lunedì 19 gennaio 2015

LA STRAGE NAZIFASCISTA DI VINCA 24 AGOSTO 1944 - di Luigi Leonardi - Ed. Mursia

Sala Culturale CarGia' - Promozione Arte e Cultura 2015
Sezione - Libri


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Da:  LA STRAGE  NAZIFASCISTA DI  VINCA

L’ adolescenza di Ardelia
Ardelia abitava appena dentro Vinca, alla “Ca’ Novella”, sulla via che dall’entrata del paese porta alla chiesa. Viveva con il padre, Marsilio Ferrari, la mamma Maria e i suoi quattro fratelli: Pia e Benvenuta, le due gemelline di 3 anni; Giancarlo, l’unico maschio di 5, e Dilva la primogenita di 15, due anni più di lei.

L’origine della famiglia è vinchese, ma loro erano appena venuti dalla Valle d’Aosta, dove il papà lavorava alla Cogne, in miniera. E la famiglia aveva seguito il padre. Solo Pia e Benvenuta nacquero ad Aosta.
Abitavano a La Tuille, e fu il papà che volle lasciare quel posto:
- Qui siamo sul confine, - aveva osservato, - non è sicuro, è pericoloso.
Arrivarono a Vinca nel ’43.
Primo giorno, 24. Ardelia era a Monzone di buonora per il rifornimento dell’acqua salata, incarico che eseguiva almeno un paio di volte la settimana. Stava tornando.
Poco prima del paese, nel fiume, c’è una sorgente di acqua dal gran sapore di sale. Per la verità ci sono le fonti dell’Acqua Bianca e dell’Acqua Nera. L’acqua nera ha sapore alcalino. Cura l’ipertensione. L’acqua bianca ha un gusto chiaramente salato, ed è ricca di cloro. La gente andava e prendeva l’acqua salata per bollire il cibo. Mancava il sale.
A Monzone Ardelia non andava solo per l’acqua. Dalla provincia di Parma arrivavano derrate alimentari; - di solito era farina – quella zona è sempre stata più fornita. Arrivava la roba e dai paesi venivano a rifornirsi. Perché fino a Monzone giungevano col carretto, e certo era un’impresa alquanto ardua, per quelli che tiravano il carretto, rifarsi quei 9 chilometri di salita fino a Vinca. Avevano già la lingua penzoloni.
Così Ardelia, con la sua cesta e dentro tre o quattro fiaschi pieni di quell’acqua, se ne stava tornando su. Lei e altre ragazze della sua età erano quasi arrivate all’ultima curva prima di Vinca. A un tratto videro le loro mamme che gridavano e sbracciavano da sopra il costone:
- Presto! Sbrigatevi! Stanno arrivando i tedeschi! Lasciate stare l’acqua.
Dall’alto le mamme avevano visto le camionette, e subito erano corse ad avvertire le ragazze: che si sbrigassero perché quelli.. loro lo sapevano, lo avevano intuito.. quelli non portavano niente di buono.
Le ragazze, Ardelia compresa, mica li mollarono i fiaschi dell’acqua, no, troppo importante. Ma arrivarono lo stesso prima delle camionette. Ardelia non sapeva troppo del pericolo; non sapeva di Bardine e Sant’Anna, e se sapeva non ne aveva consapevolezza, come molti altri ragazzini non aveva coscienza di certe cose.. della terra bruciata. Si pensava ad altro.. si lavorara.
Ardelia fece appena in tempo a posare la cesta sul tavolino:
- Via, via, ormai sono qui. Avanti, presto!
Lei e sua sorella Dilva presero, una per una, le gemelline, - Ardelia teneva per mano anche Giancarlo – mentre la mamma preparava in tutta fretta una cesta di mangiare: il più possibile che riuscì. Poi via, per i castagni, giù al fiume nel loro terreno dove avevano una capanna.
- Andiamo.. andiamo laggiù. – Disse il babbo.
- Al fiume?
- Sì, è meglio.. se piangono, o gridano, i bambini.. è più difficile che sentano col rumore dell’acqua.
Si avviarono tutti tranne la mamma, che si attardava a preparare la cesta. Non è che ci fosse molto: un po’ di pane, formaggio, polenta.. insomma, rovistò più che poté. Quindi uscì per ultima, la cesta in testa. Ma invece di prendere la direzione del fiume si avviò addentro il paese, verso la chiesa. E poi oltre la chiesa, e lì la videro e le spararono addosso. Ma fece in tempo a saltare una specie di scalino e evitare le pallottole. Un poco più avanti di lei c’era Ortensia, sua sorella, la mamma di Adele. Ortensia aveva preso un viottolo sopra. Le fu fatale. La zia di Ardelia venne investita da una scarica rabbiosa e stramazzò a terra senza vita. Maria non se ne accorse, non sapeva neppure che ci fosse lì; aveva sentito le raffiche, ma continuò a correre sempre con la sua cesta in capo.
Quindi arrivò ( sarà stato intorno a mezzogiorno ) dove già erano i suoi, al fiume, il Doglio. Ardelia, il padre e i fratelli erano giù, preoccupati, ad aspettarla. Ma alla fine arrivò. Con loro c’era anche la nonna Anna, la mamma di Marsilio. Era lì vicino, nel loro terreno che seminavano a granturco.
- Ma io non posso stare, - cominciò a un certo punto la nonna, - c’è su mio marito.. è rimasto su.
- Ma non si può.
Il nonno, Pellegrino, era invalido, non era possibile per lui muoversi, specie precipitarsi a nascondersi tra i boschi o tra le rocce del fiume. E poi si pensava che almeno le persone invalide fossero risparmiate.
- Non posso lasciarlo solo.. voglio andare a vederlo, voglio andare.. è mio marito.
- Ammazzano! Sei matta!
Non ci fu verso. E’ voluta tornare.
Ma Pellegrino l’avevano già bell’ammazzato. Lui era andato a chiudere il cancello sull’aia. Forse pensava che trovando il cancello chiuso, quelli non sarebbero venuti a rompere. Ma non fece in tempo a chiuderlo. Appena lo videro gli lanciarono una bomba e lo dilaniarono lì. Aveva un’ottantina d’anni.
Ma sua moglie, dunque, partì. E allora la Maria la segue. Va dietro alla suocera. Dilagano gli spari.
- Vengo anch’io, - disse, - non voglio farvi andare da sola.
Poco prima del paese vedevano già le fiamme. Le case ardevano.
- Tornate indietro, per carità! – Supplicava Maria.
Niente, non ci fu verso, Anna andava avanti precedendola. All’improvviso, da dietro una catasta li legna, sbucarono fuori. Fecero fuoco sull’anziana donna come fosse un pericoloso nemico. Stramazzò a terra morta sul colpo. Aveva in mano una pannocchia di granturco.
Maria restò attonita. Ma si riprese subito, e senza pensarci troppo si buttò dentro un canaletto. Strisciando come una biscia si defilò, e piano piano riuscì a tornare dai suoi.
Era stravolta e piena di tagli. Alle loro domande non seppe rispondere. Non perché non avesse voluto, no. Il fatto era che lei aveva perso la favella. Letteralmente: la sua gola non era in grado di emettere suoni. Proprio così. Lo shock le aveva inibito l’uso della parola. Alle domande  apriva inutilmente la bocca.. tentava con i gesti. E tutti erano disperati, ma poi alla fine, in qualche modo, si calmarono un po’.
Marsilio aveva scovato fra le rocce del Doglio una grotta piuttosto ampia. La sera li infilava tutti lì dentro e chiudeva l’apertura con dei sassi. Lui, poi, si metteva come di sentinella, dalla parte opposta verso “il Cinto”. In questo modo li avrebbe potuti avvistare se fossero venuti giù.
Dunque stavano tutti accovacciati, - c’erano altre due donne con loro – tranne la mamma che era scappata un’altra volta col piccolino, Giancarlo. Anche lei si era portata su al “Cinto”, quasi sotto il Sagro. Quella donna, che ancora stentava a parlare, pareva aver perso il senno. Nemmeno il marito era capace di tenerla. Era la paura, il terrore. Quando riprese a buttar fuori qualche parola:
- Io non voglio.. non voglio vedermeli ammazzare, - disse, - i miei figli non li voglio veder morire!
E mentre Ardelia e i suoi fratelli stavano giù al fiume, il papà e la mamma facevano puntate in giro alla ricerca di cibo. Il terzo giorno anche lei e Dilva fecero una puntata su in alto, al “Cinto”. Andarono con le gemelline per mano. E a un certo punto queste cominciano a piagnucolare, e non sentono ragioni perché hanno fame; poi sono pure spaventate: vedono i genitori andare e venire, altra gente con loro nella grotta.. e perché nella grotta? Perché non si dorme nel letto? Non sanno bene cosa succede, ma qualcosa non va, lo intuiscono.. non va. E poi hanno fame:
- Pazienza, pazienza, - dicevano le sorelle grandi, - vedete? Non abbiamo niente, ma tra poco tornerà la mamma.. ecco adesso, se proprio non ce la fate ad aspettare.. succhiate le foglie.
Lo fecero: succhiarono le foglie di castagno.
Quello stesso giorno, verso sera, entrarono in paese quando i tedeschi e le brigate nere se n’erano andati; quando già stavano cominciando a raccogliere e bruciare i morti sopra cataste di legna. I vicoli grondavano del grasso dei corpi. Era una fatica doppia: per l’accumulo dei corpi e la ricerca di legna.
Morti, alcuni, che ancora ardevano: quelli investiti dai lanciafiamme, o imprigionati dentro le case incendiate. Infine si guardarono con chi era sopravvissuto.
La casa di Ardelia era stata bruciata. Così loro dovettero arrangiarsi in un’altra abitazione sgangherata pure quella, ma con il tetto ancora in piedi, e andava bene per dormire. Un po’ in quella, un po’ a casa dei nonni che non c’erano più. Anche la mamma di Maria avevano ammazzato, nonna Caterina. A casa dei nonni Pellegrino e Anna c’era rimasto il camino e la stanzetta dove la nonna teneva il suo telaio. Lì ripresero a cucinare, da lì cominciava un’altra vita. Ardelia cominciava la sua adolescenza.
Marsilio con gli altri uomini aiutò nella raccolta dei cadaveri. Ai ragazzi questi non venivano fatti vedere; ai bambini, agli adolescenti cercarono di interdire quello scempio. Ma Ardelia una donna la vide. Era una signora che conosceva, abitava sotto di loro. Il suo corpo era strinato. Uccisa con il lanciafiamme. Bruciata viva. Era rimasta in piedi contro un muro, nera. Fu l’unica persona morta che vide, e l’orrore le piombò addosso.
Ma c’era da sopravvivere, e già il giorno dopo bisognava andare a prendere la farina, quella che arrivava dalla provincia di Parma. Dunque Ardelia, insieme ad altre, s’incamminò verso Monzone. Erano quasi arrivate al “Baraccone” che t’incontrano i tedeschi, ma tanti! E le fanno tornare indietro. Era davvero pieno di tedeschi, erano persino nel Lucido in quel periodo quasi asciutto. Probabile fossero in ritirata. Quelli avevano due camion che stavano facendo manovra per girare, e non era cosa facile poiché la strada è piuttosto stretta, con la parete della montagna da una parte e subito il letto del Lucido dall’altra. Ora, da su, molto in alto, erano dominati dalle mitragliatrici del partigiani: in pratica erano allo scoperto.
Insomma, i tedeschi le fanno tornare indietro fino a farle mettere in un punto.. erano dieci.. un punto bene in vista. Hanno utilizzato quelle ragazze come ostaggi. Le hanno piazzate in un ravaneto da dove i partigiani le potevano vedere. Poi hanno puntato loro una mitragliatrice.
- Pietrino, - chiamava una di quelle ragazze, - Pietrino non ammazzare i tedeschi sennò ammazzano la tua Antonia!
Antonia lo sapeva bene che lassù c’erano i partigiani; lo sapeva perché quel Pietrino che lei chiamava era suo padre.
Le tennero lì poco più d’un paio d’ore, il tempo di girare i camion e togliersi dallo scoperto. Quindi le lasciarono andare. Ardelia continuava la sua adolescenza.

Luigi Leonardi.

Luigi Leonardi
Nel 1981 tra i fondatori e redattori della rivista milanese di cultura Malvagia, nata con l’appoggio di C.Cassola – Sulla stessa: pubblicazione di poesie e brevi racconti.
“ Il sogno di un altro “, 4 racconti – Compagnia dei librai (GE)
“ La brina sulla pelle “, romanzo
“ Dentro lo Stige “, romanzo ( Resistenza Lunigiana ) – Firenze Libri
“ Libertà van cercando “, saggistica/narrativa ( Resistenza Lunigiana ) – Edigrafica Sarzana
“ Il segreto antico di Beppe il maniscalco “, romanzo ( Guerra Libano 1982 ) – Firenze libri
“ I vermi e le rose “, saggistica/narrativa a quattro mani con il prof. G.Azzolina ( Malasanità ) – Ed. Memori – Roma
“ Epurazioni “, 1945 la resa dei conti nello spezzino – narrativa storica ( Sanzioni contro il fascismo ) Mursia – Milano
Produzioni teatrali:
“ Il cuore va mangiato ”, “ Tenebrosi peccati e vanità “, “ Medioevo nostro coevo “,
“ Eroi, santi & C. spa “  -  farse medievali rappresentate dal ’95 al 2005 in teatro e in piazze.
Per gli spettacoli  “ Ancora sulla nostra pelle “, “ Uomini “, “ Divergenze “ – monologhi per Alessandro Albertini ( attore – regista ) rappresentati alla Spezia: teatro Civico, Dialma Ruggero, Centro Allende.
“ Le bambole di Marte “, “ Oltre il vizio assurdo “ – spettacoli di prosa, poesia, musica, canto.
Dal 2010 quest’ultimo tipo di spettacolo viene portato avanti con la collaborazione della cantante Lucia Marchi e, per la parte tecnica, di Massimo Azzarini, Alessandro Leonardi e Elena Copelli, sempre sotto lo stesso titolo di “ Diario disordinato “.
“ Fango di trincea ”, rappresentazione della Grande Guerra sul fronte italiano ( 1915/1918 ) – Rappresentato a Ceparana, San Terenzo, Villafranca Lunigiana.
“ SFUMATURE “, dieci testi per dieci brani musicali in album cd per l’interpretazione di Lucia Marchi.




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