Sezione - Eventi Artistici e Culturali
MIRELLA RAGGI |
Nel pomeriggio di sabato 24 gennaio
il Circolo Culturale “A.Del Santo” si è trasformato in un’aula- laboratorio,
dove la pittrice Mirella Raggi, nella veste di esperta docente, ha intrattenuto
i partecipanti svolgendo un’accurata lezione sulla tecnica dell’acquaforte, durante
la quale ha proceduto alla stampa di alcune lastre. La relatrice, per
l’occasione, aveva provveduto a trasferire nella sede dell’Ucai il proprio
torchio calcografico e tutto il necessario (lastre, acido nitrico, fogli
inumiditi, bulino, inchiostro, tampone, ecc.). Gli esiti di tale tecnica di
stampa vengono spesso comunemente assimilati all’incisione, termine che si
riferisce anche alla xilografia (incisione in rilievo), alla litografia
(incisione in piano) e, per l’appunto, all’acquaforte (incisione in cavo) e
alle sue diramazioni, quali la puntasecca e l’acquatinta, di cui Mirella Raggi
ne ha evidenziato le caratteristiche.
Il termine acquaforte deriva dal
latino “aqua fortis”, antica
denominazione dell'acido nitrico, che nel procedimento esercita
l’importante funzione della morsura, iniziata con l’immersione della lastra,
che si trasforma in matrice, nell’acido dopo averne protetto con adeguata
vernice il retro. La morsura ha la funzione di definire le parti inchiostrate,
che poi si fisseranno sulla carta, a contatto con la lastra (matrice), impressa
mediante il torchio.
La scoperta della
stampa ha favorito la riproduzione delle opere in più esemplari e molti artisti
sin dal Cinquecento si sono dedicati alla tecnica dell’incisione. Di solito si
richiama l’alta considerazione riferita al pittore tedesco Albrecht Dürer
(1471-1528), capostipite della tradizione tedesca, ma con lui non vanno trascurati insigni
maestri come Lucas Cranach (1472-1553), Martin Schongauer (1448-1491) e
Cornelis Cort (1533-1578), artista olandese che fu chiamato da Tiziano (1485-1576)
a riprodurre alcune sue opere. In Italia l’incisore bolognese Marcantonio
Raimondi (1480-1534) favorì, in particolare, la diffusione dei dipinti di
Raffaello (1483-1520).
Nei secoli
successivi eccellenti pittori, tra cui rinomati artisti italiani, condivisero una
vera e propria fioritura di opere eseguite con la tecnica dell’acquaforte,
rivelando la forza espressiva che è congeniale a tale forma di stampa. Non
diversamente dal Seicento e dal Settecento, anche l’Ottocento e il Novecento
cataloga figure di primissimo piano che non hanno rinunciato ad affrontare
l’acquaforte con mirabili esiti tecnici ed estetici. Sono noti, ad esempio, i
nomi di Honoré Daumier (1808-1879), Eduard Manet (1832-1883)Henri de Toulouse-Lautrec
(1864-1901), Pierre Bonnard (1867-1947), Paul Klee (1879-1940), Pablo Picasso
(1881-1973), Marc Chagall (1887-1985) e di Giorgio Morandi (1890-1964).
Fu un ottimo acquafortista anche il
pittore Giuseppe Bodrato (1886-1954), le cui acqueforti sono ammirate nella
retrospettiva attualmente in corso al Circolo Culturale “A.Del Santo”. Un indiscutibile
riconoscimento alla sua validissima opera incisoria è da considerarsi la mostra
postuma che nel 1975 gli venne dedicata dall’Accademia Ligustica di Belle Arti
di Genova, presentandolo come “artista di rara qualità, schivo in vita e poco
noto nella cultura cittadina”.
Sul tema
della stampa d’arte, come ulteriore contributo all’utilissimo incontro guidato
da Mirella Raggi, sottopongo all’attenzione degli appassionati uno stralcio
della mia introduzione al convegno
Dalla
carta a Gutenberg: il ruolo della stampa d'arte nella comunicazione visiva, ospitato il
20 gennaio 1989 nella Sala Consiliare della Provincia.
Quello della
stampa d’arte - osservavo in quella sede - è un argomento piuttosto complesso, dalle
numerose trame, che sul piano tecnologico, storico, artistico e sociologico in
cui esso si dipana meriterebbe certamente ben più di un solo incontro, appunto
perché la storia della stampa d’arte è molto ricca. Dai greci riproduttori con
la fusione e tramite il conio di monete, ai cinesi che avviarono l’incisione su
legno, la xilografia, e poi l’invenzione della stampa e l’enorme influenza da
essa suscitata, l’acquaforte nel Medioevo, la litografia all’inizio del secolo
XIX e, qualche decennio dopo, la fotografia. Tutti questi processi hanno
segnato un vasto e fertile terreno di sensibilità popolare nei confronti
dell’arte.
In clima di
valori è interessante il contributo di Giulio C. Argan, teso ad annullare la
distanza fra incisione di riproduzione
e incisione di invenzione, con la
precisazione che “tale distinguo può essere utile sul piano pratico mentre si
dimostra inconsistente sul piano teorico”, poiché «qualsiasi incisione, per
quanto inventata direttamente sulla lastra, è sempre la riproduzione ideale di
un disegno». La grafica, dunque, “momento genetico dell’arte», per cui «ogni
ricerca sulla comunicazione dell’opera d’arte, e quindi sull’arte stessa in
quanto comunicazione, deve partire dalla ricerca strutturale sulla grafica”.
La prova
multipla è dunque veicolo di cultura e di comunicazioni; in essa risiedono
carica espressiva, abilità tecnica e percettiva, e non poca sensibilità e
nessuna limitazione interpretativa le si addice. È una concezione ormai acquisita
nel nostro tempo quella per cui “l’opera d’arte non soltanto può essere
riprodotta, divulgata, universalmente fruita ma è, per la sua stessa intrinseca
struttura, illimitatamente e assolutamente riproducibile”. (Argan).
D’altronde,
Roberto Longhi (1890-1970), dall'alto del suo magistero, affermava che “l’opera
d’arte è sempre un capolavoro squisitamente relativo. L’opera non sta mai da
sola, è sempre un rapporto”.
Ecco quindi
che il dopo Gütenberg è attraversato da numerosi interrogativi ai quali l’arte
offre risposte differenziate e nella attuale condizione di transizione lo
spazio dell’opera, arguisce Achille Bonito Oliva, “non conosce organicità
formale, ma invece intreccio tra astratto e figurativo, collisione di dettagli
e frammenti pittorici provenienti da universi culturali anche lontani tra loro”.
In questo
contesto che interessa uno spazio temporale piuttosto ampio, con posizioni
quando punteggiate di relativismo, quando invece di dogmatismo, l’opera grafica
non è stata sottratta da interventi riguardanti la sua collocazione o meglio la
sua classificazione; la storia ci insegna che le opere grafiche di grandi
artisti esaltano l'autenticità creativa e, come nella xilografia espressionista
tedesca, “spesso l’opera grafica ha anticipato quella pittorica”.
Non è il caso
di stendere graduatorie. Mi piace citare, in conclusione, un pensiero di Dürer,
il quale amava dire che “quanto l’incisore realizza con un suo ferruzzo non è
da meno del fare più ampio del pittore”.
È stata
dunque opportuna e molto apprezzata la decisione di dedicare spazio alla
tecnica dell’acquaforte, valorizzata dall’esposizione di Mirella Raggi e dalla
prova pratica seguita con attenzione e curiosità dai numerosi presenti.
Valerio P.Cremolini
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