domenica 27 aprile 2014

EZIA DI CAPUA : ENCOMIO SOLENNE al Premio Internazionale di Letteratura SIGILLO DI DANTE 2013

Premio Internazionale di Letteratura
SIGILLO DI DANTE 2013
II Edizione

Con il patrocinio di : Regione Liguria, Città della Spezia, Comune di Deiva Marina, Avis della Spezia, Autorità Portuale della Spezia, Porto Lotti della Spezia

La Giuria del Premio Internazionale di Letteratura " Sigillo di Dante" è composta da:
Presidente: prof. Giuseppe Benelli
Membri: Prof.ssa Mara Bortolotto, Avv. Ignazio Gaudiosi, Dott. Vincenzo Manna, Prof.ssa Donatella Zanello


A giudizio insindacabile della Commissione Esaminatrice siamo lieti di comunicare  all’ Artista
Ezia Di Capua che alla sua composizione dal titolo “ A mia madre “ è stato conferito:
L’ENCOMIO SOLENNE
Nel congratularci vogliamo comunicarle che la cerimonia di premiazione avrà luogo a Deiva Marina nel giorno Domenica 27 Aprile 2014, ore 16,00 in Sala Consiliare del Comune di Deiva.
Saranno presenti Autorità ed Esponenti dell’Arte e della Cultura.


La Spezia 20 Marzo 2014


LA NAZIONE - DOMENICA 4 MAGGIO 2014


martedì 22 aprile 2014

LA MISURA DELL' AMORE di Ezia Di Capua - Recensione di Carmen Claps

In copertina "Oltre"
Acquerello di Ezia Di Capua 2008
- particolare
-
Definire una biografia questo lavoro che Ezia dedica alla mamma, Carla Gallerini, è profondamente ingiusto e fortemente riduttivo. Quasi sempre le biografie si risolvono in un’arida esposizione cronologica di eventi di cui qualcuno è stato più o meno protagonista. Ma "La Misura dell’Amore" va molto "oltre". Cerco di spiegarmi. Ezia inserisce la storia della sua mamma (si, mi piace chiamarla storia anziché vita perché è un termine più adatto al personaggio Carla) nel contesto del periodo e del luogo in cui Carla è vissuta e ha operato. Questo nel modo più completo, ma anche più accattivante, oserei dire divertente. La Misura dell’amore finisce per essere un bel quadro (ma non potrebbe essere altrimenti, visto che Ezia è anche un’affermata pittrice) di un’epoca e di un paese. Siamo di fronte a un racconto che può essere definito corale: mi ha fatto tanto pensare a quel capolavoro quasi sconosciuto che è "Giù la piazza non c’è nessuno" della grande Dolotres Prato. Campeggia titanica Carla, ma ha intorno una bella serie di comprimari, cammei e comparse, che, pur tratteggiati con pennellate fulminanti, risaltano completi e restano indimenticabili. Sullo sfondo, un paesaggio mozzafiato come quello di San Terenzo e d’intorni ed Ezia è nel suo a descriverlo attraverso gli occhi e il cuore di Carla. Inutile dire che, seguendo la vita della mamma, l’autrice recupera tutto un modo di vivere (usi, cibi, abbigliamento, arredi e chi più ne ha più ne metta) ormai certo lontano dal mondo di oggi, anche se non sono davvero trascorsi secoli dagli eventi narrati. Quel patrimonio va conservato, coccolato ed Ezia raggiunge in pieno questo scopo.

Ma andiamo per ordine: partiamo proprio dall’inizio, dal titolo, ripreso da una bellissima riflessione di Sant’Agostino, una delle tante e che Carla ha scelto come suo manifesto: " La misura dell’amore è amare senza misura ". Questo titolo è azzeccatissimo, in quanto anticipa alla perfezione il contenuto dell’opera. Infatti il lettore si rende conto ben presto che questo è un romanzo d’amore, amore inteso nel senso più completo del termine. Intanto l’amore di Ezia per la mamma, ma amore perché questa è la caratteristica principale della personalità di Carla, un amore a 360 gradi: per i familiari, per i concittadini, per le persone in genere, in particolare per quelle che vivono qualche difficoltà: giovani che devono trovare la loro strada, malati che non hanno la forza fisica e mentale per percorrerla, anziani che se la vedono ormai alle spalle con nostalgia e senso di resa; amore per il proprio territorio, per la cultura, per la politica, per le esperienze nuove, per se stessa, insomma per la vita.

Carla è una personalità dalle mille sfaccettature e Ezia ce la presenta proprio a tutto tondo, impresa non semplice questa, considerato il difficilissimo rapporto che da sempre lega ogni madre ad ogni figlia: amore infinito e dissidi insanabili, vicinanze perfino soffocanti e lontananze siderali. Ebbene, la nostra autrice riesce a superare, anzi, a contemperare tutto questo. Nel suo libro (non è un libriccino, Ezia, non lo è) fonde a meraviglia la commozione dovuta all’amore filiale con il rigore di un saggista. Per questo Carla viene fuori con due diverse angolazioni. Da una parte ci appare come una figura mitica, avvolta nell’atmosfera magica e un po’ misteriosa del suo mare, quasi una divinità, che tutto crea, tutto sorveglia, tutto ama. Dall’altra è un personaggio rigorosamente storico, analizzato fino in fondo.

Ezia conferisce una struttura molto raffinata e sapiente al suo lavoro: lo divide in due parti, la prima più squisitamente biografica, nella quale segue Carla nel suo progressivo prendere coscienza di sè e del mondo, di cosa avrebbe potuto e voluto fare per concretizzare quel vulcano di idee che le ribolliva dentro. La seconda parte è dedicata più specificamente alla personalità di Carla. Ezia seziona con l’attenzione, la meticolosità, la lucidità di un anatomista le pieghe più nascoste dell’individualità della mamma, regalandoci una serie di brevi capitoli impagabili nei quali ci spiega, per esempio, il rapporto di Carla con il cielo, il mare, la sabbia. Il paesaggio, la natura sono fondamentali per la nostra protagonista: Carla è parte integrante del paesaggio e il paesaggio è parte integrante di lei, in un interscambio intensissimo. Da una parte il paesaggio suscita sempre profonde emozioni, riflessioni; dall’altra lo stato d’animo si riflette nel paesaggio. In questi capitoli Ezia raggiunge vette di autentica poesia. Poi il rapporto di Carla con gli amici, con la poesia, la pittura, il bel canto, l’attualità, tutto attraverso gustosissimi aneddoti.

Ezia è inappuntabile anche dal punto di vista strettamente formale. Adotta un espediente davvero da maestro: nella prima parte, come abbiamo visto, di carattere più prettamente “scientifico”, la narrazione è condotta in terza persona, a indicare l’oggettività; nella seconda parte la narrazione, invece, è in prima persona, in sintonia con il carattere più intimo dell’argomento. Commossa la scrittura della nostra autrice, quasi che, come confessa lei stessa, intervenisse un impulso irrefrenabile a spingerla a scrivere, una forza irresistibile e misteriosa (misteriosa?), ma soprattutto una necessità vitale di fissare su carta quei ricordi e quelle sensazioni, per esorcizzare e stemperare il dolore. Scrittura terapeutica, quindi, ma assolutamente non enfatica, retorica o roboante: la scrittura di Ezia è scorrevole, piacevolissima con frequenti tratti di deliziosa, intelligente ironia. Anche la punteggiatura è inappuntabile, e, in un periodo in cui è considerata un optional, consola e rallegra l’uso della punteggiatura intermedia, ormai dimenticata.

A lettura conclusa Carla è diventata per il lettore una vecchia amica; non rimpiangiamo di non averla mai conosciuta di persona, perché l’incontro che Ezia ci ha organizzato in questo libro è più che sufficiente.
Mi piacerebbe tanto veder realizzato un film da questo libro e avrei già l’attrice, le attrici perfette per il ruolo della protagonista: Geena Rowlands o Susan Sarandon.

Carmen Claps


Carmen Claps: Laureata in lettere antiche – Pisa 1975 Tesi su “ Metafore nella Commedia di Plauto “
Scrittice, appassionata lettrice – Nel 1997 con Gabriella  Bertone direttrice della Biblioteca di Sarzana inizia un  percorso singolare e interessante, vivo tutt’oggi, che la vede autorevole correttrice di bozze.
Molte le sue prefazioni pubblicate, riconosciuta preziosa commentatrice è protagonista applauditissima nella  presentazione di libri e testi di autori nazionali

Hanno scritto relativamente a “La Misura dell’Amore” :
Sindaco Emanuele Fresco, Prof. G.Luigi Coluccia, Dott.ssa Maria Letizia Stangalino, Vasco Bardi scrittore e poeta, prof. Franco Ortis, Dott.ssa Donatella Zanello scrittrice e poetessa, Gabriella Molli giornalista scrittrice, Dott.ssa Gabriella MIgnani scrittrice, giornalista saggista, Anna Magnavacca scrittice poetessa, Marzia Zini, Marisa Marino pittrice, Cristina Polenta Blogger, curatore d'arte, Maria Giovanna Guidone pittrice, Marco Raiti scrittore e poeta, Luigi Leonardi scrittore poeta artista, Carmen Claps laureata in lettere antiche - commentatrice,

CLICCA SUI LINK PER LEGGERE LE RECENSIONI
La Misura dell’Amore – Comune di Lerici - Presentazione 2011 http://salacargia.blogspot.it/2011/12/la-misura-dellamore-quando-le-parole.html
La Misura dell’Amore – recensione di Donatella Zanello:http://salacargia.blogspot.it/search?q=la+misura+dell'amore
La Misura dell’Amore – recensione di G.L.Coluccia:http://salacargia.blogspot.it/2012/09/la-misura-dellamore-di-ezia-di-capua.html
La Misura dell’Amore – recensione di L. Leonardi http://salacargia.blogspot.it/2012/09/la-misura-dellamore-di-ezia-di-capua_1.html
La Misura dell’Amore – recensione di Marco Raiti http://salacargia.blogspot.it/2012/09/la-misura-dell-amore-di-ezia-di-capua.html
La Misura dell’Amore – recensione di Marzia Zini http://salacargia.blogspot.it/2012/09/la-misura-dell-amore-di-ezia-di-capua_1.html
La Misura dell’Amore – intervista di C. Polenta http://salacargia.blogspot.it/2011/12/ezia-di-capua-intervistata-per-art-open.html
La Misura dell’Amore – recensione di F.Ortis:http://salacargia.blogspot.it/search?q=ortis+la+misura+dell'amore
La Misura dell’Amore – recensione di G. Mignani:http://salacargia.blogspot.it/search?q=gabriella+mignani+la+misura+dell'amore
La Misura dell’Amore – recensione di Magnavacca  http://salacargia.blogspot.it/search?q=la+misura+dell'amore++anna+magnavacca
La Misura dell’Amore – recensione di M.Marino http://salacargia.blogspot.it/search?q=la+misura+dell'amore+marisa+marino

IMPORTANTE:
E’ concesso l’utilizzo di materiale/testi ai soli fini di studio citando l’Autore, la bibliografia completa e il Blog di Sala Culturale CarGià come  fonte.

Ringrazio anticipatamente
Ezia Di Capua



mercoledì 16 aprile 2014

EZIA DI CAPUA commenta una sua opera dedicata alla Passione di Gesù

Ezia Di Capua” 
La Corona di Spine e il Cristo con la Croce “ 
Dal Vangelo 
secondo Matteo. 27, 26-30


Pilato, dopo aver fatto flagellare Gesù lo consegnò perché fosse crocifisso. Allora i soldati del governatore condussero Gesù nel pretorio e gli radunarono attorno tutta la truppa. 
Lo spogliarono, gli fecero indossare un mantello scarlatto, intrecciarono una corona di spine, gliela posero sul capo e gli misero una canna nella mano destra. 
Poi, inginocchiandosi davanti a lui, lo deridevano: « Salve, re dei Giudei! ». Sputandogli addosso, gli tolsero di mano la canna e lo percuotevano sul capo.


Un messaggio artistico volto ad indagare il connubio tra uomo, natura e Divino.
I contenuti drammatici dell’opera:
” La Corona di Spine e il Cristo con la Croce “ 
cedono il passo alla raffinatezza e all’equilibrio che le governa, svelando la ” mano” dell’artista che li ha eseguiti Ezia Di Capua:

Sono interessata ad orientare la percezione, dell’opera affinché possa essere stimata con una più ampia visione anche prospettica…e, per la  particolarità della sua natura è necessario che io precisi i seguenti dettagli  storici. 
Ho rispettato l'integrità originale della Corona di Spine realizzata,circa quindici anni fa con i rami dell’unica Acacia Spinosa reperibile nel nostro territorio, Il Golfo dei Poeti e, portata dalla Terra Santa come si narra, dai Templari. Il luogo in cui si trova la pianta è stato tenuto in altissimo segreto e non mi è stato tramandato ma, la Corona è stata per certo intrecciata, insieme al suo segreto da mia madre ed esposta nella chiesa Natività di Maria di San Terenzo, per oltre un decennio in occasione, della Santa Pasqua.
E’ stato quindi mio,dopo la morte di mia madre Carla Gallerini,il compito di reinterpretare il significato drammatico della Corona di Spine e compiere ricerche sulla sua genesi prima ancora che il mio processo creativo prendesse inizio.
L'indagine compiuta a partire dall’analisi della Corona, si è estesa poi a cose, oggetti e materiali provenienti dalla Terra Santa e di proprietà della mia famiglia che, in fase di progetto ho scelto per dare un senso compiuto e nuovo e universale al mio studio compositivo, nel tentativo teso ad allacciare un raccordo tra la natura e l'intervento umano che definisce un continuum spesso non considerato ma, di certo essenziale in questo mio particolare percorso creativo dedicato alla morte di Gesù descritta nei quattro Vangeli.  
L'arte,il flusso artistico, in questo caso si è manifestato nell’idea di modellare il Cristo con un composto di mia personale ideazione e creazione che ha avuto come componente di base un ramo di olivo portato a metà del xx secolo dalla Palestina da Ezio, mio nonno materno. Ho polverizzato parte del ramo e l’ho unito ad oli essenziali profumati e benedetti provenienti dalla Terra Santa insieme a terra e sabbia raccolti negli stessi luoghi sacri. Per legare il composto ho usato resine e  collanti naturali. L’opera è diventata così conseguenza di un processo di pensiero,anche filosofico, atto di fede, memoria di pellegrinaggio, insieme di un amore familiare unito in un messaggio di amore universale  e,  non solo quindi semplicemente il risultato del lavoro dell'artista.
Il Cristo in posizione centrale, posto su fondo realizzato con le tecniche in uso in antica iconografia sacra e quindi in oro, segna il rigore della composizione, e catalizza l’energia che sprigiona tutta l’opera.
In sintesi il significato espresso ora, va ben  oltre ad un aspetto stretto al  divenire, oltre a una lettura intrinseca del messaggio religioso e storico, oltre alla pietas,oltre la memoria familiare, è anche una coraggiosa e sentita ricerca personale che osa rendere esplicito il desiderio di avvicinarsi al Divino attraverso un atto di creazione compiuto tramite la rigenerazione di materiali naturali storicamente legati a quei luoghi ove  Nostro Signore ha vissuto sino alla Sua Passione
I tre grossi chiodi d’epoca conficcati tra le spine, orientati a ricordare le modalità della crocifissione definiscono con tragica violenza l’opera che supera se stessa trasmettendo un' intensa forza mistica che la muta in.... preziosa Reliquia” .


Ezia Di Capua 



Oggetto:
Re: SALA CARGIA' NEWS
18/04/2014
15:27
Da:
Valerio Cremolini
A:
<EziaDiCapua@libero.it>

Carissima Ezia,
                        ho letto con sentita partecipazione la "genesi" del tuo impegnativo lavoro esposto nella rassegna pasquale dell'Ucai. Purtroppo, molto spesso, le collettive scontano una attenzione superficiale. Si coglie l'insieme e, imperdonabilmente, ciascuna opera viene considerata, non di rado, una delle tante. So bene, che così non è. Ciò è significativamente confermato da quanto scrivi su "La corona di spine  e il Cristo con la croce", dimostrando l'abbondante ricchezza di contenuti che la caratterizzano e che tu, con una scrittura chiara e scorrevole, proponi dettagliatamente. Si avverte la sincera e convinta condivisione del tema elaborato, che richiama il drammatico epilogo della "Via crucis" sopportata da Gesù, tanto sconfortato da sentirsi abbandonato dal Padre e rassegnato alla fine.
Peraltro, la dovizia di particolari che segnali nella tua densa nota smentiscono, mi assumo una forte responsabilità, un pensiero del filosofo Martin Heidegger, per il quale "gli artisti autentici sono quelli che forniscono meno spiegazioni". Quelle che tu hai fornito le trovo personalmente molto utili e non ridimensionano per nulla l'autenticità della tua opera, che vanta una progettualità tutt'altro che frettolosa e superficiale. Sono poche parole, assolutamente non di circostanza, con le quali ti esprimo stima e viva amicizia. Buona Pasqua e te e famiglia. Valerio


lunedì 14 aprile 2014

MANIFESTO PER L’ARTE DEL III MILLENNIO – Mirco Manuguerra Presidente del Centro Lunigianese degli studi Danteschi, commenta un’opera di Ezia Di Capua

ARCADIA PLATONICA  - L’ARTE

www.lunigianandantesca.it.
Nella serata dell’8 marzo si è tenuta una storica Cena Filosofica dedicata alla promulgazione ufficiale del manifesto per l’Arte del III Millennio, documento redatto dal CLSD per gli usi e i fini della dantesca Compagnia del veltro – Relatore della serata è stata la prof. Giovanna Riu, critico d?Arte, che si è impegnata su un ampio excursus sul tema della Bellezza da Platone fino ai giorni nostri. Più specificamente sul tema del Manifesto si è espresso il prof. Egidio Banti, letterato normalista, il quale, nel corso dell’analisi compiuta sui tre punti essenziali del documento, ha voluto porre in evidenza, senza mezzi termini, l’importanza “ fors’anche cruciale” che i principi fissati potrebbero avere “sul futuro dela Civiltà” qualora fossero auspicalmente affermati.
Ciò che nel Manifesto è parso una forza tutta particolare, è il punto II, ove si dichiara che l’Arte non può conoscere alcun “progresso”, ma solo “variazioni”, in quanto strutturalmente posizionata sul piano immutabile dell’Assoluto.Un concetto che il CLSD deve soprattutto al compianto Oreste Burroni, umile poeta e critico d’arte. Ebbene, all’evento hanno aderito cinque artisti, di cui quattro presenti; di costoro uno era rappresentato. Le loro opere presentate sono qui di seguito da me personalmente commentate.

Mirco Manuguerra
da: LUNIGIANA DANTESCA  ANNO XII – N.93 – MAR 2014
Bollettino  on – line del CENTRO LUNIGIANESE DI STUDI DANTESCHI

Clicca sull'immagine per leggere
Ezia Di Capua è artista e operatore culturale di amplissime vedute.
Direttrice della Sala Culturale CarGià – Atelier e Salotto in San Terenzo di Lerici, nel cuore di quel Golfo dei Poeti laddove Mary Shelley concepiva il suo Frankenstein e il genio romantico inglese del marito e di Lord Bayron muoveva un eroico ma delicato afflato – Ezia Di Capua è anche una buona soprano, oggi impegnata nel Coro Lirico della Spezia, gruppo di cui ha atteso fattivamente alla costruzione.
La cosa non stupisce affatto, se è vero che è stato il CLSD a concepire ed avviare alla Spezia, tra tanti sedicenti esperti e teste d’uovo, un ‘’Wagner La Spezia Festival’’.
Stupisce ancor meno che Ezia abbia una profondissima preparazione tecnica, come appare ampiamente dimostrato in un’opera splendida dal titolo "In questo triste inverno".
Diciamo subito che si tratta di una preziosità: un disegno realizzato con tecnica del puntinismo ad acquerello.
La padronanza del dominio geometrico, che richiama decisamente ai grandi studi rinascimentali preparatori al tema sublime della Città Ideale, l’equilibrio raggiunto fra il tratto perfetto delle geometrie e la leggerezza del colore ne fanno un’opera matura.
Ciò che desta sorpresa, semmai, è una materia sottostante decisamente all’altezza dell’impegno formale.
Osserviamo, infatti, un evidente accostamento sapienziale tra la dimensione squisitamente pitagorica dell’opera, espressa dalla complessità delle notevoli strutture e prospettive architettoniche, e la dominanza neoplatonica assegnata alla figura alata, dunque angelica, tanto dominante da sovrintendere all’intero dominio.
In quest’ ultima figura si potrà intendere ancora una volta la Poesia, effigiata come alata da Raffaello in una lunetta della Stanza della Segnatura, ma potremmo anche pensare alla Bellezza, senza la quale non si realizza il volo salvifico dell’anima verso le stelle.
Ecco allora quel titolo strano solo per chi non sia intendente: l’inverno ‘’triste ‘’ non può che essere il drammatico congelamento della Bellezza, in effetti evocato dalla grande staticità dell’immaginazione complessiva.
In pratica, il quadro pare decisamente evocare quello straordinario patrimonio che la Storia pare essersi lasciata alle spalle dopo la sintesi suprema della Stanza della Segnatura.
Ed è in questo senso preciso che va inteso il tema molto discusso ancor oggi del Pre-Raffaellitismo: 
se il problema è il ‘’ dopo ‘’ (il 'post'), allora si deve tornare al ‘’ prima ‘’ ( al 'pre', appunto), dove Raffaello non è affatto l’elemento di disturbo, ma la singolarità dell’assoluto, dell’incomparabile.
In letteratura l’esempio identico è la Divina Commedia.
Parliamo di opere dove è possibile esprimersi soltanto in termini di ‘’ prima ‘’ e di ‘’ dopo ‘’; sono dei veri e propri Big-Bang.
Ecco così spiegata anche la presenza immanente dell’Alighieri nella medesima Sala della Segnatura.
In quest’ordine di idee, l’entusiasmo con cui Ezia Di Capua ha risposto alla proposta del Manifesto per l’Arte del III Millennio è una autentica certezza: la Bellezza non è per l’artista una semplice occorrenza fortunosa, ma torna al centro della definizione stessa di ‘’ Opera d’Arte’’
Va da sé che dietro la Bellezza – rigorosamente intesa in senso neoplatonico, dietro dunque quel motore immenso che, destando Stupore e Commozione, innalza l’uomo verso il regno perfetto delle Idee – si pone quell’enorme bagaglio di Sapienza a fondamento della civile convivenza tra gli uomini che è il teme autentico di quel canone architettonico della Città Ideale tanto cara al CLSD e anche a Ezia Di Capua.
Trattiamo specificamente di quei ‘’ Valori non negoziabili ‘’ per dirla con Magdi Cristiano Allam, sempre presenti ai giganti dell’umanità, a partire dai padri Greci fino al nostro Dante ed oltre.
Valori che sono affidati ormai alla custodia di veri Eroi
Che però non sono affatto pochi.
Forza e Onore a Ezia Di Capua!


Mirco Manuguerra - Presidente Centro Lunigianese Studi Danteschi
www.lunigianandantesca.it.


venerdì 11 aprile 2014

UCAI LA SPEZIA: PRESENTAZIONE DEL VOLUME "CONFITEOR" DI FRANCA GAMBINO - Relatrice Gabriella Mignani

Sala Culturale CarGià - Sezione Libri 2014

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L'Ucai ha voluto inserire, nell'ambito della tradizionale collettiva di Pasqua, la presentazione di un libro molto particolare, che già col suo titolo evoca in noi sentimenti e (per i meno giovani) ricordi di preghiere e di antiche liturgie.
“ Confiteor ”: in latino, confesso, ma anche confido, che è poi il senso della confessione nella tradizione cattolica:
dico in segreto i miei peccati, la mia pena, la mia sofferenza e, nello stesso tempo, confido nel perdono e nell' aiuto di Dio.
E' questo il senso profondo del libro di Franca Gambino: un' autrice nota ai più per aver vinto un'edizione del “Lerici Pea“, ma che esprime, a mio parere, la sua vena più autentica nella prosa. Una prosa “lirica”, densa, corposa: un libro, “Confiteor” che, se fosse un quadro, definirei “materico”.   Il volume ( edito da IF PRESS nel 2012 ) è la somma di due scritti, che l'autrice aveva dato alle stampe in momenti diversi: nel 2004 e nel 2011, con i titoli di “ Indagine incompleta “ e “ Indagine ultimata “.  Nella prima parte, la Gambino racconta di sé, della sua vita, dall' infanzia a Genova agli anni del suo primo matrimonio, vissuti a Milano, dove lavorava per una casa editrice e, contemporaneamente , allevava i suoi tre figli.
Tra questi due luoghi e queste due esperienze di vita, lo stacco è evidente e lacerante: Franca ha avuto, malgrado le difficoltà del periodo storico ( la guerra e le sue pesanti conseguenze ), un'infanzia che si intuisce felice: figlia unica molto amata dai genitori, dalle zia e dalla nonna, figure femminili importanti e determinanti nella sua formazione; brillante negli studi, avida di vita e di esperienze, cresce con la convinzione che il mondo sia, tutto sommato, un luogo dove è bello vivere.  Ma queste convinzioni si scontrano con le difficoltà della vita matrimoniale e di una metropoli, dove sempre più si avverte la spersonalizzazione della vita quotidiana.
A Milano, Franca si scopre infelice e alla ricerca di qualcosa che non trova neanche nel rapporto col marito,  qualcosa che le sfugge e che ricerca con caparbietà e, a volte, disperazione.  Così, segue la via della psicanalisi che, in parte, le dà qualche risposta, ma non risolve la sua crisi esistenziale, il vuoto che sembra risucchiare la sua anima, e su cui si incentra sempre più la ricerca esistenziale della scrittrice: cosa facciamo, noi esseri umani, per nutrire l'anima? si chiede Franca. E la risposta, desolante, è che nessuno ci insegna come rimediare ai guasti dell' anima, alle offese che quotidianamente le vengono inflitte. Insieme alla scoperta che esistono luoghi e situazioni positive per l'anima e altre negative e pericolose: il modo in cui Franca arriva a scoprire questo è molto particolare e permea tutto il libro dalla prima all'ultima pagina: Franca segue l' odore.
Ci sono luoghi che odorano positivamente e altri che hanno odori sgradevoli, disturbanti: questa è la  particolarissima teoria dell' autrice, che conferma il carattere “materico” del suo lavoro di scrittrice.  Franca, volutamente, scarta l'approccio razionale alla sua indagine e va “ a naso “, non senza dubbi e sofferenza.  Si chiede se è lei quella  fuori posto e la ridda dei “perchè” la trascina in un vortice di smarrimento.  Ma il suo interrogativo di fondo è: “ Come faccio a farmi amare ? “
Con gli anni e con l'aumento di responsabilità familiari e lavorative, le domande di Franca sulla vita si fanno più articolate e più pressanti: intanto, il suo matrimonio naufraga definitivamente e la prima parte di “Confiteor” si chiude, appunto, con un' indagine incompleta, dove le domande superano le risposte, anche se un primo incontro coi Vangeli e con la figura di Gesù sembra aprire l'autrice a quella speranza, che caratterizza, in maniera più evidente, la seconda parte della sua opera.
Confiteor è un libro molto particolare, che sfugge a ogni catalogazione: si potrebbe dire un'autobiografia, ma la definizione è insufficiente a comprendere il senso dell' opera. Probabilmente, ma questa è una mia idea, è un libro poco italiano: in Italia non siamo abituati alle introspezioni profonde, la profondità ci spaventa e non a caso, purtroppo, siamo spesso considerati, a torto o a ragione, un popolo di superficiali. 

Franca invece vuole, con caparbietà, andare al nocciolo delle cose e dell'esistenza: la sua ricerca è spietata e non le dà tregua: perchè, alla fine di tutto, c' è la morte?.  Quante volte, tutti noi, ci siamo posti questa domanda, ma poi sorvoliamo e, se siamo cattolici, ci affidiamo alle parole consolatorie della religione.  Anche Franca, di solida formazione cattolica, potrebbe fermarsi al lato più consolatorio, più “facile” dell' esperienza religiosa. 
Invece, vuole di più: cerca, anche nella religione, chi la può aiutare  a capire, si ritira persino in un convento, a Stoccolma, per meglio sentire la sua anima.  Vuole un'autentica conversione, che non sia solo accettazione passiva di precetti inculcati dall'alto.

La seconda parte di “ Confiteor “ è dedicata a Johnny Cash, musicista americano, morto dopo una vita di eccessi, nella quale però non mise mai in discussione, anzi ribadì la sua fede incrollabile in Dio.  La scoperta di un Dio d' Amore che ha immolato la vita del suo unico Figlio per noi uomini è la grande speranza che Franca ci trasmette, sotto forma di confessione, nella  parte conclusiva della sua opera.  Confessa di aver avuto attacchi di panico e paura della morte, confessa di aver attraversato le tenebre, chiama “ la COSA “ questa sua terribile esperienza, che è poi il senso di annichilimento di fronte al NULLA che ci dovrà inghiottire tutti. Scopre, così, che è l' amore l' unica salvezza, quel sentimento che gli psicologi chiamano “libido”, come ricerca del piacere, ma che lei vede come riduttivo se inteso solo come amore terreno, o fisico, ma anche al contrario, se inteso solo come spiritualità.
Dio si è fatto uomo per salvarci e questo ci conferma che l' amore esiste e che corpo e anima sono due realtà inscindibili.
Nella sua confessione, nel “ confidare” , Franca vuole trasmetterci una speranza: il suo percorso è strettamente individuale, e l'onestà intellettuale che la caratterizza non le consentirebbe di dare ricette ad alcuno, né è questo lo scopo del libro.  Ma, leggendolo, si ha la sensazione che la Grazia può toccare ciascuno di noi, purchè rinunciamo a una parte sovrabbondante del nostro IO, affinchè l'Altro possa prendere posto nel nostro cuore e nella nostra anima.


Gabriella Mignani


sabato 5 aprile 2014

UCAI LA SPEZIA: IL RACCONTO DELLA PASQUA SECONDO MATTEO

ENRICO IMBERCIADORI
Calvario 1999
tecnca mista
Sarà il vescovo diocesano mons. Luigi Ernesto Palletti ad inaugurare giovedì 10 aprile p.v., alle ore 17.00, la rassegna pasquale promossa dalla sezione spezzina dell’Unione Cattolica Artisti Italiani nella sede del Circolo Culturale “A.Del Santo” (via don Minzoni, 62). Titolo della collettiva è Il racconto della Pasqua secondo Matteo ed è visitabile sino al 30 aprile prossimo, dal martedì al sabato dalle 17.30 alle 19.30.
Le opere esposte sottintendono un impegnativo lavoro di scavo, che lascia traccia di sé tra colori,  segni, materie differentemente modellate e versi poetici più o meno elaborati. Loro tramite gli artisti hanno liberamente interpretato significativi e commoventi momenti che caratterizzano il doloroso racconto della passione del Signore, scandita dall’evangelista Matteo nell’angosciante silenzio di Gesù nel Getsemani, nel suo arresto, nel processo subìto tra l’indifferenza di Pilato sino all’accorato grido dalla croce che si trasforma in una preghiera diretta al cuore del Padre.
Questa esposizione sulla Pasqua rivolta ad una straordinaria pagina del vangelo di Matteo è il composito risultato di un gruppo di persone che si incontra e si riconosce nella comune vocazione artistica ed è un incontrarsi, che manifesta la medesima passione, ma anche il piacere di stare insieme, di sentirsi ben più che semplici conoscenti. L’arte sacra cristiana ha, dunque, diffusa cittadinanza nel mondo dell’arte.“Non stupisce che sia così difficile rappresentarla, poiché l’arte – afferma il critico Maurizio Cecchetti -  è soprattutto questo vedere che, direbbe Agostino, è un toccare, un mettere il dito nella piaga per essere certi che qualcosa esiste”.
Nel pluridecennale impegno dell’Ucai spezzina si concretizza fattivamente la convergenza con il convinto interesse della chiesa per l’arte contemporanea, sancito nei famosi interventi di papa Paolo VI (“Oggi come ieri la Chiesa ha bisogno di voi, si rivolge a voi. Essa vi dice con la nostra voce:non lasciate interrompere un'alleanza fra tutte!"), nel messaggio indirizzato agli artisti durante il Concilio Vaticano II, rilanciati nella splendida ed affettuosa “Lettera agli artisti” di Giovanni Paolo II del 1999 e nell’incontro del novembre 2009 di Benedetto XVI con gli artisti dei vari settori 
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(“…desidero esprimere e rinnovare l'amicizia della Chiesa con il mondo dell'arte, un'amicizia consolidata nel tempo, poiché il Cristianesimo fin dalle sue origini, ha ben compreso il valore delle arti e ne ha utilizzato sapientemente i multiformi linguaggi per comunicare il suo immutabile messaggio di salvezza" ).
Il percorso espositivo della rassegna pasquale dell’Ucai, che accoglie anche testi poetici di Anna Maria Barini, Gabriella Mignani, Maria Rosa Pino e di chi scrive, comprende dipinti, sculture e grafiche di Rossella Balsano, Guido Barbagli, Anna Maria Barini, Luigina Bo, Antonella Boracchia, Ferdinando Brogi, Angiolo Delsanto, Ezia Di Capua, Umberta Forti, Pina Gentile, Neddi Gianrossi, Anna Maria Giarrizzo, Gloria Giuliano, Enrico Imberciadori, Mario Maddaluno, Marisa Marino, Sergio Maucci, Nina Meloni, Fabrizio Mismas, Roberto Montanari, Pierluigi Morelli, Graziella Mori, Franco Ortis, Maria Pia Pasquali, Maria Passaro, Malia Pescara Di Diana, Maria Luisa Preti, Mirella Raggi, Rosa Maria Santarelli, Giovanni Santernetti, Maria Rosa Taliercio e Carlo Vignale.


Valerio P.Cremolini

martedì 1 aprile 2014

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