sabato 24 dicembre 2011

IN SALA CARGIA’ IL PRESEPE DI SABBIA

2011 Sala CarGià seconda classificata
al Concorso Presepi
Il Presepe in Sala CarGià è stato realizzato da Ezia Di Capua dopo la mezzanotte, nella lunga notte del Santo Natale.
In primo piano troneggiano la candida conchiglia e il Bambinello di sabbia che i sommozzatori hanno fatto emergere dalle acque.
Intorno reti, conchiglie e sabbia, Sul fondo un’immagine fotografica stampata su tela di un antico Presepe
eseguito interamente con la sabbia della spiaggia di San Terenzo da Carla Gallerini negli anni novanta.
Non poteva mancare la Preghiera del Subacqueo su carta pergamena, conforto dei naviganti e di chi affronta il mare.
Il Presepe parteciperà al “Concorso Presepi della Diocesi di La Spezia e Bugnato”.





Ezia Di Capua


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venerdì 23 dicembre 2011

Il mondo interiore dì Ezia Di Capua

Dall' ormai lontano '500 ma così vicino al mondo contemporaneo per certa sensibilità che ancora possiamo trovare nei fatti d'arte anche se non in tutte le poetiche  li distinguono, ci viene il nome di una stupenda pittrice specialmente di nature morte e per queste quasi in lizza con Michelangelo Merisi a lei contemporaneo più  noto forse ai meno abbienti come Caravaggio. Di quest'ultimo mi riferisco al famoso –Fiscella - (Canestro  di frutta) della Galleria milanese Ambrosiana e a questa donato dal Cardinale Federico Borromeo nel 1607 unitamente a tutta la sua collezione. Questa stupenda pittrice è Fede Galizia figlia del miniaturista Nunzio Galizia che la introdusse alla pittura alla sola età di 12 anni e con il risultato che appaga senz'altro la vista all'attento osservatore  che ammiri questa natura sua morta. Di Fede Galizia sono anche note le opere a tema religioso a lei commesse per le chiese milanesi e altrettanto noti sono i suoi ritratti. Vediamo un sia pur breve scorcio della chiesa di S.Antonio a Milano e due opere della Galizia che rappresentano S. Antonio Abate e Paolo l'Eremita.
"IN QUESTO TRISTE INVERNO"
Ezia Di Capua
Così vicina alla Galizia è la nostra Ezia Di Capua. La composizione formale di Ezia è assai meditata e vuole rappresentare tutto il suo mondo interiore rigorosamente sancito dalla eccezionale grafia che possiamo definire anche impegnata sulla innovazione un  dipingere squisitamente femminile. E credo che questa definizione calzi proprio a pennello, come si suol dire, e Ezia per la sua puntualizzazione incisiva delle opere che si stagliano magnificamente sui loro supporti cartacei o no che siano. I temi sono vari e la penna ne traduce lusinghieri fatti che denunciano aspetti adolescenziali e aspetti di più marcata rappresentazione storica e che riguardano infatti momenti spirituali di alta concezione religiosa. Vedasi la sua rappresentazione del S. Giorgio e il drago già eccellente composizione umanistica e rinascimentale come quella di Raffaello o quella appartenente alla leggenda crociata o a quella di S. Efflem o a quella della Brianza. Efflem era un sacerdote che cercò di far uccidere il drago da un principe ma data la paura di quest'ultimo affrontò lui stesso la bestia facendosi prima il segno della croce. A quella vista il drago fuggì e vomitò sangue sulle rive dell'oceano.
Certamente Ezia Di Capua non fa parte del mondo d'arte contemporaneo tipico di una particolare avanguardia anche se il termine non è proprio del nostro tempo  perchè risale ad almeno due secoli fa e non è tipico dell' arte bensì dei fatti sociali che hanno sconvolto il mondo della rivoluzione francese a quella russa a quella spagnola e al nostro novecento italiano. No! Ezia non è mai entrata. in questo termine e quindi non ne è mai uscita: il suo legame a una sorta di accademismo è nel suo intimo di artista; la precisione del segno come lo denuncia in senso positivo così lo denuncia l'afflato con la geometria e la prospettiva che sono di inverosimile coinvolgenza con l'ermetismo miracoloso di un Cezanne classico che sapeva come dipingere sfruttando la simbologia geometrica di cui si serviva nel suo affrontare un particolare primo cubismo dal quale trapelava l'analisi giottesca delle idee pittorico - grafiche. Osserviamo i particolari di questa opera grafica per eccellenza, anche i suoi minimi per accorgerci dell'assolutezza del discorso grafico con il quale Ezia riesce a coinvolgere l'osservatore. Il gioco prospettico è di assoluta precisione, determina spazi e rapporti spaziali  tra gli oggetti e tutto si svolge  su  un unico piano si da non permettere a inesistenti ombre di distribuire in profondità il tutto che evidenzia in tal modo la rigorisità delle varie geometrie e dei tanti punti di fuga prospettici.
E poi il fumetto di Ezia Di Capua. Qui la nostra pittrice ha affrontato un lavoro atto ai bambini illustrando un libretto musicale scritto per i ragazzini dal titolo: " Sogni mercanti e pulcini" pubblicato dalla casa editrice Eco di Milano. Insomma, la bravura. di Ezia non è discutibile, bravura e idea grafica vanno d'accordo e anche un suo lavoro eseguito su carta musicale è un valido esempio. Una punta avanzata Ezia in un campo innovativo all'interno della tradizione senza volumeggiare con il colore ma dando invece volume alla sua grafia che non spaesa certamente le immagini ma le costringe a una unione che le valorizza e dà loro determinata qualità ma forse è meglio dire ottima qualità.
Occorre pensare che la Storia dell' Arte si fonda quasi essenzialmente  sulla storia. delle idee ed è per questo motivo che è sempre aperta ai temi che affollano nel bene nel male l’operosità artistica. Roberto Longhi viaggia invece sulla falsa riga della  conscenza, attraverso le opere e se questa conoscenza ci giunge da quelle antiche, Johann Winckelmann con i suoi scritti sull'Arte antica informa, riusciamo a carpire la sua magia e giungere all'introspettività della sua anima. Ezia fa la sua storia attraverso le idee e pur dentro all' attività critico - mentale di un Longhi ci si ritrova: “Conosciamo la sua idea e arriviamo a leggere l'anima della sua opera”.
Un piccolo esempio, che poi tanto piccolo non è, ci viene dal ritmo e dall'eleganza sulle quali gli artisti della antichità affidavano la loro essenza artistica alle vesti dipinte o scolpite.  Ma soprattutto Ezia Di Capua, essenzialmente, da l'impressione proprio per la sua calligrafia  cromatica, di essere eccellente miniaturista. Mi viene in mente Girolamo da Cremona: osservando l’ adorazione dei pastori nel Capitolo della Cattedrale di Mantova. In Ezia è come la fusione tra misure rigorose  e ritmi. In un suo dipinto la Madonna è senza volto e il mistero è latente mentre il bambino si protrae in avanti come attirato da un gioco. Qui la calligrafia è quella di Girolamo e si accomuna alle immagini dello spartito musicale. La bravura di Ezia è veramente rimarchevole detto nel senso più positivo della parola e se non bastasse quanto ho  scritto parlano i suoi amorini. Fiori, foglie e natura, tutto insomma da la sensazione di un leggiadro e festevole minuzioso apparato unitamente a quello equilibrio che va sottolineato e specificato tra la insigne miniaturistica. Dire che Ezia è brava non mi stancherei mai di farlo presente per il clima emanato dalla nostra pittrice dalla decisa e spiccata personalità, motivo questo che ottimamente si concilia con il variopinto mondo della più squisita arte.  Abbiamo analizzato insieme le opere di Ezia Di Capua, alcune erano già note per un mio recente documento su questa brava pittrice. Altre sono nuove ma, comunque emanano vecchie e nuove, sempre nuove le prime, attimi di sospensione che solo la vera e buona. arte sa e riesce a trasmettere. Non si immagina osservando questo lavoro di Ezia ci si incanta.

Prof Franco Ortis


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giovedì 22 dicembre 2011

Ezia Di Capua 3°Classificata al CONCORSO "Piccoli Scrigni... Grandi Tesori"

Domenica 18 Dicembre 2011,ha avuto luogo nella struttura polivalente di Follo  la premiazione del Concorso “Piccoli Scrigni…Grandi Tesori” aperto alle sezioni di pittura, scultura e grafica organizzato dall’Associazione Culturale San Martino di Durasca di Follo giunto alla sua sedicesima edizione.
La premiazione è avvenuta alla presenza  dell’Assessore alla Cultura del Comune di Follo Avv Felicia Piacente, e del consiglio direttivo dell’Associazione Culturale San Martino di Durasca.
Ottanta gli artisti partecipanti.
La giuria composta dal Prof. Fabrizio Mismas, dal Prof. Roberto Prudente e dalla Prof.ssa Nanda Fellerini ha assegnato il Terzo Premio Sezione Grafica all’opera di Ezia Di Capua dal titolo:
“In questo triste inverno” - tecnica mista acquerello e matita. L’artista, per realizzare la grafica si è ispirata all’ultima pagina del libro “La Misura dell’Amore” sua opera prima.


 Ezia Di Capua


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sabato 17 dicembre 2011

La Misura dell'Amore: quando le parole non bastano

Discorso di presentazione del libro di Ezia Di Capua
(Lerici, Sala Consiliare, sabato 10 dicembre ore 10,30)



Opera prima questa di Ezia Di Capua.
Libro dedicato alla madre Carla. L'autrice si è servita di un' affermazione di Sant'Agostino: La misura dell'amore (Edizioni Cinque terre, La Spezia 2011). E' che l'amore è senza misura, spiega subito Emanuele Fresco, sindaco di questa città, che la riporta nella prefazione. Bisogna essere docili alla scrittura di Ezia, a questo racconto che raccoglie le memorie della madre che a 75 anni ha preso il volo verso il Padre, Amore Assoluto sopra di noi. Opera prima, ho detto, ma come tale è già monumento “aere perennius”, che continua la presenza del ricordo di Carla Gallerini, santerenzina, radici in Lunigiana, messaggera per tutte le stagioni.

Assessore alla Cultura Pamela Misuri,
 Ezia Di Capua, Sindaco Emanuele Fresco,
 prof Giuseppe Coluccia
Questo libro nasce dall'amore. E' atto d'amore.
A Carla è stato dedicato qui nel borgo il Parco Giochi dei Bambini, sul lungomare. A San Terenzo, via Trogu 54, è la sede di CarGià, altro luogo che ne rende viva la memoria e nello stesso tempo attraverso l'arte diffonde il culto di bellezza e di natura, che gli Déi contemplano e tutelano. I motivi che legano questa madre al territorio sono tanti: Carla è stata modello agli abitanti di San Terenzo, ha reso vive le tradizioni e manifestazioni culturali e di costume, si è dedicata per anni al Carnevale dei Bambini, faceva parte come socia del Comitato di Frazione - e della Pro Loco e della Società Pescasport. Anche in Parrocchia (a San Terenzo) la sua presenza è stata notevole. Il mondo familiare si è ristretto al fratello Giacomo, alla figlia Ezia, ai nipoti Dario Maria e Flavio Maria, e al genero Renato. Carla ha seguito le edizioni del Trofeo “Nuoto Mezzofondo” (la quarta edizione doveva essere per Sala Cargià, ma Carla è mancata!). E' stata una donna straordinaria per comunicazione recupero e conservazione del territorio “lericino”. Si è donata agli anziani, ai bambini e ai giovani, lasciando in tutti un senso altruistico: bisogna donare se stessi. L'amore è senza misura, è innovazione continua, proiezione a ciò che è perfetto. E' stata una “passionaria”, Carla. Affetti forti e durevoli. Anche in politica ha fatto sentire l'impegno, la passione civile, la disponibilità. Ci chiediamo a questo punto se tutto questo non rifletta un atteggiamento morale profondo, una filosofia di vita.
La madre é figura centrale in letteratura.
La narrativa è estesa, da La madre di Grazia Deledda al romanzo di Marino Moretti, di Carlo Cassola, dello stesso Antonio Fogazzaro. Ma Ezia di Capua, autrice di queste memorie, ha ereditato dalla madre il senso di bellezza ed armonia, espresso nella sua arte (vedi appendice). La dedica alla madre definisce già uno stile, una scrittura originaria inconfondibile, perchè da Ezia è lontana da  ricercatezza, ornato discorso, letterarietà. Le prime sue parole sono avvolgenti: “Scrivendo piango...”, e termina con la danza e i mille baci. Sete di verità nel personaggio, sete di verità in chi scrive. La narrazione fluisce come un rivo:

Scrivere la storia della vita di mia madre a pochi giorni dalla sua scomparsa, non è stato facile. Ho dovuto farlo perchè questo desiderio pareva essere diventato per lei negli ultimi giorni della sua esistenza la ragione primaria. E così, sola e disperata, ho cercato la forza necessaria nel mio cuore e ho ordinato in fretta i ricordi che affolla-vano la mia mente, per disporre quelle emozioni e fermarle sulla carta come realmente le percepivo, senza nulla aggiungere alla spontaneità del gesto.

Ezia ha scelto la via del sentimento e della immaginazione per esporre le memorie di sua madre, e per noi sta la impressione di vaticinio, di predizione, come li ha generati il suo cuore. I sentimenti, l'amore, il fidanzamento, la famiglia, la tenerezza verso il marito e i figli si evolvono come fiori della esistenza di Carla, ventaglio di valori, richiamo a modelli di relazioni radicati nel moderno a misura che si aprano alle tradizioni degli avi. Ho ricordato l'altruismo di Carla, in senso agostiniano, l'amore degli altri, definito “filosofia di Carla”, il modo etico di essere, e che la rendeva “completa”, compiuta donna e madre, e proiezione culturale.
E' chiamata “Casa della Cultura” la Sala Cargià.
Ormai la conosciamo in molti, e gli appuntamenti con l'arte nella buona stagione sono vari e inte-ressanti, nel lancio di giovani artisti insieme agli artisti di lungo corso, già noti e affermati. Leggendo nell'animo di Carla, Ezia lanciando il ponte per allacciare altri borghi alle espressioni artistiche proprie, in qualche modo estende la conoscenza di Lunigiana, perchè nell'arte si ritrovano i Malaspina e Dante, il vescovo San Terenzo, Sarzana e Castelnuovo, lo Spino Fiorito di Filattiera, l'incantevole Porto di Lerici (Porto dei Poeti e degli Déi), le Vele, la Marguttiana, la letteratura di mare, gli scrittori che cercano gli artisti, e gli artisti che cercano gli scrittori.
Da notare – se mai sia sfuggito – il particolare della modellazione a mano di Carla nella preparazione del carnevale dei bambini, o nel lavoro della cartapesta, della decorazione, dell'arredo in manifestazioni culturali che reclamavano la sua presenza. Tale mondo “creativo” è ora passato a Ezia, che può oggi essere il riflesso della madre Carla. Lei che della madre ha conosciuto il pensiero profondo, le invenzioni, la parola scorrevole, gli slanci dettati dal sentimento e dalle emozioni, e soprattutto la proiezione di Carla verso gli altri da servire e amare, di tutto questo ne ha fatto la pista da seguire per gli amici e per gli abitanti di San Terenzo. In fondo al volume, abbiamo trattato dell'arte di Ezia e delle sua attività nel sociale. Non intendiamo ripetere quei pensieri.

La sala gremita
Richiamiamo ancora una volta l'attenzione al Parco Giochi di San Terenzo dedicato a Carla, dove è affissa la targa con le parole di Sant'Agostino, divenute ora anche libro, il libro di Ezia: La misura dell'amore [è amare senza misura]. Don Piero Corsi – che conosciamo - ha benedetto il 20 dicembre 2010 il Parco e la targa.  Ezia pare gli faccia coro con queste parole alla madre:

... sei immensamente bella, immensamente maestosa, immensamente sicura di te, immensamente sopra le pole-miche, immensamente libera, e in me si annida, lento, un immenso senso di vuoto irrisolto, irrisolvibile.

Carla ed Ezia, madre e figlia, abbiamo seguito in queste pagine di una trasparenza solare, luminose, capaci di raccogliere l'armonia dei cieli dov'è Carla, e contenere le aspirazioni e le speranze della terra, dove continuamente fioriscono le opere buone, la carità cristiana, il riscatto di tutti quelli che chiedono aiuto, sopravvivenza, dignità, salute. E un po' di quiete. Siamo grati a Ezia, in conclusione, e portiamo con noi queste sue parole ispirate e solari:

 (Mamma) ora che il tuo nome è inciso in caratteri eleganti a due passi dall'incredulo mare, tra i “tuoi castelli” che si stagliano fieri di te, in quel tuo silenzioso fronteggiare la linea d'orizzonte, nell'allegrezza pura dei giochi innocenti, ti sento e ti vedo ancora, immensamente felice, circondata dai sogni più coraggiosi e da uno smisurato amore.


Prof Giuseppe Luigi Coluccia

ARTICOLI CORRELATI  
http://www.comune.lerici.sp.it/allegati/gennaio_2012.pdf

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giovedì 15 dicembre 2011

Ezia Di Capua intervistata per Art Open Space

Un’intervista a… EZIA DI CAPUA (7 dicembre 2011)

Sabato 10 Dicembre nella Sala Consiliare del Comune di Lerici, verrà presentato il suo libro “La Misura dell’Amore”, che Ezia Di Capua dedica alla mamma Carla Gallerini ad un anno e mezzo dalla sua scomparsa.
Descrivere la persona e la personalità di Ezia Di Capua non è semplice perché come uno scrigno racchiude in sè tante anime ma tutte espressione di un’unica donna, un po’ come un diamante ha mille sfaccettature, solo per citarne alcune,  Ezia Di Capua  è  pittrice, gallerista, insegnante, mamma, moglie e come se non bastasse ora anche scrittrice.
Come fai a dedicarti a tutte queste attività, dove trovi tanta energia?
In me c’è un’energia naturale creativa che si rinnova ogni giorno senza che io lo chieda. E’ un dono prezioso, che si è rivelato già nella mia infanzia, un dono che ho riconosciuto, coltivato e utilizzato per impreziosire le mie doti naturali. Dormo pochissimo e spesso di notte nascono i miei progetti migliori. Amo il disegno per me linguaggio interiore, amo modellare la materia, inventare, utilizzare materiali di riciclo e dare loro nuova funzione, amo misurarmi con il canto lirico che apre il mio cuore ed eleva lo spirito, amo formare i giovani e trasferire a loro le mie conoscenze,  insieme alla  gioia di vivere, di creare e di fare.
Lo scrivere mi emoziona, mi esalta, mi commuove e mi appaga, mi dona un senso di  pace simile all’incanto.   
“La Misura dell’Amore” è un vero e proprio atto d’amore verso tua madre, infatti il libro racconta la sua vita. Che mamma e che donna è stata Carla Gallerini?
Carla Gallerini è stata una donna speciale, fiera, ribelle, forte, coraggiosa ed essenzialmente sola. Così avrebbe voluto essere ricordata. Amava esporsi, lottare contro corrente, mettersi in gioco e non la turbavano le sconfitte. Impegnata politicamente ma, libera, indipendente sempre. Ha impegnato tutta se stessa per valorizzare  San Terenzo e il suo territorio. Più volte non ha trovato sostegno proprio tra la sua gente ma lei è sempre andata avanti con i suoi ideali e con i suoi obiettivi.
Avrebbe voluto che le somigliassi di più ma io non sono una donna che batte i pugni sul tavolo. Ho ricevuto un’educazione rigida, priva di coccole e vezzi. Figlia unica educata all’indipendenza sono cresciuta con un forte senso del dovere e della famiglia, colma di tutti quei forti valori che rendono una persona integra, pronta ad elaborare contemporaneamente  più progetti ma sempre in equilibrio con le sue competenze.
Capace di scelte difficili, di cambiamenti radicali ho lasciato la professione di ostetrica per dedicarmi all’insegnamento.
Tua mamma ti ha trasmesso l’amore e l’attaccamento verso la vostra terra, tu hai simbolicamente raccolto il testimone e con la medesima passione ti adoperi per promuoverne arte,  cultura e tradizioni. Quanto contano per te le tue radici?E’ importante per me che il progetto per cui tanto io e mamma abbiamo lavorato insieme, Sala CarGià, continui vivere, perché era il suo desiderio primario.
Continuerò la sua opera, promuoverò stagioni e stagioni in arte e cultura, valorizzerò in Suo nome il territorio ma, dedicherò il mio lavoro solo a lei, le mie radici affondano in lei. Il territorio non si dovrà dimenticare  di Carla Gallerini.
Il più bel ricordo che hai di tua madre?
Spesso cantava, amava la vita, le cose belle la musica, la poesia e l’arte.
Aveva un sorriso immenso, travolgente e una sottile ironia con la quale prendeva in giro il mondo e anche se stessa.
La ricordo spesso così, mentre danza  guardando il suo mare.   
Rimpiangi qualcosa che avresti voluto condividere con tua mamma ma che per la sua prematura scomparsa non hai potuto?
Avrei forse potuto darle ragione più spesso. Ma si sa, due caratteri forti, amano spesso confrontarsi, a prescindere dall’importanza del tema. 
Quale messaggio ti piacerebbe che il libro trasmettesse a chi lo legge?
Non temo di rendermi impopolare, ho scritto il libro senza pormi il problema.
In pochi mesi ho tracciato il profilo biografico di mia madre, narrando le varie fasi della sua vita cercando di essere più oggettiva possibile, perciò il libro contiene, episodi idilliaci ma  anche episodi scomodi per mamma e anche episodi scomodi per il paese.
E’ un libro verità, alla verità non si può sfuggire, … "La verità Vi renderà liberi" ( Giovanni).



La versione originale dell'intervista è visionabile tramite  questo link




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giovedì 1 dicembre 2011

Forme vivaci e raffinate. L’acquerello di Ezia Di Capua

"OLTRE"
La pittura di Ezia è armonia di forme, quando lei ritrae volti e sfondi o quando si lascia andare al movimento spontaneo della linea, amata geometria, ordine metafisico. Una straordinaria dolcezza è trasferita negli spazi che vivono l’incanto di un ricamo effuso sulla tela.
Ezia è nata a SanTerenzo di Lerici (26 aprile 1958), vive e lavora alla Spezia.
 Ha esercitato la professione di ostetrica per alcuni anni, è formatore professionale presso CIOFS-FP, di Liguria di La Spezia. Si è rivelata soprano corista nella Schola Cantorurn Labronica di Livorno. L’interesse alla pittura inizia nel 1976, lei vi si dedica con passione e impegno. Occorre precisare che Ezia, utilizzando l’esperienza degli artisti, ha condotto la ricerca all’approfondimento tanto dell’acquerello quanto del puntinismo quasi microscopico. Le miniature hanno ritmo ed eleganza; qua e là si avverte il segno di Ezia, proposto in momenti prospettici della propria interiorità.
Ama cimentarsi con tecniche e linguaggi ancora sperimentali, impiegando materiali di recupero e servendosi di superfici talvolta ampie.
Apro il mio commento “visivo” analizzando alcuni acquerelli.
Dico subito l’intento della pittrice: La misura dell’amore, libro dedicato alla memoria della madre Carla Gallerini, ha riportato in copertina il suo dipinto Oltre. Disegno di ispirazione classica è il suo, l’espressione materna intensa verso bimbi stretti al seno, la morbidezza delle linee imprime a tutta la figura unità e leggiadria. Sembra il dipinto della bottega di un pittore settecentesco, o di un atelier fiammingo, e la figura materna trabocca di grazia e vitalità, come fosse una matrona di Roma o di Grecia. Il dipinto per intero, riporta altro, non visibile in copertina: a destra, ci sono figure geometriche, una sfera, rombo, trapezi, e sono perfino tracciate delle scale, in perfetto disegno geometrico. Sembrerebbe oziosa l’aggiunta, invece è la cifra di perfezione di questo acquerello, nitido, luminoso, quasi prezioso: nell’insieme rende la complessa figura materna, scultorea, rilevata, eloquentemente levigata e plastica – diremmo rinascimentale. La figura nel suo complesso è notevole per la sinteticità del disegno, la sobrietà cromatica, l’ordine che conferisce alla raffigurazione una sensazione di pace, di serenità, di contemplazione.
Seguiamo gli altri acquerelli: siamo davanti al dipinto Allegoria della Musica.
Non solo perché l’artista è soprano corista a Livorno, ma anche per il tipo di acquerello prescelto, ha la dolcezza plastica tra mano e la diffonde sulla tela. In questa sua “allegoria” si definisce meglio il campo estetico, dove il mondo classico in rovina presenta, attraverso la musica, la risurrezione dall’oblio, la rappresentazione della memoria storica che in essa si specchia, ritrovando piacevolezze fuggite, colonne monumentali che alla lunga rievocano i templi di Grecia, la perennità umana contro la maceria del tempo. La chitarra che spicca sulla sinistra, è docile in mano alla fanciulla appena tratteggiata. Anche qui il disegno classico si articola in linee morbide e fluenti come se la natura ivi riprodotta emanasse da una invisibile bellezza femminile. Appunto Ezia, con tale acquerello, ritrae la beltà femminile che vola alto sulla sensualità dell’arte, cercando una interiorità, un’anima di corrispondenza. Nel 2011 (30 giugno-3 luglio), Ezia partecipa alla terza edizione “Arte Fiera” di Graziano Dagna: Artisti in Cittadella (a Sarzana). È presente con tre dipinti di piccola dimensione, senza titolo, senza commento. Ancora disegno geometrico, accurato nei particolari, come si trattasse di una costruzione, in cui la raffinatezza è pari alla tecnica impiegata.
L’acquerello è espresso con un cromatismo carneo, sanguigno, lievemente incline a un tenue violetto. Il dipinto che segue si apre su scenario che inneggia alla tecnica, predilige le linee geometriche, con una scritta volutamente cifrata.
Il terzo dipinto riproduce una scenografia ampia, come se la natura fosse osservabile solo nelle linee che si intersecano, creando suggestioni spirituali, per iniziati. I colori sono grigi, tendenti al violetto. Il violetto è colore fiammeggiante, indica lo slancio d’anima. È la plasticità di un sogno.
Ho scritto il mio apprezzamento della pittura di Ezia Di Capua.
L’artista lavora su spazi circoscritti, di modica dimensione; i dipinti hanno pertanto splendore di levità cromatica, di grafica lineare e surreale, di fine decoratività. La matrona romana o la fanciulla greca si dedicava al ricamo trasferendo su tela le scene predilette della natura, Ezia tenendo in serbo questa classica tradizione, si proietta su spazi ristretti svelando le sue scelte predilette, i suoi “mondi emotivi”. Il dipinto “Piccola felicità”, nell’ovale, vorrebbe alludere alla miniatura, evocando l’arte preziosa della ceramica o della maiolica –maggiormente fiorite in epoca rinascimentale: io lo chiamo così per ora, come suggerisce l’artista. Il dipinto ritrae una precisa scelta di campo: le scene – idillio pastorale – hanno come base il disegno, che racchiude un piccolo mondo soggettivo, surreale nella concertazione cromatica e nella composizione. Alla maniera dei miniatori medievali intende rappresentare il mondo lirico dell’artista, esotico per altro, dove protagonista è il paesaggio montuoso, rilevato volutamente geometrico – ascendenza cubista forse – e inoltre, i putti, flautista e tamburellista, che suonano. Lo sfondo è idilliaco, pastorale. All’apparenza il procedimento richiama la tecnica dell’acquerello, dove il roseo ha prevalenza sull’ocra e chiaroscuro, sul verde, sul grigio, il tutto immerso in una chiarità atemporale, leggiadra, di raccoglimento e di ascolto.
E di sogno. Questa “felicità”, come la definisce Ezia, conferma la sua concezione estetica preziosa e classica.
Le mostre personali di Ezia sono già rilevanti. Per altro, anche le collettive hanno un buon ritmo. Ezia impiega tecniche varie: grafica, china, matita, pastelli, carboncino, sanguigna, olio, acrilico, acquerello (tecnica personale: puntinismo ad acquerello). È iscritta all’UCAI alla Spezia e all’Associazione Culturale San Martino di Durasca (Follo): ha concorso a vari premi. Spesso ha vinto .Nel 2009 Mostra personale “Di Capua & Caselli” – Retrospettiva in memoria – Sala Culturale CarGià San Terenzo. La manualità tenta spesso Ezia, che nel suo privato coltiva miniatura,mosaico, presepe; lavora il legno in opere di restauro, la creta, si applica a oggettualità e decorazioni, e composizioni varie, rilega perfino libri, raccoglitori e oggettistica varia. Si intende di doratura. È spesso sulla breccia in mostre estemporanee e collettive che avvengono alla Spezia e Lunigiana1: nel 1976 è prima classificata per la grafica (Premio Maurizio Scalzo, La Spezia).
Espone dipinti alla Marguttiana dal 1999 al 2009; è iscritta all’Associazione San Martino di Durasca e all’UCAI. Partecipa all’VIII e IX Concorso “Piccoli scrigni grandi tesori” di Follo. Nel 2002 è selezionata all’estemporanea di pittura per l’acquerello a Vernazzarte. Altro premio a Follo nello stesso anno, poi alla Spezia per la F.I.D.A.P.A. nel 2003, e nello stesso anno i Disegni pubblicati, (Casa Editrice Eco,Milano). Nel 2004, Premio Artigianato al Rotary Club spezzino; l’anno dopo partecipa a “Piccoli scrigni grandi tesori” a Follo, per la grafica. Vince la medaglia d’oro nella edizione del 2006. Nel 2007 “Prospettive in acquerello 1976-2007”, altra sua personale. È sempre partecipe alle iniziative di San  Martino di Durasca (dal 2009 al 2011),mentre gestisce Sala Gargià (dal 2010). Alcune sue partecipazioni all’UCAI (sette nel 2010, tre nel 2011).Nel 2011, col patrocinio del Comune di Lerici e della Pro Loco di San Terenzo promuove per Sala Cargià “Stagione in arte dedicata a Carla Gallerini” (sua madre, di cui ha scritto le memorie).
Ezia Di Capua ha portamento giovanile, è semplice nel gesto, vivace nella conversazione. È un’artista moderna, colta, dotata di capacità organizzativa, eloquente col pubblico, amica degli pittori e attenta alle varie espressioni e correnti che gradualmente si manifestano nel territorio. La scelta dell’acquerello è in lei, istintiva figurista e conquistata dalla linea geometrica e dal movimento, un mantenere il contatto con la natura, con la solarità, col chiaroscuro del mare e del cielo. Ma anche la luce, operante nei dipinti, è scelta con sobrietà e con aperture improvvise al sogno, all’anima, all’inconscio. Tra i dipinti, ha scelto “Oltre” per la copertina del libro, biografia della madre Carla, come si è detto più sopra. Questo “Oltre” ormai ci fa sentire e intravedere il suo mondo, che non è quello dei fenomeni e delle opinioni,ma quello in cui la verità è come la stella del mattino. Oltre l’ombra, la “luce”, la beatitudine, l’ordine, l’Assoluto.


Prof Giuseppe Luigi Coluccia

mercoledì 30 novembre 2011

La Misura dell’Amore: Un libro per non dimenticare

La scrittura di Ezia scorre come ruscello evocativo, silenzioso.
In questa agile biografia, cara memoria materna, si leggono le emozionanti pagine dell’autrice, figlia affettuosa e riflessiva, che fissa la figura fisica e morale della madre. È un affresco interessante e riverberante, quando si recupera un passato, messo sotto gli occhi del pubblico, in cui personaggio
e territorio – Carla Gallerini e San Terenzo – sembrano essere vita insieme, comunione di sensi e di cuore.
Una vita donata dunque.
Carla ha lasciato un eco nel cuore di San Terenzo, nella stessa Liguria, in quelli che l’hanno conosciuta e amata, nei quali è scesa la solitudine della sua morte, 7 luglio 2010. Santerenzina di nascita, 30 giugno 1935, fanciullezza e adolescenza sono rapide al suo passo lanciato e ambizioso; ma poi la natura del cielo e del mare, la luce dei giorni e le metamorfosi del tempo, bello e meno bello, mutevole, traboccante di doni e languori, fanno da guida alla sua vita ardente e singolare, inimitabile.
Nella lettura di questi “momenti di grazia”, fluiscono realtà e immaginazione, problemi esistenziali e recupero dei sogni, vie e vicoli di città di mare, affetti familiari, nascite e proiezioni di nuove vite, il ricamo umile e prodigioso per cui è passata la madre. I sentimenti, l’amore, il fidanzamento, la famiglia, la tenerezza verso il marito e la figlia si evolvono come fiori nella sua esistenza, ventaglio di valori, richiamo a modelli di relazioni radicati nel moderno a misura che si aprano alle tradizioni degli avi. La madre viene osservata nella sua evoluzione.
L’autrice dice testualmente: “Dono prezioso questa alchimia grammaticale, che ha reso possibile la mia fuga dal presente per tessere un soprannaturale e intimo colloquio con mia madre così da sentirla ancora vicina nell’anima, e col cuore parlarle”. L’intento è rispettato dall’inizio alla fine del libro-diario, in cui si riflette insieme al naturale amore verso la madre, anche una mirabile costanza di raccontare come se le parole le venissero misteriosamente dall’anima suggerite, non ricorrendo a sfumature di pensiero né a locuzioni studiate. Qui verrebbero in armonia, magari con felice contrasto, i nomi di scrittori nostri:Marino Moretti, Grazia Deledda, Carlo Cassola, lo stesso Antonio Fogazzaro.
Lo stile di Ezia è lineare, controllato e pure spontaneo, talora idilliaco, perchè riecheggia istanti di vita vissuta accanto alle cose e oggetti dei giorni; e se volessimo meglio definire tale scrittura, ricorriamo alla forma della paratassi.
Credo che il racconto di questa biografia materna divenga incisivo nell’animo del lettore man mano che Ezia espone le situazioni della madre, nella quale emergono scultoree alcune virtù femminili: la cura di sé, il culto della persona, la sensazione di sentirsi bella oltre che esserlo, e quindi l’attenzione al marito e alla famiglia. Non raramente il ricorso alla forma diretta della narrazione mesce verità e fatti insieme alle riflessioni dettate dal sentimento. Ed è qui che si toccano altezze di pura poesia,
e penso che tali momenti non si rincorrano, crescono nelle  sfumature, in cui l’anima attinge una dimensione mistica, armoniosa, naturale e spontanea.
Carla cresce nella esperienza degli altri Il fatto di prestarsi come infermiera a domicilio è una delle forme di impegno, in cui anche la politica rientra non come professione ma apertura democratica, di solidarietà, di partecipazione umana e civile. La sua vicinanza a chi aveva bisogno appartiene alle svolte piene di significato culturale, economico e sociale. Carla è ricordata come la “passionaria”.
Ha una presa diretta con le istanze del borgo natio, da cui trae ispirazione nei problemi e attese provinciali e regionali. La presenza nella cultura la spinge a conoscere i problemi estetici e i contenuti della società, la sollecita anche a prendere parte attiva alle organizzazioni culturali. L’APAC di via E.Ferro aggiunge all’esperienza di Carla, presidente del sodalizio, l’interesse all’arte. Alla famiglia, alla figlia desta l’amore alle forme artistiche, di estrazione classica, e alle avanguardie. Ezia medesima, in questa storia, reca l’alloro dell’arte - anche lei creativa nel rapporto con la natura e con l’arte. Ma prima, forse parecchi anni prima, Carla aveva svolto il lavoro nell’ufficio telefonico e turistico, venendo a contatto con problematiche sociali scomode ed forse ambigue. La solare Carla reca anche in questi ambienti la trasparenza, la chiarezza, il calore umano, la “civiltà” del cuore che intuisce. Per un ventennio quasi è vicepresidente dell’MCL e in giuria ha modo di selezionare le fotografie destinate a concorso.
Carla autorevole e autoritaria. Verso la figlia ha un carisma affascinante, che chiede e ottiene subito: è tenerissima e giocherellona, ma spesso, commenta Ezia, “durissima”: “Trincerata oltre ogni ragionevolezza, qualunque fosse stata la sua decisione, non ammetteva nessuna via di mezzo: o bianco o nero”.
Questo carattere rigido pesa – lei ne è cosciente – forse sta in questo se la concordia coniugale a un certo momento cede, fino a scomparire. È un particolare che se riflette la forza morale di Carla, è anche un segno chiaro di malessere. Da quel momento, Carla è un’ altra, o sembra. A prescindere da questo limite, voglio far notare come i paragrafi scorrono limpidi, intensi di lirica complicità tra Carla ed Ezia. “Mi vogliono tutti bene”
La narrazione si avvolge attorno a un filo d’oro, da questo momento, che segna la seconda parte: è vero, gli amici ci fanno dire tutto il bene che è la vita; ma chi non sa che la gente è mutevole, e spesso vive di pregiudizi e di chiusure mentali al posto dei civili rapporti e dei giudizi secondo verità. Ezia distriga una serie di problemi della madre. A parte lo speciale rapporto con il fratello Giacomo, ci sono
la collaborazione e l’intesa (politica) con Emanuele Fresco, attuale sindaco di Lerici, la Chiesa, l’arte (grafica e pittura), il canto, il mare reale e quello sognato, il Floridos 2°, il cielo alto e quello alla giornata; e tutto questo è per lei motivo di riflessione e di aperture. Se il garage di Carla soffocava per la mancanza di spazio, nei cieli aperti della sera la madre trovava il suo infinito, una dolcezza struggente. Ed è assai naturale per la narrazione di questa “misura d’amore” il fatto che le cose raccontate siano una specie di diario, cioè esposte ed evocate senza ricostruzione o esibita razionalità dell’ordine.
Ezia evita volentieri la letteratura, la perfezione cercata con ossessione, il dettaglio carico di cose e di oggetti, di manie e di vezzi, perfino evita di mettere alla ribalta i limiti e i difetti di Carla. Certo, se avesse dovuto sentire gli umori di casa e dei parenti, lei stessa dubita se la stretta tra orgoglio e pregiudizio avesse donato utile chiarimento.
L’onda dei ricordi di Ezia ha creato questo affresco d’amore alla madre; lei dice: “Ho scritto «ricordare» ed ecco spiegarsi lentamente questo mio navigare tra i ricordi. Queste peregrinazioni interiori svelano esse stesse il perché del mio narrare...
Vorrei scrivere quel tanto affinchè altri non dimentichino semplicemente, come avrebbe voluto mamma”. Il resto è tutto da trascurare, come fossero “nugae” di non senso.
C’è del valore in questa storia di Carla in memoriam, espressa con le parole del cuore e del sentimento, senza ricercatezze, con lo stile semplice e scorrevole della pura liricità, in cui vogliamo collocare a chiusura il finale della narrazione di Ezia: “Colma di una profonda solitudine che mi scava il cuore, ancora oggi come ieri, e sicuramente ancora domani, nel tentativo di sentire dentro me, la bellezza dell’eco delle tue parole, mi costringo a scrivere per ridarti voce”.


Prof. Giuseppe Luigi CoLuccia
Postfazione de “ La Misura dell’Amore” di Ezia Di Capua

martedì 29 novembre 2011

Carla Gallerini: Una vita spesa nel sociale

“La misura dell’amore è amare senza misura”.
È con un aforisma di Sant’Agostino che San Terenzo ha voluto ricordare Carla Gallerini intitolandole il Parco Giochi dei bambini, sul lungomare.
Un aforisma che rispecchia pienamente il sentimento che Carla provava per il suo amato borgo, sempre in prima linea in tutte le iniziative del comitato di quartiere, del quale era Vice Presidente; anima e motore di tutte le manifestazioni, si prodigava sempre con grande impegno, con un entusiasmo trascinante, che nel corso degli anni non si è mai sopito.
Un temperamento non comune, che Carla ha sempre messo a servizio della comunità e dell’associazionismo. Uno spirito di iniziativa che le permetteva, con grande naturalezza, di essere il collante delle svariate iniziative del borgo.
Penso alla Sala Culturale CarGià di San Terenzo, che Carla metteva a disposizione per le esposizioni artistiche e che dallo scorso aprile ha aperto la stagione artistica a lei dedicata; penso alla Tana dei Turchi, uno degli appuntamenti estivi legati alla tradizione di SanTerenzo e sempre di grande richiamo,ma penso soprattutto al Carnevale, del quale Carla era la vera anima. Il suo affetto per i bambini si riversava nell’organizzazione di questa splendida festa, con la preparazione dei carri per la sfilata, delle mascherine.
Un lavoro intenso, svolto sempre con il sorriso, senza mai risparmiarsi.
Proprio l’ultima edizione del Carnevale è stata la prima senza di lei, ma in quell’occasione i bambini dei Centro Aggregativo Cecco Rivolta, dove Carla era sempre presente a dare una mano, hanno voluto ricordarla con il lancio di cento palloncini colorati.
Carla vive ancora nel ricordo di tutti noi. Portare avanti con impegno ed entusiasmo tutte le iniziative che lei amava e per le quali si prodigava con grande passione è il miglior modo per onorare e mantenere viva la sua memoria.
La figlia Ezia, a cui rivolgo la mia più sincera stima e amicizia, non poteva non donare a tutti noi questo straordinario e delicato messaggio.


Sindaco di Lerici Ing.Emanuele Fresco
Prefazione de “ La Misura dell’Amore”di Ezia Di Capua

venerdì 18 novembre 2011

A TUTTI GLI AMICI DI CARLA GALLERINI








La Misura dell'Amore

La Misura dell'Amore opera prima di Ezia Di Capua (Edizioni Cinque Terre, La Spezia 2011). Libro e personaggio, fusi insieme da essere un lembo di memoria scolpita nel marmo.
Le radici di Ezia Di Capua sono profonde come la madre che le ha dato la vita, e sono prodigiosamente nel rigoglio di questa scrittura che percorre le varie tappe di Carla Gallerini, che proprio in via Trogu 54, ha creato la isola dell'arte - Sala CarGià - dimostrando con la parola e l'azione di estendere la conoscenza di Lunigiana attraverso la cultura. Una madre suggerisce amore e amicizia, tali sentimenti sono espressione di verità che sono nell'animo. Sembra che la madre in questa narrazione assuma le dimensioni ideali di Lerici e di San Terenzo, due borghi cui ha dedicato le sue giornate terrene, piene di slancio, di attività coinvolgenti, sapendo organizzare incontri d'arte, scenari di festa, ravvivando tradizioni civiche, religiose, insieme al naturale folclore che dal mare avvolge i borghi e li rende quasi un presepe vivente.
Carla, il personaggio,  ha saputo aprirsi all’ Amministrazioni Comunale di Lerici  spingendosi fino alla Spezia, all'interno del territorio, noto come Golfo dei Poeti e degli Dèi, traendone aiuti e contributi che sono serviti a richiamare le popolazioni vicine, sensibili alla riscoperta delle bellezze naturali e artistiche di San Terenzo, del nostro territorio. Il libro non solo raccoglie la sostanza di una testimonianza ancora fresca, ma è nello stesso tempo semplice e comunicativo, grazie alla scrittura dell'autrice, che spesso racconta poeticamente, e quindi intensificando gli scenari in cui si muove la madre, e gli episodi che ne espongono il corso della vita terrena.


Ezia Di Capua

Presentazione in Sala Consiliare del Comune di Lerici del libro dedicato a Carla Gallerini “La Misura dell’Amore” di Ezia Di Capua


La locandina annuncia l'intitolazione
 del Parco Giochi
di San Terenzo a Carla Gallerini.
Sabato 10 Dicembre alle ore 10,30 in Sala Consiliare del Comune di Lerici, verrà presentato il libro di Ezia Di Capua, dedicato a Carla Gallerini a un anno e mezzo dalla sua scomparsa..
Il libro, la cui prefazione è stata curata dal Sindaco di Lerici Emanuele Fresco ha titolo “La Misura dell’Amore”
ed un appassionato profilo biografico di Carla Gallerini che sempre si è distinta per la sua passione civile e ha dedicato la sua vita alla valorizzazione di San Terenzo perla del Golfo dei Poeti. Nel Dicembre 2010  è stato intitolato a Lei il Parco Giochi sul lungomare di San Terenzo.
Libro ispirato, pieno di affetto, ammirazione e poesia. Libro meraviglia, affresco  di ricordi, custodia di tradizioni e cultura, dove autrice e personaggio si rivelano un cuor solo, un’ anima sola.
La postfazione  è sta scritta dal Prof. Giuseppe Luigi Coluccia .
Relatore Prof. Giuseppe Luigi Coluccia.


Ezia Di Capua


 

lunedì 7 novembre 2011

LEZIONI DI ICONOGRAFIA IN SALA CARGIA’

Ecco le lezioni di iconografia che la docente Lucia della Scala propone agli amici di Sala CarGià

Spazi: SALA CULTURALE CARGIA’
Tempi di svolgimento: 4 lezioni di 3 ore ciascuna per un totale di 12 ore.
Prerequisiti: conoscenza del periodo storico – artistico in cui è nata l'iconografia, conoscenza della religione cristiana .
Obiettivi di conoscenza:L'iconografia è saper scrivere il sacro attraverso l'immagine, in particolare del Cristo, usando come linguaggio le forme e i colori. Conoscere le Sacre Scritture e tradurle in immagini. Conoscere i vari procedimenti tecnici per poi arrivare alla realizzazione dell'icona. Sensibilizzare alla tradizione antica.
Obiettivi di competenza: Preparazione tavola, preparazione dei colori con il tuorlo dell'uovo. Stesura della foglia d'oro. Valutare l'efficacia e il grado di coerenza con la fede espressa nel modo di dipingere, partendo sempre dai colori più scuri perché si inizia dipingendo tutto in ombra, poi si porta in evidenza il particolare che si vuole illuminare. Il percorso è dalle tenebre alla luce. È il cammino spirituale di ognuno di noi.
Collegamenti interdisciplinari: Storia, storia dell'arte e religione.
Metodologia: Le lezioni si svolgono sempre con 30' di introduzione e di lezione frontale. Nel  restante tempo della prima lezione è prevista la preparazione tavola. Nella seconda lezione si procederà con la realizzazione grafica e l'applicazione della foglia d'oro. La realizzazione pittorica si effettua nelle lezioni successive.


1° LEZIONE
La docente Lucia Della Scala, fa  una piccola premessa con un'introduzione storica.
Nella fede ebraica c'è la proibizione di fare idoli/immagini a somiglianza di Dio per non togliere a Lui di essere l'attore principale.
Non fare immagini di Dio perché di Dio dobbiamo sapere, ricordare e tramandare quello che Lui ci dice.
Essendo iniziativa libera di Dio quella di incarnarsi in Cristo Gesù = ci ha dato la sua immagine di sé.
Nella sua libera iniziativa di incarnarsi in Cristo Gesù, Dio ci ha dato l'autentica immagine (Ikona) di sé.
L'iconografia cristiana lascia a Dio la possibilità, la scelta che Lui ha esercitato nel volto di Cristo.
L'iconografia cristiana non vuole dare a Dio un volto, ma accoglie e tramanda la scelta divina di darsi un volto in Cristo Gesù.
I Cristiani hanno avuto una tradizione legata alle immagini dapprima di origine simbolica (data la persecuzione), una volta diventata religione di Stato, queste arti hanno potuto emergere: i dipinti, le statue, ed hanno perso questo simbolismo esagerato. Un Concilio nel 692 D.C. Ha invogliato gli iconografi a raffigurare il Cristo come uomo, abbandonando i simboli per rappresentare il Cristo nella sua incarnazione.
Lotta iciniclasta per un secolo (8 - 9° secolo) = il culto delle immagini è considerato eccessivo, simile alla idolatria.
Era sicuramente una questione politica (tra imperatori/sacerdoti...).
Sono stati perseguitati i monaci, distrutte migliaia di icone, sono state conservate solo quelle più protette, fortificate (come nel Monastero di S. Caterina nel Sinai).
Nei successivi Concili che hanno difeso, e incoraggiato l'iconografia si è prodotta una dottrina su come si dipinge un'icona, come si prega davanti ad un'icona, l'uso liturgico delle icone tanto che quest'arte è divenuta parte integrante della tradizione ecclesiale.
Lo Scisma allontana la Chiesa di Oriente da quella di Occidente.
Questo ha reso l'iconografia uno strumento, un patrimonio orientale, anche se è della Chiesa tutta.
Non è di per sé un'arte orientale, per un preciso motivo teologico o spirituale.
La caduta di Bisanzio, la crisi del mondo bizantino che era la culla dell'iconografia, ha portato poi allo splendore la neonata Russia che pur avendo abbracciato tardi la fede cristiana, ha saputo portare l'arte iconografica ai suoi massimi vertici ( A. Rublov).
La Russia convertita intorno all'anno 1000, con tutta la bellezza del culto ortodosso, lì sono arrivati i bizantini che hanno dato origine ai preziosi maestri iconografi, i quali hanno dato origine alla tradizione della Scuola Russa.
L'altra scuola è quella dei Balcani, quella Greca.
Le icone rappresentano i momenti della vita di Gesù, i Misteri, Maria, i Santi, ecc...
Ci permettono di VEDERE tutto quello che la fede ci suggerisce.
Cerca di rendere VISIBILE L'INVISIBILE = questa è l'icona
Così chi guarda l'icona è aiutato a cogliere quello che solo con gli occhi non potrebbe vedere.
ICONA = IMMAGINE SACRA non solo perché rappresenta qualcosa di sacro, ma perché vienefatta con spirito religioso.
La Sacra Scrittura è la LUCE per dipingere le icone (non si può dipingere al buio).
Prima di iniziare a lavorare, ogni volta, metto ben esposta l'icona che andranno a scrivere
(dipingere) , da me già ultimata, in modo che possono vedere e contemplare ciò che faranno, in silenzio per 5' questo è necessario per mettersi in relazione con ciò che si andrà a fare.

STRUMENTI E MATERIALI: Una tavola,
un barattolo di stucco francese e spatola,
tre pennelli (martora sintetica) numero 1- 3- 6,
colori = 7 pigmenti, oro (foglia d'oro o meglio di orone),
colla vinilica per indorare (detta missione all'acqua),
una lampada da tavolo,
asse di legno con due piedini,
una biro per l'incisione,
bicchieri di plastica per l'acqua,
recipienti di plastica per sciogliere i colori,
un cucchiaino,
un contagocce,
vasetti di vetro con coperchio,
uova,
carta trasparente per alimenti,
scottex- nastro adesivo,
un pennello vecchio per mescolare i colori,
una riga (30 cm.)
Un barattolo di mordente all'acqua per legno color noce o castagno

TECNICHE PER INIZIARE L'ICONA.Si prende la tavola, generalmente multi strato e su una facciata si passa una mano di mordente all'acqua per legno color noce o castagno, si aspetta che asciughi e poi sul resto della tavola si stende con una spatola lo stucco francese, si aspetta che asciughi e poi con  carta/vetrata si leviga la superficie rendendola liscia

2° LEZIONE
Fare incisione e indorare.
Nella spiritualità Russa si dice che sarà il “BELLO” a salvare il Mondo.
“Spiritualità del bello”. Il Bello è una caratteristica di Dio.
TRASFIGURAZIONE= partecipazione al mistero di Dio che si presenta come Luce (oro)
L'icona che andremo ad incidere è L'ICONA AKEROPITA= non dipinta da mano d'uomo.
Con una semplice penna biro si incide i lineamenti e il contorno del volto di Gesù sapendo che il centro di un'icona è uno sguardo. Anche i contorni sono importanti ma non di più dello sguardo. Gli occhi sono diversi” uno di misericordia e uno di giustizia”. Dipingere con un colore rosso ossido ciò che è stato inciso. Dopo l'incisione e dopo aver evidenziato i contorni, con un pennello si applica la missione all'acqua, si lascia in posa per 15' dopo di
che si procede alla stesura della foglia di orone.

3° LEZIONE
Ripulire l'indoratura.
Dipingere di bianco le tre parti della croce.
Dipingere di giallo tutto l'esterno del cerchio.
Preparazione dei colori.
Uovo= separare il tuorlo, lavarlo bene e romperlo nel bicchiere.
Aggiungere tanta acqua quanto è l'uovo.
Tempera d'uovo = pigmento + uovo + acqua = in parti uguali.
Si può conservare in frigo.

4° LEZIONE
Dipingere l'incarnato.
Ripassare i lineamenti.
Dipingere la carne e i capelli con lo stesso colore base, poi la carne viene schiarita e i capelli scuriti.
Ingredienti per l'incarnato e proporzioni.
Ocra gialla (5) – Giallo cromo(3) – Rosso ossido (1) – Nero ossido (½.).
I colori andrebbero sciolti singolarmente poi mischiati, poi aggiungere tanto uovo quante sono le
polveri tutte insieme, poi tanta acqua quanto l'uovo messo.
Ripassare i lineamenti = le ciglia, gli occhi “esterni e interni”, il naso, la bocca, le labbra, l'incisione
del mento, le orecchie, l'ovale del viso, l'inizio dei capelli e il limite del volto con un colore fatto di:
½ cucchiaino di rosso di cadmio e una puntina di rosso ossido.

5° LEZIONE
Fare il primo e il secondo schiarimento sull'incarnato.
Fare la velatura con l'ocra gialla.
Fare lineamenti “ portanti “ con rosso ossido (in questo caso tra i lineamenti sono compresi anche i
capelli e la barba).
Solo per gli occhi si usa il nero.
Luci finali con il bianco puro.
I colori per gli schiarimenti e le proporzioni: Bianco (3 unità) – Giallo cromo (2) – Ocra giallo (2) –
Rosso cadmio una puntina piccina piccina.
Le ultime fasi.
La CROCE BIANCA va bordata con ROSSO CADMIO (chiaro) sui lati che confinano con l'oro il
bordo è doppio (due righi divisi).
Poi si fanno le tre lettere: O H = colui che è.
Poi si chiude il tondo.
Poi si fa la cornice che va bordata di Rosso Ossido Puro.
Poi si rifinisce la cornice di rosso ossido con un righino di ROSSO CADMIO.
Infine si fanno le ultime due scritte: IC=IESUS XC=XRISTOS.
Il lavoro è terminato. Ricordo che l’iconografo è allo stesso tempo un teologo contemplativo e un pittore consapevole di compiere un servizio ecclesiale, perciò si consegna ad una doppia obbedienza: alla Parola ed alla Chiesa. Nel suo cammino l’iconografo avrà pertanto cura di crescere in entrambi i percorsi. Quello spirituale e quello tecnico, teso sempre a far emergere con la sua opera, per quanto gli è possibile, la vera Bellezza.

Ezia Di Capua

sabato 5 novembre 2011

CORSO DI ICONOGRAFIA IN SALA CARGIA’

GESU' ACHEROPITA
Si è concluso con successo il corso di iconografia svolto in Sala CarGià, con la soddisfazione delle allieve, artiste esse stesse e della docente Lucia Della  Scala.
L’icona che appare nell’immagine, Gesù Acheropita, è stata eseguita nel corso delle lezioni di Primo Livello ed è chiara espressione dell’ottimo risultato raggiunto.
Osservando le opere, delle allieve si rileva  precisione e competenza sia nella stesura dell'oro che nella preparazione dei colori. Sono stati rispettati i tempi di esecuzione delle varie fasi e, nei tempi previsti sono stati presentati i lavori ultimati.
L’armonia con cui sono cresciute le opere, valore determinante e significativo in iconografia,  traspare dalle icone, che al di là della perfezione di esecuzione evidente già a prima vista, conservano davvero un sentore di sacro, di divino e ognuna pare parlare con verbo proprio. 
Gli obiettivi del progetto sono stati pienamente raggiunti.
Le icone realizzate saranno esposte in Sala CarGià e saranno valutate dal prof. Giuseppe Luigi Coluccia quando saranno terminati i corsi di Secondo e Terzo livello che si svolgeranno nei prossimi mesi, sempre in Sala carGià, nell’ambito della “ Stagione in Arte  dedicata a Carla Gallerini ”.

Ma il progetto di Sala CarGià, Galleria d’arte, culla di cultura, non voleva fermarsi a questo ed è nel pensare “oltre” che  Ezia Di Capua ha promosso questo nuovo progetto che nutre  l’intento di diffondere anche in rete conoscenze, saperi, tecniche e lezioni d’arte  in una sfida crescente, a dimostrazione che la magica onda della creatività  non riconosce confini.
I complimenti e il grazie alla docente Lucia Della Scala per la dedizione, la partecipazione e la disponibilità e la competenza con cui ha realizzato il primo Corso di Iconografia .
La stima e l’amicizia per la passione che ha reso possibile la realizzazione del progetto.

Ezia Di Capua

mercoledì 12 ottobre 2011

STEFANIA GAMBARDELLA - SCULTORE

Stefania Gambardella, scultore.
L’abbiamo conosciuta qualche anno fa (nella mostra a Sarzana, del 2008), con sculture e rilievi che ben rappresentano le capacità tecniche e professionali dell’artista, fiorentina di nascita, formatasi in ambienti aperti alla cultura artistica e allo scambio culturale. La Firenze dell’arte imprime una immagine di classicità su Stefania; tra le sue sculture è da osservare Lamento su Cristo morto, dono da lei fatto a Giovanni Paolo II nel 1986 in occasione della visita apostolica nella città di Firenze. Le vetrate policrome di Santa Maria Riparatrice sono decorate da Stefania a Firenze negli anni ’90. E’ un periodo di invenzioni felici per Stefania che realizza un trompe- d’oeil e un “rilievo” in terracotta.
Conosce l’arte della formatura quasi nel medesimo periodo. Presso la scuola di “Iconografia Sacra” è docente di “scultura in terracotta”, “cemento fuso”, “formatura” e con l’avvento del nuovo Millennio Gambardella si dedica alla scultura in terracotta (basso e alto rilievo, e tutto tondo). Faccio notare l’attività di questo anno, perché ha rapporto con la scultura che stasera presentiamo. La “Madonna dell’Arena”, è una sua scultura donata alla Chiesa di San Terenzo del 2007, alla presenza del nostro vescovo Francesco Moraglia.
Nell’attività più recente, di Gambardella scultore, prevalgono rilievi a tutto tondo in terracotta, ma la esperienza plastica si estende agli esterni e agli interni delle chiese, a vetrate e rilievi, su cui poggiano ariose ambizioni architettoniche.
Vive e lavora a San Terenzo di Lerici, con la famiglia.
Mostre e collettive di Stefania periodicamente approdano in Lunigiana.
D’anima e istinto fiorentini, l’artista scultore davanti allo sguardo ha i maestri del Quattrocento e del Rinascimento; la scultura antica e classica entra nel suo lavoro creativo, che di preferenza volge al  sacro e al religioso la sua ideazione. Nella cultura occidentale, i grandi misteri del cristianesimo (nascita di Cristo, vita pubblica, passione e morte, resurrezione, ascensione, pentecoste) sono sorgente di ispirazione continua. Si evocano i grandi artefici Antelami, Nicola e Giovanni Pisano, Donatello, il versatile Michelangelo, il nostro Cascella, gloria di Lunigiana. Dovunque vada il nostro sguardo, dal paganesimo al cristianesimo, all’Oriente, l’arte sacra è presente e operante. I monumenti, i rilievi non tolgono nulla alla iconografia, sembra anzi che arti plastiche e pittura si ricerchino con intensità.  
                     
cd

“Il sacrificio di Cristo prefigurato in San Giovanni Battista ”.
La prefigurazione ha rapporto stretto con la storia della passione di Cristo, con la Crocifissione. E’una pala d’altare, pensata da don Piero Corsi, per la sua chiesa parrocchiale di Pozzuolo, e realizzata in stupendo rilievo da Gambardella. Ideazione ed esecuzione combinate insieme nella scultura che inauguriamo, alla presenza del vescovo Francesco Moraglia. In questa chiesa-cappella del Senatore Bibolini, che nel 1955, la donava alla Diocesi e alla Comunità dei fedeli di Pozzuolo, si compie l’evento artistico di Gambardella. Bisogna precisare due cose: titolare della Chiesa è San Pietro Apostolo, patrono San Giovanni Battista, con due date memorabili il 20 giugno 1955 per la bolla di erezione a parrocchia, e il 23 novembre per il decreto di riconoscimento civile.
Siamo di fronte a un rilievo, a una scultura, che palesa già la raffinatezza e la maturità di Stefania.
Dicevo della ideazione e della esecuzione, di don Pietro e di Gambardella: i due aspetti si fondono insieme in un rilievo che sembra già opera maggiore,  forse il suo capolavoro.
Osserviamolo da vicino, per parti, nelle scene del rilievo in perfetto equilibrio spaziale: ne siamo conquistati, forse travolti dalla bellezza delle forme plastiche, dall’armonia compositiva che fluisce in musiche dolci e malinconiche, per risolversi nel dramma della crocifissione. Le misure sono 1,95 per 180: sembra l’architettura di un emiciclo teatrale, gli episodi sono selezionati in tre momenti:
a) l’idillio delle cugine Maria ed Elisabetta, e i bimbi Gesù e Giovanni. Scena abbastanza originale, anche se nella storia dell’arte è spesso ripresa. E’ già un rilievo completo, espressivo, che denota una frequentazione tra le due madri e i bimbi: le forme hanno la morbidezza della fisicità, la linea tonda rilevante rappresenta le teste dei quattro personaggi, disposti con naturalezza. Intimità di donne, innocenza di bimbi.
b) Spostiamoci ora a destra della pala.
Giovanni il Battista versa sul capo di Gesù l’acqua battesimale. Il rilievo ha la staticità e solidità delle colonne: i due personaggi quasi si fondono insieme. L’uno si serve dell’acqua, l’altro è umilmente compreso del rito che gli apre la via alla missione pubblica, al calvario: “Io battezzo con l’acqua”, ma “Gesù battezza in spirito e verità”. Le forme esprimono una delicatezza che ha la levità dell’aria, del vento.
c) E ora contempliamo il cuore di questa storia della passione: Gesù è crocifisso, è morente; ai suoi piedi stanno, a sinistra Maria di Magdala che vuole abbracciare tutto l’uomo crocifisso, a destra Maria madre desolata di Cristo, infine Giovanni, il discepolo che Gesù amava di più. Colpisce nella struttura della crocifissione l’essenzialità plastica, la luminosità interna dall’alto in basso, la gestualità della figure che non appesantiscono il dramma, ma sono irradiate dalla luce del mistero redentore che si compie. Per Gesù è dolore, per gli umani liberazione, risurrezione. Bella la nota dell’artista: “Ho voluto concentrare l’attenzione e la riflessione sull’appassionata e dolente figura della Maddalena, perché nella sua vicenda di peccato e redenzione si possa meglio vedere riflessa la nostra misera condizione umana”.
A secondo della luce e dell’ombra, e della loro distribuzione, questa storia della Crocifissione passa dalla cupezza e tristezza alla morbidezza fisica dell’aria, del vento. Forse vi alita qualcosa che chiamiamo spirito.

cd

Le note premesse sull’arte di Stefania meritano qualche confronto coi maestri scultori della classicità, romanico e gotico-medioevale, per intenderci. Mi viene il nome di Benedetto Antelami, scultore e architetto dopo il Mille. Nella produzione tanto estesa, dell’Antelami, c’è la Deposizione, (1178) custodita nel Duomo di Parma. Anche se la pala di Stefania è in terracotta, quella di Antelami è in pietra rosa, c’è tra gli artisti, l’uno remoto e con remoti valori, l’altra contemporanea, con valori attuali, c’è una sorprendente rispondenza emozionale, estetica. Il forte realismo del rilievo si articola ai volumi sapientemente distribuiti nello spazio, con una verticalità che evoca una tendenza plastica gotica, con ritmo perciò ascensionale, con moto interno leggiadro e con una levità che si racconta da sé, e appartiene all’immaginario cristiano del mistero della redenzione. Questo rilievo di Stefania, insomma, propone una rappresentazione drammatica scultorea della storia della Crocifissione, ma nello stesso tempo eleva una sua personale concezione architettonica, come l’Antelami. E siamo alla conclusione di una esperienza del sacro, delicata e interiore, eloquente e semplice, e trasparente – e in questo si sono incontrate le persone, protagonisti di un capolavoro, nel suggerimento teologico di don Pietro Corsi, e nella cultura di Gambardella, artista che ha elaborato il maturo rilievo.


Prof Giuseppe Luigi Coluccia

martedì 11 ottobre 2011

STEFANIA GAMBARDELLA REALIZZA IL BUSTO IN BRONZO DEDICATO A GIACOMO GALLERINI.

Giacomo Gallerini
E’ Stefania Gambardella la scultrice scelta dalla Gallerini  nel 2010 per eseguire il busto in bronzo che deve ritrarre il suo caro fratello Giacomo.
Non è stato affatto un caso che la scelta ricadesse proprio  sulla Gambardella che, scultrice attenta scrupolosa e perfezionista attrae l’attenzione di chi osserva le sue opere perché in ognuna di esse, ogni particolare è curato con sofisticata perizia; anche il più piccolo dettaglio non è mai lasciato al caso. In ogni sua opera si respira ricerca, meditazione e ispirazione.
Interessante  visitare il  laboratorio dell’artista sito in San Terenzo, luogo riservatissimo dove nascono e crescono le opere di Stefania Gambardella, colmo di sculture preziose negli eleganti volumi che, silenziose  si impongono con la loro presenza  e sembrano intente ad ascoltare  quasi animate da vita  propria. Qua e là  progetti, disegni, opere  da ultimare, strumenti di lavoro, ogni cosa ha un ordine proprio e tutte  contribuiscono a dare espressione all’insieme.
Meravigliose, le morbide patinature che paiono  vesti nobili delle sculture, color avorio o ambrate  custodi orgogliose del loro segreto  accrescono la meraviglia negli occhi, dell’osservatore, e ci lasciano in dono un sorriso stupito e compiaciuto da tanta delicatezza e bellezza che palpita di saperi antichi, di conoscenze tramandate, di arte cresciuta nelle antiche botteghe e di storia  universale dell’arte.
Il busto in bronzo raffigurante Giacomo Gallerini è stato esposto  in  Sala CarGià, Ezia Di Capua ha curato l’allestimento della mostra.
Il  lavoro commissionato da Carla Gallerini si è risolto prevalentemente presso lo studio della scultrice.
Preliminarmente si è avuto l’attento esame delle fattezze e sembianze del soggetto da rappresentare, esame cui ha fatto seguito, a necessario corredo, nutrita documentazione fotografica. Indi si è dato corso alla vera e propria esecuzione del busto, ricorrendo all’utilizzo di materiale argilloso, del tipo “maiolica”.
Ovviamente, nel prosieguo del lavoro, si è più volte raffrontato, quanto si stava ottenendo, con il soggetto, sino all’ottenimento di un “placet” del risultato raggiunto da parte della committenza.
Ha poi fatto seguito l’accurata ricerca di una valida fonderia che traducesse in “bronzo” quanto predisposto in “argilla”.
In fonderia, come primo ulteriore passo realizzativo, l’opera è stata ricoperta di silicone per fare una forma in negativo, sostenuta da una controforma in gesso.
Su questo negativo si è ottenuto un positivo in cera, stesa a più mani con un pennello, fino ad ottenere lo spessore deciso per il bronzo.
Dopodichè, asportata la controforma di gesso e la forma in silicone, si è ottenuto il modello in cera.
Riempito quest’ultimo di “loto” (materiale ottenuto con terracotta macinata mescolata a gesso sciolto in acqua) e, corredatolo di opportuni canali di sfiato, lo si è interamente ricoperto sempre con uno strato di loto. Il tutto è stato poi cotto, per la fusione della cera e suo scolo.
Realizzata successivamente una “scatolatura” di protezione con lamine metalliche e terra ben compressa, si è proceduto alla fusione vera e propria, con colatura del bronzo fuso dall’alto attraverso un orifizio all’uopo opportunamente predisposto.
Disarmata la “scatolatura”, il busto bronzeo è stato perfezionato con l’intervento manuale di ceselli.
A completamento e finitura si è eseguita una particolare patinatura dell’opera, per raggiungere il definitivo aspetto voluto.
Stefania Gambardella è nata a Firenze nel 1968, ha studiato e conseguito la maturità presso il Liceo Artistico Cavour della stessa città ed ha frequentato per oltre un decennio, lo studio della scultrice Amalia Ciardi Duprè, prima come allieva, poi come assistente e collaboratrice.
Nel 1986 viene prescelta dagli Istituti d’Arte di Firenze, quale esecutrice di una deposizione intitolata
“Lamento sul Cristo Morto”, da offrire in dono a S.S. Giovanni Paolo II, in visita alla città. Nel 1992-1993 cura il totale allestimento della Cappella di Santa Maria Riparatrice nel centro storico di Firenze, per la quale  realizza le decorazioni interne ed esterne con vetrate artistiche policrome, un trompe l’oeil ed un altorilievo in terracotta. Nel 1996 è anche allieva del maestro e formatore Carlo Reggioli, con il quale si specializza nel campo della formatura.Dal 1996 al 1998 è docente dei corsi presso la scuola di Iconografia Sacra di Firenze in: “Scultura in terracotta”, “Cemento fuso”, “Formatura”Dal 1999 organizza ed effettua corsi di scultura in terracotta (bassorilievo, altorilievo e tuttotondo).
Nel 2002 cura il restauro  della  lunetta raffigurante  la  Madonna con Bambino e SS. Antonio e Bernardino all’interno del chiostro della chiesa di San Francesco in piazza Savonarola a Firenze.
Nel 2007 realizza un bassorilievo raffigurante la Madonna dell’Arena, che dona alla Chiesa di San Terenzo nel corso di una cerimonia durante la quale la scultura viene benedetta dal Vescovo di La Spezia – Sarzana – Brugnato, Mons. Bassano Staffieri.
Nel 2010/2011 realizza la Pala d’Altare in terracotta patinata (2 mt x 2 mt) per la chiesa di S. Pietro apostolo in Pozzuolo - Lerici (SP), benedetta dal nuovo Vescovo Diocesano, Mons.re Francesco Moraglia.
Collabora con vari architetti, curando le finiture di interni ed esterni, con bassorilievi su tematiche di interesse figurativo ed architettonico, sculture a tuttotondo e vetrate colorate.
La scultrice Stefania Gambardella ha al suo attivo numerose esposizioni sia personali che collettive, ha frequentato il conservatorio “Luigi Cherubini” di Firenze conseguendo il Diploma di Compimento Inferiore di pianoforte nell’A.A. 1986/87.


Ezia Di Capua

lunedì 26 settembre 2011

COLORI FORME E SENSI DELL’UMANO. Affinita’ Artistiche in Pittura

Tre pittori.
Premiati a Filattiera nella estemporanea del 22 maggio 2011. Hanno espresso l’apprezzamento e la valutazione i proff. Luciano Preti e Giuseppe Benelli. Nomi dei pittori: Giorgio Bracco (Imperia), Wilson Guevara (Firenze), Guido Topazio (Imperia). Onore al Comune di Lerici e alla Pro Loco di San Terenzo. Speciale menzione a Ezia Di Capua, direttrice della Sala Cargià e organizzatrice delle manifestazioni artistiche. Dall’aprile scorso si susseguono i programmi di Ezia: “Promozione Arte e Cultura 2011”. Quello di oggi è speciale: “Filattiera e San Terenzo: incontro nel nome dell’Arte”, con gli artisti premiati a Filattiera: primo Bracco, secondo Wilson, terzo Topazio. C’è tra di loro af-finità estetica.
Sono intervenuti Emanuele Fresco sindaco di Lerici, Lino Mori sindaco di Filattiera, l’assessore ai beni archeologici di Filattiera, dott.Sauro Pattazzoni, il presidente e vicepresidente della Pro Logo di San Terenzo, sigg. Leoncini e Sigali. Pubblico numeroso, tra cui Giobatta Framarin, Neddi Gian-rossi, Rosella Balsano, Vasco Bardi, Mario Orlandi. La presenza autorevole dei due sindaci ha con-fermato il valore della iniziativa destinata a restare nella memoria, nel nome dell’arte e dei valori custoditi a Filattiera e a San Terenzo, territori intensi di tradizioni storico-culturali. Giuseppe Luigi Coluccia, che ha parlato coi pittori della mostra, ha premesso alcune riflessioni sulla storia dei terri-tori feudali. Filattiera è di tradizioni Malaspiniane, risalenti a Obizzino, erede nel 1221 dei feudi sulla sinistra della Magra (eccetto Villafranca); il figlio Alberto, di Obizzino, fa nel 1275 una nuova ripartizione dei feudi dello Spino Fiorito: Filattiera, Verrucola, Olivola. Ancora nel 1351, altra ri-partizione, con annessi i feudi di Traschietto, Castiglione del Terziere, Malgrate, Bagnone. Altri possedimenti sono in Lombardia. Mulazzo è feudo dei Malaspina dello Spino Secco. Il passaggio dei secoli reca gioie e pene da questi Signori Malaspina di Filattiera, che passa prima sotto Firenze (1614), infine nel Settecento sotto il potere di Pontremoli. 
San Terenzo comprende due contrade “locum et villam”, dove poi fu sepolto San Terenzo. Siamo nelle voci della leggenda, quindi delle tradizioni letterarie. Terenzo è vescovo scozzese, che decide di venire a Roma per la via Francigena, ma preso viene ucciso e sepolto all’Avenza (Carrara). Altra voce vuole che la salma di Terenzo portata sul carro da due giovenchi, si fermi presso la villa del vescovo. Il vescovo di Luni, Gotifredo, riceve dall’imperatore Ottone II il feudo di San Terenzo (18 luglio 981), e una seconda volta la conferma viene da Federico I Barbarossa (29 luglio 1185). Il Ca-stello di San Terenzo, fattura più recente, fa bella figura con il Castello prestigioso di Lerici. Ma siamo già nel dominio di Genova!

Ora presentiamo la mostra
Colori, forme e sensi dell’umano pervadono le singole opere, che si ispirano alla pittura tradizionale, classica: il reale, la natura, la vita e ciò che nella vita ha riflesso, con uno specifico linguaggio; la luce si proietta sugli oggetti, anima e vivifica i colori, le forme della quotidiana figurazione. Come dice Vico nella Scienza nuova, “factum ipsum verum”,  l’oggetto cioè, l’evento, il monumento osservato è fonte di verità, di pensiero. Perciò, paesaggi, volti, piccola umanità del quotidiano, mare, monti, fiori, onde, ombre e nubi formano un poema naturale, storico e umano, che ritrae la condizione umana indubbiamente, è riflessione sul mondo. Insomma è pensiero. Se osserviamo le opere di Rembrandt o di Velasquez, siamo indotti a vedere nell’arte il processo di conoscenza del reale e dell’umano. Sono loro che hanno “tratteggiato una infinità di pensieri”, quasi senza pensarci, perché la forma è quella che produce emozione, prima ancora della riflessione sulla espressione artistica.
Il nostro è silenzio che vede.
E’ questo ce lo concedono i tre artisti qui presenti.
Ho considerato i singoli dipinti in esposizione e dico subito la mia percezione: ne ho tratto una e-mozione diretta, ma se mi rivolgo a ciascuno di loro, in questo momento, nessuno può impedirmi di esprimere che vedo in Giorgio, in Wilson e in Guido la rappresentazione del loro mondo, la sapienza, la poesia. Quindi il pensiero. Credo che in coloro che gli hanno promossi al premio della pittura, ci sia stata in qualche modo la spinta interiore, che premia appunto la emozione chiara e diretta. Quante volte abbiamo detto che una opera d’arte rappresenta una concezione della vita umana. Qui, non ci sono avanguardie, sperimentalismi, subconscio, psicologia, fumo negli occhi. Parliamo di forme e di colori che agitano la natura e ce la rappresentano in tre modi diversi, con proprio linguaggio.
Giorgio Bracco non ha ancora cinquant’anni – nato nel 1964.
La pittura per lui è passione e verifica. Si è a innamorarsi adolescente della figura, della natura, dei miti di Liguria; così, ha acquisito la tempra del pittore in cui emozione e ragione si abbracciano, proclamando il talento, la bravura, la professione del maestro. E non ha cinquant’anni. Insisto su questo. Siamo davanti a una personalità di artista che si è fatto da solo. Autodidatta, sì. Ma ricettivo al punto da appropriarsi le tecniche dell’arte e della luce, dell’acquerello e della tempra, dei colori a olio. Il procedimento di Bracco si basa sulla prospettiva e sul disegno, primo atto del suo prepararsi alla pittura, si concentra nello spazio dove la luce è il prodigio da cui emana la forma rappresentata, e i toni diventano gioco prediletto dei paesaggi, delle nature, delle cose che aprono alle scansioni liriche della visione. Dire che il pittore Bracco ama fare pittura “en plein air”, significa avvicinarlo agli impressionisti italiani (Signorini, Felice Del Santo, Quintino Seletti, ed altri di Lunigiana) i quali in ogni dipinto trasferiscono un frammento di emozione misto a verità interiore o sociale, e comunque umana. La pittura di Bracco rinserra nella bellezza della natura il suo vero. Elenco sem-plicemente alcuni suoi dipinti, a verifica: Paesaggio e Case, in cui mi colpisce la organicità croma-tica, la solarità, la tangibile realtà che rasenta la poesia. Un secondo dipinto può essere Paesaggio e Case 2, ma qui sembra che l’artista abbia voluto procedere con l’acquerello, imprimendo maggiore splendore e dolcezza alla scena di alberi e colline e case tuffate nel sole: l’ocra domina gli spazi nel gioco del chiaroscuro. Vicolo, dipinto che denota l’anima del pittore aleggiante sui colori che hanno come sorgiva la luce, nel centro, e poi degrada nel cupo. Altro dipinto “arche e vele al tramonto, in un roseo struggente, il mare mosso, acceso e cupo; cielo e mare quasi si fondono nell’allegoria del tramonto. Altri dipinti: Vele col chiaro della luce, Nudo femminile, che posa in dolcezza; infine, Campagna, con un lirismo che evoca quello del mare.
Wilson Guevara, di Cartagena de Indias (Colombia). Nato il 5 dicembre 1975, è giovane con tanta vita davanti. I primi studi all’Accademia de Arte Guerre di Bogotà dal 1992 al 1996, coi maestri David Mansur, Dario Ortiz, Alfredo Araujo Santojo, Jaime Zarate Valer. La pittura a carboncino, a olio e in altre tecniche sono il suo forte. Nel 2007 passa a Firenze, all’Accademia di Belle Arti. Ha forte desiderio di apprendere dai grandi maestri dell’arte italiana e dai Musei. Nel 2010 è pittore professionista, diplomato. Ha uno studio dove insegna, nel centro storico di Firenze.
Prevalente è il suo interesse al nudo e al volto umano, dove evoca l’impronta classica e plastica della pittura antica. Ne è documento il ritratto, dove la figura è colta nelle espressioni tipiche e psico-logiche, con dovizia di particolari. Le “nature” sono il secondo aspetto di questo estetica di Guevara, insieme al rilevato approccio al paesaggio. Ad esempio, Wilson ha straordinaria fiducia nella ripresa della pittura realista; non gli interessano i modelli, ma la verità contenuta in essi. Per questo, il suo agio è stare a contatto coi maestri impressionisti italiani e francesi dell’Ottocento e Novecento. Predilige l’opera di John Singer Sargent (1856-1925) e di Adolf William Bougereau (1825-1905). Sono artisti che concepiscono la pittura in rapporto col la vita, l’arte col pensiero, e abbracciano molteplici problemi della esistenza, inclusa la mitologia. La ritrattistica ancora più suggestivamente attrae Wilson nel terreno del vero. E ha ragione quando spera che la pittura ritornerà nei solchi della classicità. Mi fermo solo sul dipinto “Ponte Vecchio a Firenze”:  impressiona l’aria di silenzio che avvolge i palazzi, con quei panni ad asciugare e con quella luce che scende all’alto e si mescola ai riflessi luminosi che vengono da destra. Un’opera eloquente, classica, solare, che trasmette intensa emozione grazie al chiaroscuro ocra nel mezzo e nei primi piani del dipinto. Altri dipinti: Natura, Volto, Nudo maschile, Casolari, Ritratto della compagna.
Guido Topazio, di Imperia, si conosce con Bracco: abitano quasi vicino. Si frequentano.
E’ u maestro dell’acquerello, e i dipinti in mostra lo accreditano con limpidezza e sentire lirico.
E’ giovanile questo pittore, ci diletta con gli acquerelli, in cui respira tanta aria naturale, tanta sen-timento e immaginazione. Ha scelto l’impressionismo per una questione di concretezza artistica, considerato che la nostra arte occidentale attraversa vari problemi. Guido è contro lo sperimentali-smo delle avanguardie. La sua classicità è anche concretezza della pittura, che sa parlare di emozione e di immersione nella vita quotidiana. “Dalle colline al mare”, vogliamo chiamare questo dipinto che ci colma di serenità e di dolcezza negli spazi bianchi, estesi, prima di darci la visione di queste colline e di questo mare. Il cielo è spruzzato di azzurro, al centro stanno le colline verdi, in primo piano il lieve movimento d’acque del mare. Probabilmente anche lui ha iniziato presto la pittura: questo suo proiettarsi alle estemporanee ci dice la curiosità di confrontarsi con i colleghi in arte, ha fatto scelte concrete in difesa del classico in arte. Usa con grande bravura varie tecniche – acquerel-lo, pastello, olio – e nei dipinti si nota la raffinatezza delle forme, piene di pathos e di luce. Ha par-tecipato a vari certami d’arte, in cui il confronto con gli altri è stato prevalente, armonioso e istrutti-vo. Diamo a Topazio piena approvazione delle scelte fatte e del suo istintivo amore alla pittura, cioè alla bellezza di cui è colmante la sua Liguria. In questa mostra è presente con una decina di dipinti: Mare, Fiori, Nevicata, Paesaggio solare. E una serie di minipitture acquerello, in cui conferma la propria liricità cromatica.
Prof. Giuseppe L. Coluccia

IN SALA CARGIA’ : SAN TERENZO E FILATTIERA GEMELLAGGIO IN NOME DELL’ARTE.

Splendida l’inaugurazione della Collettiva di pittura “ I territori si incontrano in nome dell’arte” che sabato 24 settembre alle ore 11:00, si è svolta in Sala CarGià.

Giorgio Bracco

Elegante l’allestimento realizzato dai pittori Giorgio Bracco, di Imperia Willson Guevara di Firenze e Guido Topazio di Imperia, artisti vincitori all’estemporanea di Filattiera del 22 maggio scorso, ospiti di Sala Cargia’, che per quell’occasione, ha promosso il suo PREMIO  SPECIALE offrendo agli artisti vincitori  dell’estemporanea “Scorci di Filattiera” la possibilità di esporre i in galleria  le loro opere nella “ Collettiva di fine estate” che conclude così in bellezza la PRIMA “ Stagione  in arte dedicata a Carla Gallerini “.
Molti gli applausi riservati al Sindaco di Lerici Emanuele Fresco e al Sindaco di Filattiera Lino Mori che dinnanzi alle porte di Sala CarGia’ – Galleria d’Arte si sono stretti la mano nell’intesa comune di vedere uniti i due territori attraverso l’arte ma anche attraverso il riconoscimento  dato dalla loro autorità.
Ezia Di Capua, che ha ideato, organizzato e realizzato il progetto ha ringraziato i presenti e quanti hanno contribuito alla realizzazione del progetto. Un ringraziamento particolare è stato esteso al Sindaco E.Fresco e al Sindaco Lino Mori ma anche ai Presidenti delle rispettive ProLoco e al Presidente dell’Associazione Culturale Kuaiko e quanti,nell’ambito della “Promozione Arte e Cultura 2011”  hanno contribuito a diffondere informazione relativamente agli eventi svolti in Sala CarGià e perciò sono stati nominati i  giornalisti e le Redazioni dei quotidiani  “La Nazione” e  “Il Secolo XIX”.
Le Redazioni dei quotidiani on line: “Il Secolo XIX rubrica digitale”, “Città della Spezia”, “Cronaca4” e ”libero 24x7”
Wilson Guevara
La radio “Astroradio”, la Redazione dell’emittente televisiva  Teleliguriasud TG di La Spezia, sono stati ringraziati tutti i siti amici on line e in modo particolare, Art  Open Space, Exibart,  Arte sacra Contemporanea, Fotoart  e Salisnet….e naturalmente il grazie a tutti gli artisti partecipanti alla Rassegna e ai critici d’arte che con la loro opera hanno illuminato le caratteristiche artistiche dei pittori.
Il critico d’arte prof Giuseppe Luigi Coluccia si è complimentato a lungo con Guevara, Topazio e Bracco elogiando la loro tecnica di pittura, la capacità di espressione e la passione con cui affrontano  la loro crescita pittorica.
Ha inoltre aperto un’interessante approfondimento relativo alle discordie che in passato hanno visto primi attori i due territori sottolineando l’importanza che ha avuto storicamente, per essi, la famiglia Malaspina, infatti, dei suoi vari discendenti nel 1220 erano viventi i soli Corrado e Opizzino, confermati dall’imperatore nei loro feudi invero alquanto ridotti per le cessioni fatte specie a Piacenza. Nel 1221 essi divisero le loro signorie: Corrado ebbe la Lunigiana a ovest del Magra e la val Trebbia in Lombardia, dando origine al ramo dello Spino Secco; Opizzino ebbe la Lunigiana a est del Magra e la valle Staffora in Lombardia, dando origine al ramo dello Spino Fiorito
Bella allora questa stretta di mano tra i signori Sindaci e ancor più significativo questo gemellaggio artistico autorevolmente riconosciuto.
All’inaugurazione presenti  quindi molte autorità: il Sindaco di Lerici Ing. Emanuele Fresco, il Sindaco di Filattira Dr. Lino Mori, il Presidente della ProLoco di Filattiera Sig Leoncini, il Vice Presidente della ProLoco di San Terenzo Sig. Sigali, L’Assessore di Filattiera al bilancio e ai beni archeologici e culturali dott Sauro Pattazzoni, Il Presidente dell’Associazione Culturale Kuaiko di Filattiera Avv. Massimo Pinza, GioBatta Framarin, direttore artistico dell’Associazione Culturale San Martino di Durasca di Follo, rappresentanti di Associazioni sportive, e un pubblico nutrito di pittori e scultori, il poeta Vasco Bardi, lo scrittore Giovanni Bilotti il critico d’arte Mario Orlandi.
Guido Topazio
Una collettiva di grande pregio di grande valore artistico, piacevole da visitare.
Un viaggio ritmico continuo nel mondo dell’arte ciò che continua ad offrire Sala CarGia’- Galleria d’Arte che in questa occasione ha ribadito l’intento di realizzare per il prossimo anno, visto il successo ottenuto, la “Stagione in Arte dedicata a Carla Gallerini” nell’ ambito della “Promozione Arte e Cultura 2012”
Di seguito un’analisi degli artisti:
GIORGIO BRACCO,
Giorgio Bracco nasce ad Imperia nel 1964 dove vive  e si dedica con passione all’arte pittorica. Si affaccia nel mondo dell’arte all’età di 13 anni partecipando alle varie estemporanee in Liguria ottenendo  successi sempre più meritevoli che lo porteranno a sconfinare in tutto il nord Italia. Autodidatta, denota ampia capacità nell’uso di varie tecniche:acquarello, tempera, olio. Paesaggista  ed amante del plen air, raffigura i soggetti con sensibilità impressionistica,  suggerendo all’osservatore vitalità e vibrazioni esaltanti. Così si decscrive lo stesso artista, che mi invia poche righe che vorrebbero tracciare il suo profilo artistico, io in realtà ho scoperto, attraverso la sua conoscenza e la visione dei suoi quadri uno spirito sensibile, una forza e una intraprendenza insolita che traspare evidentemente  nelle sue opere. Bracco dipinge per passione, da sempre si potrebbe dire, che per lui dipingere è  gioia, è il sole è il vento, è la forza della vita.   
Carattere deciso, positivo che facilmente si legge nelle sue tele dove vele tenaci combattono l’impeto del vento o dove tiepida si respira l’aria all’ombra dei suoi verdi così bucolici, così invitanti.
La sua pittura è decisa, rapida,incline a fissare la magia dell’attimo.
La  spatola, i pennelli, si rivelano non strumenti ma parte stessa dell’artista. 

WILLSON OSWALDO GUEVARA DIAZ
Splendidi i quadri di Wilson Guevara che, abile, maestro nell’arte, si esprime attraverso una pittura raffinata, elegante .
Ecco allora rivelarsi l’artista attraverso tele importanti dal sapore unico, intense e imponenti nei colori scuri, nelle trasparenze sottili.  Eccellente  il risultato dell’istallazione curata dallo stesso artista.
Le opere di Guevara  ci riportano magicamente nelle sale dei musei, ad apprezzare la pittura vera, quella che stupisce per la sorprendente perfezione dei particolari, che si avvicina al vero.
Lo opere sono abile amalgama di fascino e di colore, questo, mai esagerato ma, sentito, studiato nella luce nei toni.
I  colori carnei  dei corpi che sorprendono per le pose che rivelano esse stesse movimento e incutono riflessione e meditazione ,   ci parlano dell’amore e della serietà con cui Guevara affronta la sua professione di pittore.
Artista sensibile, instancabile, vivace teso alla ricerca, allo studio di sé attraverso i maestri dell’arte ha mostrato a pieno le sue capacità dipingendo in tempo brevissimo un amabile scorcio proprio di fronte a Sala CarGià suscitando critica assai positiva tra tutti i presenti 
Wilson Guevara, nato a Cartagena de Indias, Colombia, il 5 dicembre 1975, comincia a studiare arte a 16 anni, presso l’Accademia de Arte Guerrero a Bogotà (Colombia), che frequenta dal 1992 al 1996. Si è specializzato con diversi maestri, tra cui David Manzur, Dario Ortiz, Alfredo Araujo Santojo, Nicolas Uribe Benignof, Jaime Zarate Valer,  imparando disegno al carboncino, pittura ad olio e tecniche diverse. Nel 2007 entra alla Florence Accademy of Art;  la scelta di frequentare questa scuola è nata in lui dall’esigenza di crescere ulteriormente dal punto di vista pittorico, perfezionare il proprio lavoro dal punto di vista tecnico ma anche apprendere dai grandi maestri dei musei.
Guevara, ha un percorso di studi e formazione interessante, si è diplomato a Firenze nel 2010 al  THE FLORENCE ACADEMY OF ART: Professional Realistic Painter, nel 2006 Corso di ritratto ad olio all’ ACADEMIA NACIONAL DE CARICATURA,
XI CATEDRA INTERNACIONAL DE ARTE LUIS ANGEL ARANGO: Marta Traba, Y las batallas del Arte en Latino america Bogota, Colombia, 19/22 settembre 2006.
MUSEO NACIONAL BELLAS ARTES: studio di sculture dell'epoca dell'accademia - Santiago, Cile, maggio 2005
ACADEMIA FABULA: Corso di tecnica mista, anatomia, prospettiva, ritratto a disegno e a pittura ad olio
Bogota, Colombia, 2003 - 2006
MUSEO DE ARTE MODERNO DE BOGOTA: David Manzur, La tecnica nelle arti visuali - Bogota, Colombia, 16/18 maggio 2001.
ACADEMIA DE ARTES GUERRERO: disegno dal vero, pittura ad olio, scultura, incisione, storia dell'arte e fotografia
Bogota, Colombia, 1992 - 1996
WILLSON OSWALDO GUEVARA DIAZ insegna pittura nel suo Atelier di Firenze. E’ stato insegnante a Bogota Colombia all’Accademia de caricatura.
Rappresentante - responsabile dimostrazioni e tecniche a PITTURE TALENS Bogota, Colombia, 2006 - 2007
Insegnante in  ACADEMIA FABULA Bogotà, Colombia, 2003
Direttore/insegnante ACADEMIA LA PALETA MAESTRA Bogota, Colombia, 2002 - 2003
Insegnante ESCUELA DE POLICIA SIMON BOLIVAR Manizales, Colombia 2001
Insegnante INPEC BUEN PASTOR Bogota Colombia
Insegnante COORPORACION UNIVERSITARIA IDEAS Bogota colombia 2005

GUIDO TOPAZIO
Guido Topazio, pittore impressionista è appassionato di pittura "en plein air". Partecipa attivamente a  concorsi di pittura estemporanea in tutta Italia
Capace con cromatismi vivaci di cogliere il movimento delle forme.
Pittore versatile, pronto a sperimentare i tecniche differenti, pastello, acquerello, olio.
E'stato premiato ad innumerevoli concorsi di pittura ed ha al suo attivo molte mostre personali e collettive.
Bravo Guido Topazio, pittore appassionato, personalità estroversa, dinamico, intelligente nella scelta dei temi leggibili negli acquerelli leggeri, perfetti nei toni, evanescenti, liberi, freschi in tutti i toni dell’azzurro.
Un pittore completo, che si esprime  abilmente con varie tecniche mostrando sempre la gentilezza del tratto e la ricerca dell’attimo, della luce, dell’equilibrio della composizione e dei colori.


La Collettiva “I territori si incontrano in nome dell’arte “ rimarra’ in mostra sino al 1 ottobre
Osservando il seguente orario:
Tutti i giorni, festivi compresi dalle ore 17:00 alle 19:00

Ezia Di Capua
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