Sezione - Recensioni
“L’Italia è una
Repubblica democratica fondata sul
lavoro.”(Art. 1 Costituzione della Repubblica Italiana)
ART. 1 COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA ITALIANA INSTALLAZIONE DI EZIA DI CAPUA - particolare clicca sull'immagine |
L’artista Ezia Di Capua si interroga sull’enunciato
del Primo Articolo della Legge fondamentale dello Stato Italiano, la
Costituzione. Lo fa esprimendosi in qualità di grafica, scultrice, pittrice,
attraverso un’opera – installazione intensissima e dolorosa, recante attraverso
l’uso di materiali poveri, quali ferro e legno, un potente messaggio di
riflessione sul tema sociale del lavoro quale caratteristica essenziale
dell’uomo. Molteplici sono le suggestioni e gli spunti di riflessione che
questa opera contiene e sprigiona nella sua essenzialità e profondità
concettuale. Il contenuto del Primo Articolo ha ispirato quest’opera – spiega
Ezia, con la sua voce musicale – nel suo significato politico, polemico,
provocatorio, dolente, volto a risvegliare attraverso un forte afflato emotivo
la coscienza collettiva nei confronti delle numerose problematiche sociali
legate al lavoro. L’opera è un inno al lavoro ma al tempo stesso è un grido di
protesta e di denuncia, attraverso la maschera tragica, mutuata dall’antichità
classica greco-romana, che campeggia al centro, a ricordare proprio l’assenza
del lavoro,la disperazione che scaturisce dalla perdita dello stesso, l’enorme
difficoltà dei giovani di inserirsi in una società sempre più competitiva e
governata da meccanismi spietati legati al profitto. L’artista ha progettato e
costruito una scultura legando tra loro, con varie tecniche, utensili da lavoro appartenuti al nonno
materno ed al nonno paterno. La maschera tragica è in creta cruda ed è stata
plasmata dall’artista in una smorfia di dolore, che colpisce l’immaginario e
scava nella coscienza collettiva per ricordare, senza fraintendimenti, con il
massimo della forza espressiva, il dolore di chi non trova lavoro o di chi lo
ha perduto e si trova defraudato della propria dignità umana, emarginato ed impotente
al punto di cercare la morte attraverso il suicidio. Ugualmente si vogliono
ricordare così le tante morti sul lavoro a causa di infortuni e tutti gli
aspetti negativi e tragici che sono connessi al lavoro umano nelle diverse
società a tutti i livelli. A testimoniare la tragicità dello sfruttamento ed i
rischi anche mortali connessi al lavoro, che da sempre è una parte non solo
rilevante ma anche totalizzante della vita umana, nel cavo orale della maschera
è posto un centesimo di euro. Questo riferimento testimonia simbolicamente il
fattore economico del lavoro, allude al passaggio storico alla moneta euro ed
alla crisi attuale che investe la società internazionale, in modo tale che la
retribuzione lavorativa diventa sempre più
inadeguata a garantire la dignità
dei lavoratori con una retribuzione commisurata allo svolgimento dell’attività
lavorativa.
Un utensile appare conficcato nell’occhio destro della maschera ad
accentuare l’aspetto tragico e dolente, drammatico e ieratico
dell’installazione. Al di sotto della maschera il supporto è sovrastato e
percorso da fili tesi di reti da pesca a formare una cetra, simbolo del teatro
antico in ambiente classico mediterraneo, forma culturale che si pone alle
origini della civiltà europea. Tra gli utensili magicamente sospesi da terra
nell’installazione si nota una morsa,
strumento legato all’attività della classe operaia ed alla meccanica
industriale. Una pesante catena usata per ormeggiare le barche all’ancora è
parte integrante dell’installazione, unitamente ad un grande compasso da
tracciatore, posizionato alla base del supporto in legno ma anch’esso sospeso
da terra, in una dimensione simbolica, metafisica e subliminale. Ora, proprio
il compasso avvolge di ulteriore mistero l’opera già di per sé estremamente
densa di simboli, suggerendo un riferimento alla massoneria, che proprio nel
mondo del lavoro trova antiche radici ed irrisolti enigmi. Il compasso – spiega
l’artista – è un compasso da “tracciatore”, figura professionale di operaio
specializzato nella progettazione e tracciatura delle sagome nell’industria
nautica. Il tracciatore è colui che “legge” ed interpreta un disegno
riportandolo su ampie superfici ,
supporti di grandi dimensioni, sui quali viene “tagliata” la lamiera che
costituisce componente essenziale della cantieristica. Nella famiglia di Ezia
Di Capua ci sono stati molti tracciatori e l’utensile è retaggio di questa
attività lavorativa legata ad una tradizione tutta italiana della marineria,
delle attività armatoriali e della
cantieristica navale.
ART. 1 COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA ITALIANA INSTALLAZIONE DI EZIA DI CAPUA - particolare clicca sull'immagine |
Andiamo ad esaminare ora la superficie
del supporto in legno non nobile e precisamente il disegno o meglio i disegni
tracciati nel supporto stesso, che costituisce la parte più interna
dell’installazione.
Ezia racconta che questa è la parte
dell’opera che più le assomiglia.
I disegni sono tracciati con matita e colore
bianco di sanguigna e rappresentano una meridiana, un orologio ed uno strumento
musicale, simboli legati al Tempo, che è variabile fondamentale del lavoro
dell’uomo ed alla musica, attività di lavoro artistico alla quale Ezia Di Capua
è profondamente legata, forse proprio per la passione, lo spirito di
sacrificio e la disciplina totalizzante
che la composizione e l’esecuzione della musica comportano e che l’artista ben
conosce e comprende. Troviamo evidenziata la scritta “Articolo 1” , titolo dell’opera, posto esattamente al centro
dell’installazione, idealmente. Il titolo è evidenziato a caratteri nobili e
cubitali. Accanto è raffigurata una chiave inglese con ingranaggi che richiamano
la catena di montaggio, elemento fondamentale nell’evoluzione dell’attività
industriale. Accanto, i numeri romani IX
e XX richiamano il nostro secolo, l’epoca ed il tempo in cui viviamo.
ART. 1 COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA ITALIANA INSTALLAZIONE DI EZIA DI CAPUA - particolare clicca sull'immagine |
Segue la firma stilizzata, con le sole
iniziali EDC, dell’artista, che in
questo modo si pone al centro dell’opera assumendone tutta la responsabilità,
con assoluta correttezza espressiva di autrice, sia a livello concettuale che
materiale, comunicando la propria umanità nella volontà di dialogo e di
rappresentazione filosofica e simbolica del proprio pensiero. La formica
raffigurata è simbolo delle forme di lavoro connesso al mantenimento della vita
presenti nel mondo naturale ed animale, laddove il lavoro dell’uomo si
diversifica da queste per la sua straordinaria complessità, ponendolo al centro
del mondo naturale come “misura di tutte le cose” , secondo il concetto
rinascimentale.
Il numero 13 rappresentato altro non è
se non il magico simbolo della Fortuna, che determina tutte le attività umane e
soprattutto quella lavorativa. Il 13 è il numero fortunato e se la ruota della
Fortuna non gira nel modo giusto l’attività lavorativa, pur connotata dal
sacrificio, non potrà decollare. Spesso invece chi è favorito dalla dea bendata
ottiene facilmente successo e ricchezza e raggiunge il massimo risultato con il
minimo sforzo, salvo poi vedere rovesciate le proprie sorti per un capriccio
del Destino, che ora è favorevole, ora si mostra avverso al lavoro dell’uomo.
Il numero 13 è uno dei simboli più potenti e suggestivi dell’opera, con il suo
riferimento all’”alterna onnipotenza delle umane sorti”, nella storia
dell’umanità e nell’esistenza degli individui, laddove il Destino o Fato è
veramente padrone assoluto del Tempo, di ogni Tempo umano, che scorre come
sabbia nella clessidra. Ezia mi fa notare che tutti i materiali che compongono
l’installazione sono a rischio di deterioramento futuro. Questa caratteristica
risponde ad una precisa volontà dell’artista ed ha una forte valenza simbolica
e poetica, poiché anche quest’opera, come tutte le opere ed attività umane, è
destinata a scomparire nel tempo, anche se opportune forme di conservazione
potrebbero rallentarne la distruzione. In questo destino di disfacimento vi è
forse il germe di un riferimento filosofico al nichilismo o comunque ad un
sentimento dell’inutilità angosciante della fatica umana. Tuttavia il
nichilismo è soltanto un elemento marginale, in questo caso, poiché il
fortissimo manifestarsi dell’opera, con tutte le sue caratteristiche di
denuncia, di protesta e di provocazione intellettuale, si evolve in senso
contrario, cioè nella direzione della volontà di risvegliare la coscienza
collettiva. L’opera manifesta per contrapposizione una spinta vitalistica al
rinnovamento ed al miglioramento dell’organizzazione sociale del lavoro, nel
recupero della memoria storica delle attività lavorative del passato e della
tradizione, nella speranza che si creino nuove opportunità di lavoro e di
occupazione, in primo luogo nella coscienza dei singoli. L’opera non è dunque
ciò che sembra. Forse come ogni opera d’arte non è ciò che appare ma ciò che
significa e ciò che vuole ottenere. Come ogni opera d’Arte, è in primo luogo la
rappresentazione di un’Idea.
Non è soltanto una Maschera di Dolore ma
un invito alla speranza, un rifiuto del male, una ribellione vitalistica.
Infatti il disegno della Sfera, simbolo del Pianeta Terra e del moto universale
delle galassie, elemento geometrico già caro a questa autrice nelle opere
pittoriche precedenti, è espressione dell’alchimia segreta del movimento
universale delle stelle e dei pianeti, movimento circolare, ciclico, eterno,
simbolo infallibile di tendenza alla perfezione. Questa tendenza alla
perfezione è un elemento portante del
lavoro e soprattutto del lavoro artistico. E’ una caratteristica inconfondibile
delle attività dell’uomo, essere imperfetto che tende al miglioramento, alla
trasformazione, al rinnovamento. Infine è rappresentato il numero 1,618. Questo
è il magico numero attraverso il quale in matematica ed in geometria vengono
realizzate le spirali. E’ il numero usato da Leonardo da Vinci nei suoi
progetti architettonici. E’ il numero dell’Equilibrio statico in Architettura.
E’ usato anche nel disegno ed è fondamento delle arti visive, utilizzato
frequentemente in architettura ed in ingegneria.
Troviamo inoltre rappresentato un
orologio rotto, spezzato in vari punti. Questo simbolo naturalmente indica il
Tempo, come variabile fondamentale del lavoro umano. Il lavoro si basa sul
tempo ma divora il tempo della vita umana, pertanto occorre cercare attraverso
varie forme di equilibrio e di tutela dei diritti dei lavoratori di rivendicare
e restituire il biblico “tempo per ogni cosa” che è indispensabile alla libertà
ed alla dignità umana. L’annullamento della dignità umana attraverso orari disumani
di lavoro e tutte le forme di vessazione e sopraffazione, che purtroppo
caratterizzano l’organizzazione del lavoro nelle società, hanno tolto al lavoro
stesso la sua caratteristica più importante: l’essere una piena espressione
dell’uomo. Il lavoro è espressione dell’uomo e l’uomo non deve essere merce,
non deve essere strumento del lavoro ma ne deve essere l’artefice, il
protagonista, il creatore. L’uomo deve realizzarsi attraverso il lavoro, deve
vivere attraverso il lavoro, non ne deve morire ma ne deve vivere pienamente. Il
lavoro è per l’uomo e non l’uomo per il lavoro. Il lavoro è strumento
dell’uomo, non il contrario. Questo è il potente messaggio dell’opera, espresso
attraverso un movimento catartico ed assiomatico, una Negazione che provoca una
Affermazione.. Tutta l’installazione appare protesa in uno slancio verso
l’alto, tesa a liberarsi dalle catene della sofferenza che la tengono ancorata
alla terra. Occorre ben guardare e saper vedere oltre ed attraverso quest’opera,
per comprendere che il Lavoro dell’uomo altro non è se non questa fatica, per liberarsi dai vincoli del
dolore e della morte, spettri che incombono ovunque. Altro elemento dell’Ombra
è il Denaro, legato indissolubilmente ai meccanismi del lavoro e dell’economia.
Il lavoro umano può definirsi come equazione di Tempo – Denaro – Vita umana.
Nello slancio metafisico verso l’alto si comprende che la libertà assoluta si
conquista soltanto attraverso il sacrificio. Esiste una scrittura dell’ombra
che si posa sull’installazione e sui disegni all’interno. La realizzazione
dell’installazione ha richiesto diversi mesi, realizzare questa ispirazione –
dice Ezia – non è stato facile, non è stato immediato, si è reso necessario
ricercare la proiezione giusta di ombra e luce, i materiali significativi,
progettare in ogni dettaglio lo slancio verso l’alto ed il posizionamento dei
singoli elementi per formare l’equilibrio geometrico dell’installazione.
Dalla mente alla realtà. In questo
percorso è stata usata molta perizia, per creare una efficacissima
rappresentazione artistica del lavoro umano e delle problematiche sociali,
filosofiche, storiche, giuridiche, economiche, culturali, religiose e
concettuali ad esso indissolubilmente legate.
In questo senso possiamo a pieno titolo
parlare di capolavoro, per il percorso
artistico di Ezia Di Capua, laddove l’arte è la piena rappresentazione di un’idea,
da ispirazione si trasforma in rappresentazione, entrando nel giro delle cose e
nel corso del Tempo, manifestando così la propria funzione catartica. Autentica
passione ed empatia, amore per l’umanità ferita e disperata, hanno prodotto
quest’opera artistica, di non facile comprensione, di non facile realizzazione,
opera che nasce nell’ombra e nel dolore
e si spinge misteriosamente ed inesorabilmente verso la luce.
Donatella Zanello
Donatella Zanello, autrice di poesia, narrativa e saggistica. Vive ed
opera a La Spezia. Laureata in Lettere all’Università degli Studi di Pisa,
vincitrice di numerosi riconoscimenti, presente in molte antologie e siti
letterari, membro di giuria di premi di poesia, autrice di prefazioni e
recensioni, ha pubblicato otto raccolte di poesia: “Polvere di primavera”, “La
donna di pietra”, “La sognatrice”, “Passiflora”, “Il tempo immutabile”, “Poesie
provenzali”, “Labirinti”, “Il colore del mare”. Il paesaggio ligure e
mediterraneo, la ricerca spirituale come unico vero significato dell’esistenza
sono fonti costanti di ispirazione della sua vasta produzione poetica.
Nessun commento:
Posta un commento