Sezione Eventi Artistici e Culturali
Ospitiamo con piacere
l’intervento di Valerio P. Cremolini, intitolato L’autunno dei poeti e dei pittori, svolto all’inaugurazione della
collettiva Impressioni d’autunno,
visitabile sino al 23 ottobre p.v. nella sede del Circolo culturale “A.Del
Santo” (via don Minzoni, 62 ).
La collettiva
comprende dipinti e sculture di Rosella Balsano,Guido Barbagli, Debora
Bellante, Luigina Bo, Antonella Boracchia, Ferdinando Brogi, Ezia Di Capua,
Umberta Forti, Pina Gentile, Neddi Gianrossi, Anna Maria Giarrizzo, Gloria
Giuliano, Enrico Imberciadori, Mario Maddaluno, Marisa Marino, Nina Meloni,
Fabrizio Mismas, Pierluigi Morelli,Graziella Mori, Franco Ortis, Maria Pia
Pasquali, Marina Passaro, Maria Luisa Petri, Mirella Raggi, Rosa Maria
Santarelli, Giovanni Santernetti, Maria
Rosa Taliercio e Carlo Vignale.
Gustave Courbet Il bosco in autunno 1841 |
Personalmente
non saprei dire quale delle quattro stagioni sia la mia preferita. Tutte mi
suggeriscono pensieri spontanei. Senza dimenticare che anch’esse sono
contagiate da una sorta di pazzia in quanto certe giornate invernali sembrano
primaverili, giornate autunnali sembrano estive o invernali. Ovviamente tale
situazione è reciproca. Gli esempi che riguardano la loro assidua variabilità
sono numerosi e rientrano nell’ambito del mutamento climatico che investe la Terra. Per taluni, poi,
il cambiamento delle stagioni causa effetti fisiologici, talvolta non
trascurabili. Più semplicisticamente sembra che le stagioni amino emularsi
l’una con l’altra ed allora non ci si raccapezza più.
Devo
dire sull’autunno. I suoi colori compongono una tavolozza davvero speciale.
All’autunno sono riferiti cieli tersi, così sono l’aurora ed il crepuscolo, ma
anche grigi. Inoltre la natura incanta. Quante volte abbiamo raccolto manciate
di foglie di svariate dimensioni e forme rimanendo stupiti dalla pacatezza
delle sfumature del giallo, del rosso, del verde, ecc. L’animo romantico di
poeti, pittori e musicisti ha accolto tale visione come momenti di profondo
esame interiore e di spinta alla creatività, feconda e stimolante. Poi, l’equilibrio
che si riconosce all’autunno dovrebbe coinvolgere positivamente noi tutti.
È
comune evocare nell’autunno una metafora della vita, in cui la giovinezza
svanisce e ci si avvicina in un tempo realisticamente invernale: quello della
vecchiaia. Scrive però il cardinale Gianfranco Ravasi che “come per l'autunno,
ci sono segni di fascino e di bellezza anche in questa fase dell'esistenza c'è
una lezione di vita da offrire. È ridicolo – ammonisce - tentare di vestirci
come la primavera, ossia imitando i giovani, oppure ritenendo di essere in
piena estate, come se si fosse gli adulti maturi ed efficienti di ieri.
Bisogna, invece, essere se stessi, capaci di riflessione e di quiete, pronti ad
accogliere e a vivere questa stagione tenue e delicata”. (Avvenire, 22/09/2005). Non parlerò in quanto non ne posseggo la
competenza adeguata sul concerto in Fa maggiore per violino, archi e
clavicembalo dedicato da Antonio Vivaldi (1678-1741) all’Autunno e compreso nelle Quattro stagioni. L’amico scultore
Fabrizio Mismas, qui presente, potrebbe intrattenerci lungamente sul festoso
allegro iniziale, che evoca, tra l’altro, il gioviale rito della vendemmia,
celebrato da non pochi poeti.
È
dell’autunno dei poeti, di alcuni poeti, a cui intendo riferirmi, richiamando
subito il clima sereno che avvolge la vita normale di San Martino, ameno e profumato quadretto di Giosuè Carducci
(1835-1907), ma anche appropriata sintesi delle varie età della persona:
l’infanzia, la giovinezza, la maturità “autunnale” e, infine, il “vespero migrar”
verso la fine della vita.
Non
diversamente Salvatore Quasimodo (1901-1968) invita alla riflessione interiore,
molto consueta nei poeti, nella brevità della lirica Già la pioggia è con noi, sostando sul tempo, che passa inesorabilmente (“Ancora un anno è
bruciato”). Così Paul Verlaine (1844-1896), esponente della corrente decadente-simbolista trasferisce in Violini d’autunno la tristezza del suo
cuore nel simbolo della foglia morta, trascinata dal vento “di qua e di là”.
Anni prima Giacomo Leopardi (1798-1837) coglie la medesima fragilità nella
poesia La foglia morta (“Seco
perpetuamente/vo pellegrina e tutto l'altro ignoro”.) e con lei quella
dell’intera umanità, travolta dal corso ineluttabile della natura. Quello
leopardiano è un autunno silenzioso dai contorni angoscianti. Di tutt’altro
respiro è la sensazione della foglia che propone la poetessa Ada Negri
(1870-1945), che ai miei tempi s’incontrava già nelle scuole elementari, in Pensiero d’autunno. Le foglie “Tremano,
sì, ma non di pena: è tanto/limpido il sole, e dolce il distaccarsi/dal ramo,
per congiungersi alla terra”.
Il
paesaggio autunnale, paesaggio dell’anima, non è turbato, nemmeno
dall’inevitabile distacco dalla vita, tanto che Ada Negri paragona l’agonia ad
una “mite aurora”, che ci condurrà ad
abbracciare l’amore di Dio. Anche Giuseppe Ungaretti (1888-1970) recupera in Soldati la precarietà della foglia,
sbattuta dal vento autunnale, che muore, analogamente al soldato colpito a
morte. (“Si sta come/ d'autunno/sugli alberi/le foglie”).
Termino
la parentesi poetica sull’autunno, consapevole di averla soltanto
frettolosamente sfiorata, con le poesie Autunno
e Ottobre di Vincenzo Cardarelli
(1887-1959), intrise di tenerezza e di malinconia. L’autunno è anticipato nel
“vento d’agosto”, nelle “piogge di settembre” e da “un sole smarrito”. Scrive,
ancora, Cardarelli che “Niente più mi somiglia,/nulla più mi consola,/di
quest'aria che odora/di mosto e di vino,/di questo vecchio sole ottobrino/che
splende sulle vigne saccheggiate”. Boris Pasternak (1890-1960), invece, si
sofferma ad ammirare il Bosco d’autunno,
titolo di una sua poesia, dominato da “buio, sogno e quiete”. Le stagioni
passano, l’autunno anticipa l’inverno e così si rinnova il dualismo
“maturità-vecchiaia” pertinente a ciascuno di noi.
Ed eccomi, rapidamente, all’autunno nella
pittura, non meno affollata di superbe testimonianze di illustri artisti. Tanto
numerose che non sarebbe sufficiente una sola conferenza per mostrare e
commentare le decine di tele, che trasferiscono compiutamente la sensazione del
tempo autunnale.
Sono
compatibili con le condizioni climatiche della citata stagione i magnifici e suggestivi studi di
Joseph Turner (1775-1852) e John
Constable (1776-1837), che in Pioggia,
vapore e velocità (1844) e Nuvole (1822),
danno visibilità dei fenomeni naturali, evidenziandone la grandiosità in
confronto alla limitatezza dell’uomo.
Penso anche a L’Angelus (1857) di Jean-François Millet (1814-1875), mesta veduta
della campagna con al centro due contadini in religioso raccoglimento. Ma,
andando indietro nel tempo, incuriosisce non poco L’Autunno
(1573) di Giuseppe Arcimboldo
(1526-1593), singolare melange di pere, mele, fichi, melagrana, uva, zucca,
grano e ricci di castagna. Non molti anni dopo il genovese Domenico Piola (1627-1703),
più volte presente nella provincia spezzina, affresca nel 1687-88 le stagioni
nella sale di Palazzo Rosso a Genova e nell’Autunno
del pittore è protagonista Bacco, dio del vino, affiancato dalla sposa
Ariana.
La
mia carrellata accoglie Gustave Courbet (1819-1877) con Il bosco in autunno (1841), dipinto ricco di vegetazione, di alberi
e delle consuete foglie rossicce; l’impressionista Alfred Sisley (1839-1899)
con Autunno-La Senna presso Bougival (1873), luminosa e riposante
veduta autunnale, che si staglia nel cielo pulito; il suo collega Claude Monet (1840-1926), che
dipinge, tra l’altro, Autunno in
Argenteuil (1873), amena località dove lavorava con Édouard Manet
(1832-1883) e Auguste Renoir (1841-1919). Monet ci fa respirare aria autunnale
nell’esuberante cromatismo della tela Il
sentiero delle rose. Giardino di Giverny (1920-22), piccolo paese sulla
riva della Senna, dove abitò e morì, e con I
pioppi (1891), tema più volte
raffigurato tra luce soffusa e foschia autunnale; Paul Gauguin (1848-1903) con la Donna bretone con una brocca, ideale
tavolozza autunnale che documenta un anno, il 1888, che censisce i duri
contrasti con l’amico Van Gogh. Tre anni dopo Gauguin partirà per Tahiti.
Vincent
Van Gogh (1853-1890), che per vari motivi convive spesso con l’uggiosità tipica
di molte giornate autunnali, nella tela Paesaggio d’autunno (1885) trasferisce
l’atmosfera della stagione tramite verdi, gialli, grigi e un azzurro
incontaminato con cui celebra l’infinità del cielo, mentre una figura sembra spegnersi
in lontananza. L’analogo cielo rabbuiato
incombe nella veduta tipicamente autunnale di Giuseppe de Nittis
(1846-1884), impressionista barlettano in quel di Parigi, La traversata dell’Appennino (1867), riferimento tangibile della
tela di Telemaco Signorini (1835-1901), intitolata Novembre
(1870), che il pittore macchiaiolo incornicia in una giornata piovosa dalla
luce fosca. Non sfugge l’accentuazione intimistica appartenente anche
all’esperienza pittorica di Antonio Fontanesi (1818-1882), che in vari dipinti, tra cui Radura (1860-65), interpreta non senza un tocco poetico, la vena
malinconica, solitamente associata all’autunno.
È,
invece, inimitabile la raffinatezza
che si incontra nell’opera del
cecoslovacco Alphonse Mucha (1860-1939), illustre esponente dell’Art Nouveau. Il suo Autunno (1896) è rappresentato da una elegante figura femminile,
che indossa una leggera veste ed è contornata da viti e grappoli d’uva.
Prima
ancora dell’esuberante stagione astratta Vassily Kandinskij (1866-1944) è interessato alla pittura di paesaggio. Ne
sono esempi Autunno in Baviera (1908
) dal marcato impianto fauve e Fiume
d’autunno. In entrambi non manca il tipico colore rosseggiante, che nel
provocatorio Egon Schiele (1890-1918) diventa una reale metafora della vita.
“Spesso piangevo – scrive il pittore austriaco – quand’era autunno con occhi
semichiusi”. Il suo Albero d’autunno
(1912) si propone come simbolo dell’avventura della vita. Il vento si abbatte
sui fragili rami di un albero dal tronco esile. Come molte persone si sente
abbandonato. Ecco perché Schiele piangeva.
Molti
anni dopo approderà oltre la lezione astratta di Kandinskij il pittore
americano Cy Twombly (1928-2011),
assiduo frequentatore di Roma dove morirà, che con i suoi dinamici e colorati grovigli,
ritmati musicalmente interpreta le Quattro
stagioni, incluso l’Autunno”
(1993-95.)
Non
passano certamente inosservati dipinti di validissimi pittori italiani del
Novecento. Penso al lombardo Arturo Tosi (1871-1956) che in Campagna autunnale (1923), ma non
solo, esprime sentimenti non vagamente
nostalgici; a Carlo Carrà (1881-1966), con alle spalle il periodo
futurista e l’esperienza metafisica che
dipinge tele emotivamente ricche. Così è Autunno
in Toscana (1927) ed ancora di più Il
barcaiolo (1930), straordinario dialogo muto fra una persona e la sua
barca.
La
temperatura meditativa a appartiene, eccome,
alle Periferie e ai Paesaggi urbani di Mario Sironi
(1885-1961), avvolti nel silenzio e, soprattutto, in un’inquietudine che ha il
sapore dell’autunno, non differentemente dalle dimesse vedute fiorentine di
Ottone Rosai (1895-1957) e dallo splendido dipinto di Felice Casorati
(1886-1963), intitolato L’attesa. La
donna assopita, forse stanca, la tavola coperta dalla tovaglia bianca su cui
sono disposte alcune ciotole, una bottiglia e un brico fissano l’idea del
silenzio, proprio dell’autunno. Un emozionante immobilismo è impresso nella
magnifica tela.
Accosto,
infine, all’autunno non pochi Paesaggi e
Nature morte del pittore Giorgio Morandi (1890-1964). Pochi,
sceltissimi colori esprimono la sensazione di una calma che si traduce in
abbandono esistenziale.
Valerio P. Cremolini
Valerio P. Cremolini
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