Prospettive in Acquerello 1976 – 2009 - Blog Archivio Storico
Maggio 2009 Doppia personale in
Sala CarGià: Giuseppe Caselli / Ezia Di Capua
Recensione di Franco Ortis – Maggio
2009
onsideriamo la pittura di Ezia Di Capua: è pur vero
che si esprime calligraficamente in modo esemplare, eccezionale direi, ma è
anche pur vero che Ezia personalizza questa sua pittura dal punto di vista
compositivo che tende a variare nel soggetto ma non certamente
nell’espressione.
Quest’ultima ovviamente, rientra nella sua poetica segnica che sviluppa su più piani e sviluppa sempre maggiori interessi.
Quest’ultima ovviamente, rientra nella sua poetica segnica che sviluppa su più piani e sviluppa sempre maggiori interessi.
La pittura di Ezia è una iniziativa privata, si, ma
calcolata sulla base di fatti antichi, ideologici che le sono propri.
Ezia Di Capua non contrappone a determinata e
cosciente teocrazia la casualità di una poetica transitoria, non ha atteggiamento ironico nè questo è altrettanto
transitorio.
Il suo dato pittorico è costruttivo, non soggiace
alle varie metamorfosi di un’unica realtà non sempre sopportabile a chi
osserva.
Quelle che sono le radici arcaiche dell’opera della
Di Capua allora non sono mai estranee al contenimento estetico e il suo è un ordinamento disciplinare che le rende
assolutamente onore.
La sua in effetti è un’opera ottimale perché ottimo
è il suo disegno preciso e quasi illimitato in una indagine psicologica della
favorevole critica personale del suo linguaggio che non può che ammirare i suoi
lavori fatti con diverse tecniche.
L’arte di Ezia Di Capua fa sentire la realtà e non
la suggerisce, la caratterizza anche in maniera pressochè univoca per il suo
immedesimato sentire,
La sua è anche definizione interpretativa della
realtà, una sua logica interpretazione che non smentisce la realtà ma la
addomestica a quello che è il suo iter interno.
La sua poetica che si fonde quasi nel mito,
amorini, San Giorgio e quant’altro può far intendere una certa classicità.
Ovviamente intendo dire dei suoi amorini e del suo
San Giorgio.
Chi osserva non è mai davanti ad un dubbioso
modello ma a un quid che non interferisce minimamente con il suo respiro
sospeso causato dall’osservazione del processo pittorico della nostra brava
artista.
Ezia non distrugge come poteva distruggere Dada ma
costruisce; Dada non avrebbe mai esitato a rischiare tutto sulla via della
libertà: Il surrealismo dipingeva la distruzione, cosa non nuova, e Kandisky
può insegnare qualcosa in merito: per distruzione si deve intendere libertà
interpretativa della realtà tramite l’annientamento di determinate tecniche
pittoriche tradizionali.
Ezia Di Capua non annienta nulla della realtà, anzi
bene la percepisce: la sua arte fa parte di quella storia dell’arte che non è
in gara con nessun messaggio .
Franco Ortis – Sala CarGià - Maggio 2009
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