lunedì 15 febbraio 2016

CIBO E BELLEZZA: La bellezza di un piatto di cicale della Denis - di Gabriella Molli

Sala Culturale CarGià - Promozione Artistica 2016
Sezione - IL CIBO BUONO E' BELLEZZA

Forse quando siamo di fronte a un piatto ci dimentichiamo di vedere cosa suscita in noi guardandolo. Eppure è la stessa percezione del tessuto di un quadro. Ecco quindi che può capitare la stessa emozione di fronte a un piatto di cicale ripiene. Come di fronte a una natura morta. Propongo una ricetta di cicale piene della mamma dell’artista Mario Tamberi, Denis. Si mettono da parte le cicale grosse. A quelle piccole, ‘bollite’ al dente, per pochi minuti, va tolta tutta la polpa che servirà per il pieno. Nel contempo bollire alcune patate gialle e schiacciarle. Aggiungerle alla polpa delle cicale con aglio e prezzemolo tritati. Profumare con timo e origano, le piante aromatiche regine delle nostre colline. Le cicale belle grosse (che sono da riempire) si mettono piene a raggiera in una teglia tonda. Il segreto sta nel fatto che  dopo averle aperte con le forbici sul dorso (ricordarsi il procedimento di togliere prima tutto ciò che pende) si forma lo spazio necessario per il pieno. Cospargerle a questo punto di pane grattugiato. Un filo d’olio di frantoio sopra. E via in forno.  C’è un accorgimento che rende le cicale perfette. Le donne del Golfo lo conoscevano bene: mettevano le cicale a bagno in acqua fredda (oggi lo si fa mettendole un poco in freezer). Dopo qualche tempo le estraevano e incidevano la corazza con le forbici partendo da un taglietto nella parte terminale. Dopo di che facevano due tagli laterali lungo il corpo e a quel punto separavano con delicatezza i gusci. Chele, antenne e altre appendici vanno tutte eliminate. Iniziano così le preparazioni che poi fanno dire che la cicala compete in bellezza e in bontà con l’aragosta. Anche cruda, appena messa in marinata di olio, pepe rosa, poco sale e olio evo. Per due ore. La cicala va ammirata per la sua morfologia. La stagione migliore per gustarla è a fine inverno, quando è piena di ‘corallo’. Che è l’insieme rosato delle uova: la femmina in quel caso raddoppia quasi il suo volume e il ‘corallo’ sparso attorno sul piatto (a decorare) è pura poesia per l’occhio.

Gabriella Molli

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