché la pienezza della percezione la ottiene grazie al suo sguardo filtrato dalla lente, che svela a poco a poco le profondità del dipinto. Si può dire che in ogni opera si possono riscontrare più livelli: come avviene con la conoscenza del reale che dal particolare può arrivare all’universale e viceversa, così percorrendo l’acquerello, guidati dalla lente, le emozioni si sommano e si sovrappongono in un crescendo di stupore e rapimento. Le immagini che Ezia, in quasi quarant’anni di produzione, propone, spaziano in modo veramente ampio: alcune mostrano la semplicità di teneri giocattoli, ricordi d’infanzia: fu felice? Non lo si coglie, ma il clima di tranquillità e di protezione che infonde la stanzetta da bimbo rappresentata è tangibile; altre sono immagini legate alla mitologia, altre ancora propongono un’atmosfera onirica. Numerosi sono i richiami al rigore classico, quando vengono rappresentati sfondi che ricordano la Grecia antica, o all’equilibrio di forme geometriche che rimandano al dissertare dei primi filosofi. Vari dipinti riecheggiano gli stilemi settecenteschi, da neoclassicismo, con donne formose, ma dotate di grazia e leggiadria, inserite in ambienti di stampo classico. Non mancano accenni di reminescenza biblica o da miniatura medievale con immagini di donne tra le spire di giganteschi serpenti: curioso che privi di lente la donna quasi non appaia e la figura che si nota sia solo il serpente avvoltolato.  Meraviglia è il sentimento prevalente quando si è di fronte a queste opere. 
Il fascino degli acquerelli di Ezia sta sia nella forma: sono tecnicamente perfetti, sia nell’accostamento di temi ed immagini che riflettono la sua poliedrica personalità. Dominante è il rigore formale, come le note sul pentagramma, che dischiude ad un’armonia, qui, di forme e figure. Rigorosa Ezia nell’aspetto esteriore, rivela un animo sfaccettato dalle svariate risorse che non si rivela facilmente, ma se si ha in mano la lente giusta se ne apprezza la ricchezza. Come con le sue opere.
  
                                                                                                                              Maria Letizia Stangalino

Maria Letizia Stangalino è dottoressa in Linguistica generale, insegna inglese e tedesco nella scuola superiore. Stimatrice della parola scritta in tutte le sue declinazioni di genere con una predilezione per la prosa rispetto alla poesia. Ha inoltre una profonda passione per il mare é esperta velista e istruttrice.



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