Sezione - Recensioni
Art. 1 Costituzione della
Repubblica Italiana
“L’Italia è una Repubblica
democratica fondata sul lavoro.”
Su “ Articolo 1 della
Costituzione “ di Ezia Di Capua
ART. 1 COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA ITALIANA INSTALLAZIONE DI EZIA DI CAPUA - particolare clicca sull'immagine |
Molta
simbologia c’è, almeno per me, in questo opera di Ezia Di Capua.
“
Articolo 1° “, il titolo richiama subito la Costituzione, e con essa ciò di più
importante per la nostra sopravvivenza: il lavoro. S’intravede, per la verità
un po’ sfumato, il disegno di due ruote dentate simbolo appunto del lavoro,e un
accenno di chiave inglese. Un po’ sfumato forse perché in Italia la
disoccupazione raggiunge livelli molto elevati, ed è difficile quasi come
scalare il K2 per il nostro stato assicurare a tutti il lavoro.
L’Italia
è una repubblica democratica.. Ecco, se ci fermassimo qui tutto sarebbe
semplice e chiaro: una res publica ossia “cosa di tutti”; démos
cràtos ossia “potere del popolo”. Ma l’articolo continua: la sovranità
appartiene al popolo che la esercita nelle forme e nei limiti della
costituzione.
Già,
la sovranità. Deriva da “sovra”, sopra, e significa potere pieno e
indipendente, suprema. Ma se le diamo dei limiti non è più indipendente, ciò è
una contraddizione. Ora, nel lavoro di Ezia, appaiono del fili che tengono
legati alcuni oggetti sopra una specie di tavola trapezoidale. E io li vedo
come tenuti da burattinai. E’ la vera sovranità, non quella del popolo che si
manifesta esclusivamente nel suffragio, ( a parte qualche referendum ) e che
per questo la rimette nelle mani di rappresentanti. Ma come si può
rappresentare la sovranità? Come può avere dei limiti?
L’autore
ci indica un compasso. Mi verrebbe di pensare alla massoneria, se non mancasse
la squadra. Allora penso a una certa perfezione geometrica, forse un demiurgo
che controlla l’intero sistema. Un compasso peraltro arrugginito, non in grado
di tenere bene alla catena una umanità ormai alle estreme conseguenze di una
profonda crisi. Una crisi anche economica, se indichiamo quel centesimo nella
bocca della maschera come povertà materiale.
E
che significa dunque quella maschera antropomorfa? Sul frontone di qualche
teatro un tempo si leggeva castigat ridendo mores. Il significato era
questo: divertendoti correggi i costumi, e sopra la scritta c’era una maschera
come quella di Pulcinella, o Arlecchino.. E’ la satira, l’ironia sui difetti
umani, soprattutto sul potere – che per l’uomo è sempre presunto e illusorio – che
forse qui, nell’opera di Ezia, vuole essere ridimensionato. E’ un potere che
governa con affanno.
Ma
sappiamo che la maschera ci conduce anche alla tragedia. Nell’antica Grecia la
tragedia aveva significati religiosi, sociali, psicologici; nel nostro atteggiamento,
nel nostro modo di pensare cosa è cambiato? E la maschera serviva agli attori
per essere riconosciuti nel loro personaggio e nelle sue espressioni. E ora qui
quella bocca spalancata, che allora serviva più che altro da megafono, ci può
additare il nostro urlo di rabbia, di amarezza, di richiesta di giustizia..
forse uno sbadiglio di noia.
E
poi le maschere pirandelliane, che ci impongono un ruolo, meglio una identità
diversa a seconda dei diversi punti di vista, cosicché diventiamo uno,
nessuno, centomila.
Ma
quale tipo di maschera dobbiamo intendere? L’ironia? La tragedia?
L’impersonalità? Io dico tutti i tipi. Probabile non sia così per l’autore, ma
quando questi rende pubblica una sua opera l’opera stessa viene fagocitata,
interpretata soggettivamente, addirittura corrotta. Ed è così che rendo la mia
esegesi di questo “ Articolo 1 della Costituzione “: un popolo assoggettato a
contraddizioni, diverso nella mentalità, tendente comunque a una propria unità,
- forse i fili possono rappresentare questo – deluso e limitato nella propria
sovranità quale massimo diritto che per logica sociale gli compete.
Luigi Leonardi
La
Spezia, 22 ottobre 2014
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