Premiati a Filattiera nella estemporanea del 22 maggio 2011. Hanno espresso l’apprezzamento e la valutazione i proff. Luciano Preti e Giuseppe Benelli. Nomi dei pittori: Giorgio Bracco (Imperia), Wilson Guevara (Firenze), Guido Topazio (Imperia). Onore al Comune di Lerici e alla Pro Loco di San Terenzo. Speciale menzione a Ezia Di Capua, direttrice della Sala Cargià e organizzatrice delle manifestazioni artistiche. Dall’aprile scorso si susseguono i programmi di Ezia: “Promozione Arte e Cultura 2011”. Quello di oggi è speciale: “Filattiera e San Terenzo: incontro nel nome dell’Arte”, con gli artisti premiati a Filattiera: primo Bracco, secondo Wilson, terzo Topazio. C’è tra di loro af-finità estetica.
Sono intervenuti Emanuele Fresco sindaco di Lerici, Lino Mori sindaco di Filattiera, l’assessore ai beni archeologici di Filattiera, dott.Sauro Pattazzoni, il presidente e vicepresidente della Pro Logo di San Terenzo, sigg. Leoncini e Sigali. Pubblico numeroso, tra cui Giobatta Framarin, Neddi Gian-rossi, Rosella Balsano, Vasco Bardi, Mario Orlandi. La presenza autorevole dei due sindaci ha con-fermato il valore della iniziativa destinata a restare nella memoria, nel nome dell’arte e dei valori custoditi a Filattiera e a San Terenzo, territori intensi di tradizioni storico-culturali. Giuseppe Luigi Coluccia, che ha parlato coi pittori della mostra, ha premesso alcune riflessioni sulla storia dei terri-tori feudali. Filattiera è di tradizioni Malaspiniane, risalenti a Obizzino, erede nel 1221 dei feudi sulla sinistra della Magra (eccetto Villafranca); il figlio Alberto, di Obizzino, fa nel 1275 una nuova ripartizione dei feudi dello Spino Fiorito: Filattiera, Verrucola, Olivola. Ancora nel 1351, altra ri-partizione, con annessi i feudi di Traschietto, Castiglione del Terziere, Malgrate, Bagnone. Altri possedimenti sono in Lombardia. Mulazzo è feudo dei Malaspina dello Spino Secco. Il passaggio dei secoli reca gioie e pene da questi Signori Malaspina di Filattiera, che passa prima sotto Firenze (1614), infine nel Settecento sotto il potere di Pontremoli.
San Terenzo comprende due contrade “locum et villam”, dove poi fu sepolto San Terenzo. Siamo nelle voci della leggenda, quindi delle tradizioni letterarie. Terenzo è vescovo scozzese, che decide di venire a Roma per la via Francigena, ma preso viene ucciso e sepolto all’Avenza (Carrara). Altra voce vuole che la salma di Terenzo portata sul carro da due giovenchi, si fermi presso la villa del vescovo. Il vescovo di Luni, Gotifredo, riceve dall’imperatore Ottone II il feudo di San Terenzo (18 luglio 981), e una seconda volta la conferma viene da Federico I Barbarossa (29 luglio 1185). Il Ca-stello di San Terenzo, fattura più recente, fa bella figura con il Castello prestigioso di Lerici. Ma siamo già nel dominio di Genova!
Ora presentiamo la mostra
Colori, forme e sensi dell’umano pervadono le singole opere, che si ispirano alla pittura tradizionale, classica: il reale, la natura, la vita e ciò che nella vita ha riflesso, con uno specifico linguaggio; la luce si proietta sugli oggetti, anima e vivifica i colori, le forme della quotidiana figurazione. Come dice Vico nella Scienza nuova, “factum ipsum verum”, l’oggetto cioè, l’evento, il monumento osservato è fonte di verità, di pensiero. Perciò, paesaggi, volti, piccola umanità del quotidiano, mare, monti, fiori, onde, ombre e nubi formano un poema naturale, storico e umano, che ritrae la condizione umana indubbiamente, è riflessione sul mondo. Insomma è pensiero. Se osserviamo le opere di Rembrandt o di Velasquez, siamo indotti a vedere nell’arte il processo di conoscenza del reale e dell’umano. Sono loro che hanno “tratteggiato una infinità di pensieri”, quasi senza pensarci, perché la forma è quella che produce emozione, prima ancora della riflessione sulla espressione artistica.
Il nostro è silenzio che vede.
E’ questo ce lo concedono i tre artisti qui presenti.
Ho considerato i singoli dipinti in esposizione e dico subito la mia percezione: ne ho tratto una e-mozione diretta, ma se mi rivolgo a ciascuno di loro, in questo momento, nessuno può impedirmi di esprimere che vedo in Giorgio, in Wilson e in Guido la rappresentazione del loro mondo, la sapienza, la poesia. Quindi il pensiero. Credo che in coloro che gli hanno promossi al premio della pittura, ci sia stata in qualche modo la spinta interiore, che premia appunto la emozione chiara e diretta. Quante volte abbiamo detto che una opera d’arte rappresenta una concezione della vita umana. Qui, non ci sono avanguardie, sperimentalismi, subconscio, psicologia, fumo negli occhi. Parliamo di forme e di colori che agitano la natura e ce la rappresentano in tre modi diversi, con proprio linguaggio.
Giorgio Bracco non ha ancora cinquant’anni – nato nel 1964.
La pittura per lui è passione e verifica. Si è a innamorarsi adolescente della figura, della natura, dei miti di Liguria; così, ha acquisito la tempra del pittore in cui emozione e ragione si abbracciano, proclamando il talento, la bravura, la professione del maestro. E non ha cinquant’anni. Insisto su questo. Siamo davanti a una personalità di artista che si è fatto da solo. Autodidatta, sì. Ma ricettivo al punto da appropriarsi le tecniche dell’arte e della luce, dell’acquerello e della tempra, dei colori a olio. Il procedimento di Bracco si basa sulla prospettiva e sul disegno, primo atto del suo prepararsi alla pittura, si concentra nello spazio dove la luce è il prodigio da cui emana la forma rappresentata, e i toni diventano gioco prediletto dei paesaggi, delle nature, delle cose che aprono alle scansioni liriche della visione. Dire che il pittore Bracco ama fare pittura “en plein air”, significa avvicinarlo agli impressionisti italiani (Signorini, Felice Del Santo, Quintino Seletti, ed altri di Lunigiana) i quali in ogni dipinto trasferiscono un frammento di emozione misto a verità interiore o sociale, e comunque umana. La pittura di Bracco rinserra nella bellezza della natura il suo vero. Elenco sem-plicemente alcuni suoi dipinti, a verifica: Paesaggio e Case, in cui mi colpisce la organicità croma-tica, la solarità, la tangibile realtà che rasenta la poesia. Un secondo dipinto può essere Paesaggio e Case 2, ma qui sembra che l’artista abbia voluto procedere con l’acquerello, imprimendo maggiore splendore e dolcezza alla scena di alberi e colline e case tuffate nel sole: l’ocra domina gli spazi nel gioco del chiaroscuro. Vicolo, dipinto che denota l’anima del pittore aleggiante sui colori che hanno come sorgiva la luce, nel centro, e poi degrada nel cupo. Altro dipinto “arche e vele al tramonto, in un roseo struggente, il mare mosso, acceso e cupo; cielo e mare quasi si fondono nell’allegoria del tramonto. Altri dipinti: Vele col chiaro della luce, Nudo femminile, che posa in dolcezza; infine, Campagna, con un lirismo che evoca quello del mare.
Wilson Guevara, di Cartagena de Indias (Colombia). Nato il 5 dicembre 1975, è giovane con tanta vita davanti. I primi studi all’Accademia de Arte Guerre di Bogotà dal 1992 al 1996, coi maestri David Mansur, Dario Ortiz, Alfredo Araujo Santojo, Jaime Zarate Valer. La pittura a carboncino, a olio e in altre tecniche sono il suo forte. Nel 2007 passa a Firenze, all’Accademia di Belle Arti. Ha forte desiderio di apprendere dai grandi maestri dell’arte italiana e dai Musei. Nel 2010 è pittore professionista, diplomato. Ha uno studio dove insegna, nel centro storico di Firenze.
Prevalente è il suo interesse al nudo e al volto umano, dove evoca l’impronta classica e plastica della pittura antica. Ne è documento il ritratto, dove la figura è colta nelle espressioni tipiche e psico-logiche, con dovizia di particolari. Le “nature” sono il secondo aspetto di questo estetica di Guevara, insieme al rilevato approccio al paesaggio. Ad esempio, Wilson ha straordinaria fiducia nella ripresa della pittura realista; non gli interessano i modelli, ma la verità contenuta in essi. Per questo, il suo agio è stare a contatto coi maestri impressionisti italiani e francesi dell’Ottocento e Novecento. Predilige l’opera di John Singer Sargent (1856-1925) e di Adolf William Bougereau (1825-1905). Sono artisti che concepiscono la pittura in rapporto col la vita, l’arte col pensiero, e abbracciano molteplici problemi della esistenza, inclusa la mitologia. La ritrattistica ancora più suggestivamente attrae Wilson nel terreno del vero. E ha ragione quando spera che la pittura ritornerà nei solchi della classicità. Mi fermo solo sul dipinto “Ponte Vecchio a Firenze”: impressiona l’aria di silenzio che avvolge i palazzi, con quei panni ad asciugare e con quella luce che scende all’alto e si mescola ai riflessi luminosi che vengono da destra. Un’opera eloquente, classica, solare, che trasmette intensa emozione grazie al chiaroscuro ocra nel mezzo e nei primi piani del dipinto. Altri dipinti: Natura, Volto, Nudo maschile, Casolari, Ritratto della compagna.
Guido Topazio, di Imperia, si conosce con Bracco: abitano quasi vicino. Si frequentano.
E’ u maestro dell’acquerello, e i dipinti in mostra lo accreditano con limpidezza e sentire lirico.
E’ giovanile questo pittore, ci diletta con gli acquerelli, in cui respira tanta aria naturale, tanta sen-timento e immaginazione. Ha scelto l’impressionismo per una questione di concretezza artistica, considerato che la nostra arte occidentale attraversa vari problemi. Guido è contro lo sperimentali-smo delle avanguardie. La sua classicità è anche concretezza della pittura, che sa parlare di emozione e di immersione nella vita quotidiana. “Dalle colline al mare”, vogliamo chiamare questo dipinto che ci colma di serenità e di dolcezza negli spazi bianchi, estesi, prima di darci la visione di queste colline e di questo mare. Il cielo è spruzzato di azzurro, al centro stanno le colline verdi, in primo piano il lieve movimento d’acque del mare. Probabilmente anche lui ha iniziato presto la pittura: questo suo proiettarsi alle estemporanee ci dice la curiosità di confrontarsi con i colleghi in arte, ha fatto scelte concrete in difesa del classico in arte. Usa con grande bravura varie tecniche – acquerel-lo, pastello, olio – e nei dipinti si nota la raffinatezza delle forme, piene di pathos e di luce. Ha par-tecipato a vari certami d’arte, in cui il confronto con gli altri è stato prevalente, armonioso e istrutti-vo. Diamo a Topazio piena approvazione delle scelte fatte e del suo istintivo amore alla pittura, cioè alla bellezza di cui è colmante la sua Liguria. In questa mostra è presente con una decina di dipinti: Mare, Fiori, Nevicata, Paesaggio solare. E una serie di minipitture acquerello, in cui conferma la propria liricità cromatica.
Prof. Giuseppe L. Coluccia
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