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L’AUTUNNO
FRANCO ORTIS Autunno - Acquerello |
“ L’Autunno ” fa cadere le ultime foglie che il vento raccoglie portando con sé ”: così
recita una famosa canzone di tanti anni fa. L’estate se ne è andata portando
con sé caldi umori della terra, le ventate afose di correnti mediterranee, gli
amori pastorali e no di giovani amanti, le avventure passeggere di stupende
villeggiature montane. Ed ecco l’autunno con i suoi primi sospiri ventosi, con
la sua atmosfera rarefatta che sa di pulito, con la sua malinconia di sempre.
“ In
ogni foglia gialla che ti accarezza ”, continua la canzone, “c’è tanta tristezza che parla per me ” e
come d’incanto ora quelle foglie sono cadute dagli alberi che si addormentano
sotto il tremore anche gelido del futuro inverno.
Un manto erboso di stupendi colori
ricopre la terra che chiude le sue palpebre ad una parte del mondo e tutto come
d’incanto appare giocosamente mirabile.
Il calore del colore, quasi un
bisticcio letterario si espande, pare arrossare il nostro emisfero di un
pigmento sconosciuto alle più celebri tavolozze, degno comunque di celebrità
impressioniste la cui magia cromatica è riuscita ad estrarre dalla retina
memoria di natura di incomparabile bellezza.
Monet, Maney, Sisley, Renoir, Degas, i
pittori innamorati della natura occhieggiano dietro ogni fogliolina che sospira
tremula e cade lasciando il suo ramo, compagno di mesi indimenticabili, quasi
con rimpianto ma conscia, con questa piccola foglia ora per terra, del futuro
rigoglio di una nuova veste di un tenero verde di felpata morbidezza che
l’attende al vento di brezza di una nuova primavera.
La città avverte l’autunno, avverte
questo momento e con lei noi che in lei viviamo. Ci accorgiamo, quasi
sbigottiti, di questo naturale mutamento perché è tutto nell’aria che ci
avvolge e così come d’incanto è scomparso il sole estivo ecco ora che brontolii
altrettanto lontani annunciano questo cambiamento di stagione e non sono quelli
delle notti di Agosto che ci sorprendono quasi sempre con scalmanate per quanto
brevi tempeste. Ancora non notiamo nulla ma l’autunno è presente come stagione
e noi sappiamo che a momenti il cielo si farà più grigio e quello smalto di
rosse tinte è pronto ad assorbire le migliaia di gocce che si rovesceranno dal
cielo che godrà così anch’esso, come tutto il creato potrà godere, di questo
cambiamento d’atmosfera che impregnata di umidore si presenta con un certo
pessimismo, ma che è soltanto superficiale e sappiamo che non è tormento perché
è l’attimo fuggito di una calda estate che è apparso alla nostra mente per
cadere del tutto in una sorta di oblio. Noi ci immergiamo nell’autunno e ci
compiacciamo quasi della carezza del tuono che tiene desta in un qualunque
momento la nostra vita. Tutto sommato questa carezza di tuono è un rumoreggiare
sommesso, quasi compassato, che ogni tanto fa sentire la sua voce stentorea per
farci capire che lui, elettrizzato come è, deve sfogare la sua quasi contenuta
baldanza tra lo scrosciare musicale della pioggia benefica dopo l’arsura
estiva. Noi stiamo bene in questa compagnia che è quasi cantilena monotona
dell’autunno, ci rifugiamo nelle nostre case vicino al fuoco scoppiettante del
camino alle prese magari con i panigacci e lo scoppiettio delle castagne messe
ad arrostire. Tuona, e il rumore della pioggia è quasi allegro come è allegro
il canto di un passerotto sugli alberi ormai spogli del tutto. La città è
immersa nel grigio mentre più su, nelle zone più montane, l’autunno veste a
festa e sui toni rosseggianti tutta la natura, è una sfilata continua di
insuperabili vedute variopinte e fiammeggianti al sole. Il rosso nella valle
padroneggia tingendo il creato di purpureo colore e l’occhio si anima al
contatto non frena gli impeti visivi perché vuole immergersi in cos’ tanto
rossore.
C’è tanta musicalità intorno e ci
sentiamo quasi attratti da essa da voler far parte prepotentemente di questa
natura e confonderci con essa e spingiamo noi lo sguardo chissà dove per capire
il segreto di questi francescani
momenti.
Siamo soli ora con lei, con la natura
dell’autunno, siamo lontani qui nella vallata dal pulsare frenetico della vita
cittadina che fugge via nel tempo e soltanto i ricordi ce ne fanno gustare
l’eterna giovinezza. Ora qui non c’è il vento che porta con sé lontano come
nella canzone le foglie cadute e il senso di pace che ci prende nei silenziosi
meriggi è grande come l’amore di cui saremo capaci. Mi salgono alla mente
alcune parole di una canzone dei Beatles “ e
alla fine l’amore che prendi è uguale all’amore che dai “ recita così la
canzone e i ricordi si legano alle fotografie di persona cara che è immagine di
uno splendore spirituale che ha negli occhi la speranza di accomunare la mente
con il cuore per la purezza dei suoi cristalli. Vedo una chiesa con il suo
campanile di antica memoria, immersa così nello splendore venirmi incontro. In
questa silente vallata, immaginifica, è un omaggio dell’uomo alla natura per
onorare il suo magico fluire nel tempo e nelle stagioni. Più oltre vedo dei
ruderi: sono quelli dell’Abbazia di Linari sconvolti e distrutti dal terremoto
del 1920; giacciono in un secolare abbandono immersi anch’essi ora nel tiepido
rossore di magica natura che rende loro perenne omaggio. Una musica tesse le
lodi di questa magia che al contatto con il sole vespertino sembra animarsi in
un ultimo palpito appassionato. In mezzo a tanta poesia fatta esclusivamente di
quel colore di cui si tinge la natura in autunno, è come trovarsi nella realtà
e nel pensiero là dove viene meno tutto ciò che è contradditorio, una specie di
oasi felice dove tutto è un incanto e svanisce ciò che è violenza e se mai ci
giunge come un flebile eco dove svaniscono nel nulla i problemi più drastici
della nostra esistenza. E’ come cercare il “Là” per una evasione che ci conduca
lontano da tutto ciò che sa di brutto, che sa destare umani conflitti e che
senz’altro rende più umano l’impegno a tendere di migliorare il nostro vivere
quotidiano. Ci possiamo ricreare lo spirito e a contatto di sì tanta emozione
nascono poesie e musica, poesia e musica dell’anima che toccata da repentini
ricordi trasale e in queste visioni di sublimità eccelsa viene ad essere
esaltato il fascino suggestivo delle nostre emozioni più intime e fuggitive.
Nell’autunno si sente odor di mosto, è la stagione della vendemmia, l’autunno,
la vendemmia di tante uve che ci danno pregiati vini. L’odore si espande, entra
nella natura e si compenetra con essa, si allarga per partecipare a una festa.
Canti e musiche sembrano accompagnare il momento solenne della vendemmia ed
arricchire ancor più gli istanti spirituali che ci fanno sentire più umili. E’
autunno e per la sua bellezza vorremo essere tutti artisti per poterlo
dipingere con l’estasi dei suoi colori per poterlo musicare con la dolcezza dei
suoi suoni, per poterlo immortalare nella musicalità di semplici versi poetici
e forse ci sentiremo veramente figli di Dio perché come Lui ha potuto creare
con estrema purezza le immagini che sono dei nostri sogni noi potremmo
riprodurle perché fanno parte della nostra fantasia. Ogni cosa, ogni creatura
di questo mondo è specchio e simbolo della nostra umana vicenda tra la terra e
il cielo e lo specchio non può che rimandarci immagini agresti e pastorali
quando la riflessione è impregnata di questi stupendi colori. Oh autunno che
vivi e muori nell’attimo fuggente che è la nostra vita!
Il sole riscalda le tue vesti fino al
loro estremo respiro, filtra tra il fogliame per rendere spettacolare ma
soprattutto più lucente il nostro mondo sul finire del giorno, il giallo e
l’ocra e il rosso dell’autunno ecco che vivono stupendamente ora i loro ultimi
palpiti prima del riposo ed è vano scrutare intorno perché già conosciamo la
risposta che la luce solare suggerisce. Inutile anche cercare le parole, esse
sono superflue per una stagione come la tua. Lontano l’orizzonte luminoso
comincia a riverberare fantastici colori tra le nubi e noi immaginiamo quella
loro realtà che tra breve ci sarà palese. Un rosso cardinalizio esalta l’aria e
anch’essa pare tingersi miracolosamente dello stesso colore, tutto vive ancora
per palpiti e sussulti e nel fresco della sera gli aneliti del meriggio
autunnale sfiorano steli, foglie, acque e alberi e cielo, scoprono e
accarezzano l’eterno divenire della vita. Oh autunno il tuo ultimo sole del
giorno sta per darci il suo estremo saluto, Come dice il poeta: “ Ed è subito sera “.
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