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Da: LA STRAGE NAZIFASCISTA DI VINCA
L’
adolescenza di Ardelia
Ardelia abitava
appena dentro Vinca, alla “Ca’ Novella”, sulla via che dall’entrata del paese
porta alla chiesa. Viveva con il padre, Marsilio Ferrari, la mamma Maria e i
suoi quattro fratelli: Pia e Benvenuta, le due gemelline di 3 anni; Giancarlo,
l’unico maschio di 5, e Dilva la primogenita di 15, due anni più di lei.
L’origine della
famiglia è vinchese, ma loro erano appena venuti dalla Valle d’Aosta, dove il
papà lavorava alla Cogne, in miniera. E la famiglia aveva seguito il padre.
Solo Pia e Benvenuta nacquero ad Aosta.
Abitavano a La
Tuille, e fu il papà che volle lasciare quel posto:
- Qui siamo sul
confine, - aveva osservato, - non è sicuro, è pericoloso.
Arrivarono a
Vinca nel ’43.
Primo giorno,
24. Ardelia era a Monzone di buonora per il rifornimento dell’acqua salata,
incarico che eseguiva almeno un paio di volte la settimana. Stava tornando.
Poco prima del
paese, nel fiume, c’è una sorgente di acqua dal gran sapore di sale. Per la
verità ci sono le fonti dell’Acqua Bianca e dell’Acqua Nera. L’acqua nera ha
sapore alcalino. Cura l’ipertensione. L’acqua bianca ha un gusto chiaramente
salato, ed è ricca di cloro. La gente andava e prendeva l’acqua salata per
bollire il cibo. Mancava il sale.
A Monzone
Ardelia non andava solo per l’acqua. Dalla provincia di Parma arrivavano
derrate alimentari; - di solito era farina – quella zona è sempre stata più
fornita. Arrivava la roba e dai paesi venivano a rifornirsi. Perché fino a
Monzone giungevano col carretto, e certo era un’impresa alquanto ardua, per
quelli che tiravano il carretto, rifarsi quei 9 chilometri di salita fino a
Vinca. Avevano già la lingua penzoloni.
Così Ardelia,
con la sua cesta e dentro tre o quattro fiaschi pieni di quell’acqua, se ne
stava tornando su. Lei e altre ragazze della sua età erano quasi arrivate
all’ultima curva prima di Vinca. A un tratto videro le loro mamme che gridavano
e sbracciavano da sopra il costone:
- Presto!
Sbrigatevi! Stanno arrivando i tedeschi! Lasciate stare l’acqua.
Dall’alto le
mamme avevano visto le camionette, e subito erano corse ad avvertire le
ragazze: che si sbrigassero perché quelli.. loro lo sapevano, lo avevano
intuito.. quelli non portavano niente di buono.
Le ragazze,
Ardelia compresa, mica li mollarono i fiaschi dell’acqua, no, troppo
importante. Ma arrivarono lo stesso prima delle camionette. Ardelia non sapeva
troppo del pericolo; non sapeva di Bardine e Sant’Anna, e se sapeva non ne
aveva consapevolezza, come molti altri ragazzini non aveva coscienza di certe
cose.. della terra bruciata. Si pensava ad altro.. si lavorara.
Ardelia fece
appena in tempo a posare la cesta sul tavolino:
- Via, via,
ormai sono qui. Avanti, presto!
Lei e sua
sorella Dilva presero, una per una, le gemelline, - Ardelia teneva per mano
anche Giancarlo – mentre la mamma preparava in tutta fretta una cesta di
mangiare: il più possibile che riuscì. Poi via, per i castagni, giù al fiume
nel loro terreno dove avevano una capanna.
- Andiamo..
andiamo laggiù. – Disse il babbo.
- Al fiume?
- Sì, è
meglio.. se piangono, o gridano, i bambini.. è più difficile che sentano col
rumore dell’acqua.
Si avviarono
tutti tranne la mamma, che si attardava a preparare la cesta. Non è che ci
fosse molto: un po’ di pane, formaggio, polenta.. insomma, rovistò più che
poté. Quindi uscì per ultima, la cesta in testa. Ma invece di prendere la
direzione del fiume si avviò addentro il paese, verso la chiesa. E poi oltre la
chiesa, e lì la videro e le spararono addosso. Ma fece in tempo a saltare una
specie di scalino e evitare le pallottole. Un poco più avanti di lei c’era
Ortensia, sua sorella, la mamma di Adele. Ortensia aveva preso un viottolo
sopra. Le fu fatale. La zia di Ardelia venne investita da una scarica rabbiosa
e stramazzò a terra senza vita. Maria non se ne accorse, non sapeva neppure che
ci fosse lì; aveva sentito le raffiche, ma continuò a correre sempre con la sua
cesta in capo.
Quindi arrivò (
sarà stato intorno a mezzogiorno ) dove già erano i suoi, al fiume, il Doglio.
Ardelia, il padre e i fratelli erano giù, preoccupati, ad aspettarla. Ma alla
fine arrivò. Con loro c’era anche la nonna Anna, la mamma di Marsilio. Era lì
vicino, nel loro terreno che seminavano a granturco.
- Ma io non
posso stare, - cominciò a un certo punto la nonna, - c’è su mio marito.. è
rimasto su.
- Ma non si
può.
Il nonno,
Pellegrino, era invalido, non era possibile per lui muoversi, specie
precipitarsi a nascondersi tra i boschi o tra le rocce del fiume. E poi si
pensava che almeno le persone invalide fossero risparmiate.
- Non posso
lasciarlo solo.. voglio andare a vederlo, voglio andare.. è mio marito.
- Ammazzano!
Sei matta!
Non ci fu
verso. E’ voluta tornare.
Ma Pellegrino
l’avevano già bell’ammazzato. Lui era andato a chiudere il cancello sull’aia.
Forse pensava che trovando il cancello chiuso, quelli non sarebbero venuti a
rompere. Ma non fece in tempo a chiuderlo. Appena lo videro gli lanciarono una
bomba e lo dilaniarono lì. Aveva un’ottantina d’anni.
Ma sua moglie,
dunque, partì. E allora la Maria la segue. Va dietro alla suocera. Dilagano gli
spari.
- Vengo
anch’io, - disse, - non voglio farvi andare da sola.
Poco prima del
paese vedevano già le fiamme. Le case ardevano.
- Tornate
indietro, per carità! – Supplicava Maria.
Niente, non ci
fu verso, Anna andava avanti precedendola. All’improvviso, da dietro una
catasta li legna, sbucarono fuori. Fecero fuoco sull’anziana donna come fosse
un pericoloso nemico. Stramazzò a terra morta sul colpo. Aveva in mano una
pannocchia di granturco.
Maria restò
attonita. Ma si riprese subito, e senza pensarci troppo si buttò dentro un
canaletto. Strisciando come una biscia si defilò, e piano piano riuscì a
tornare dai suoi.
Era stravolta e
piena di tagli. Alle loro domande non seppe rispondere. Non perché non avesse
voluto, no. Il fatto era che lei aveva perso la favella. Letteralmente: la sua
gola non era in grado di emettere suoni. Proprio così. Lo shock le aveva
inibito l’uso della parola. Alle domande
apriva inutilmente la bocca.. tentava con i gesti. E tutti erano
disperati, ma poi alla fine, in qualche modo, si calmarono un po’.
Marsilio aveva
scovato fra le rocce del Doglio una grotta piuttosto ampia. La sera li infilava
tutti lì dentro e chiudeva l’apertura con dei sassi. Lui, poi, si metteva come
di sentinella, dalla parte opposta verso “il Cinto”. In questo modo li avrebbe
potuti avvistare se fossero venuti giù.
Dunque stavano
tutti accovacciati, - c’erano altre due donne con loro – tranne la mamma che
era scappata un’altra volta col piccolino, Giancarlo. Anche lei si era portata
su al “Cinto”, quasi sotto il Sagro. Quella donna, che ancora stentava a
parlare, pareva aver perso il senno. Nemmeno il marito era capace di tenerla.
Era la paura, il terrore. Quando riprese a buttar fuori qualche parola:
- Io non
voglio.. non voglio vedermeli ammazzare, - disse, - i miei figli non li voglio
veder morire!
E mentre
Ardelia e i suoi fratelli stavano giù al fiume, il papà e la mamma facevano
puntate in giro alla ricerca di cibo. Il terzo giorno anche lei e Dilva fecero
una puntata su in alto, al “Cinto”. Andarono con le gemelline per mano. E a un
certo punto queste cominciano a piagnucolare, e non sentono ragioni perché
hanno fame; poi sono pure spaventate: vedono i genitori andare e venire, altra
gente con loro nella grotta.. e perché nella grotta? Perché non si dorme nel
letto? Non sanno bene cosa succede, ma qualcosa non va, lo intuiscono.. non va.
E poi hanno fame:
- Pazienza,
pazienza, - dicevano le sorelle grandi, - vedete? Non abbiamo niente, ma tra
poco tornerà la mamma.. ecco adesso, se proprio non ce la fate ad aspettare..
succhiate le foglie.
Lo fecero:
succhiarono le foglie di castagno.
Quello stesso
giorno, verso sera, entrarono in paese quando i tedeschi e le brigate nere se
n’erano andati; quando già stavano cominciando a raccogliere e bruciare i morti
sopra cataste di legna. I vicoli grondavano del grasso dei corpi. Era una
fatica doppia: per l’accumulo dei corpi e la ricerca di legna.
Morti, alcuni,
che ancora ardevano: quelli investiti dai lanciafiamme, o imprigionati dentro
le case incendiate. Infine si guardarono con chi era sopravvissuto.
La casa di
Ardelia era stata bruciata. Così loro dovettero arrangiarsi in un’altra
abitazione sgangherata pure quella, ma con il tetto ancora in piedi, e andava
bene per dormire. Un po’ in quella, un po’ a casa dei nonni che non c’erano
più. Anche la mamma di Maria avevano ammazzato, nonna Caterina. A casa dei
nonni Pellegrino e Anna c’era rimasto il camino e la stanzetta dove la nonna
teneva il suo telaio. Lì ripresero a cucinare, da lì cominciava un’altra vita.
Ardelia cominciava la sua adolescenza.
Marsilio con
gli altri uomini aiutò nella raccolta dei cadaveri. Ai ragazzi questi non
venivano fatti vedere; ai bambini, agli adolescenti cercarono di interdire
quello scempio. Ma Ardelia una donna la vide. Era una signora che conosceva,
abitava sotto di loro. Il suo corpo era strinato. Uccisa con il lanciafiamme.
Bruciata viva. Era rimasta in piedi contro un muro, nera. Fu l’unica persona
morta che vide, e l’orrore le piombò addosso.
Ma c’era da
sopravvivere, e già il giorno dopo bisognava andare a prendere la farina,
quella che arrivava dalla provincia di Parma. Dunque Ardelia, insieme ad altre,
s’incamminò verso Monzone. Erano quasi arrivate al “Baraccone” che t’incontrano
i tedeschi, ma tanti! E le fanno tornare indietro. Era davvero pieno di
tedeschi, erano persino nel Lucido in quel periodo quasi asciutto. Probabile
fossero in ritirata. Quelli avevano due camion che stavano facendo manovra per
girare, e non era cosa facile poiché la strada è piuttosto stretta, con la
parete della montagna da una parte e subito il letto del Lucido dall’altra.
Ora, da su, molto in alto, erano dominati dalle mitragliatrici del partigiani:
in pratica erano allo scoperto.
Insomma, i
tedeschi le fanno tornare indietro fino a farle mettere in un punto.. erano
dieci.. un punto bene in vista. Hanno utilizzato quelle ragazze come ostaggi.
Le hanno piazzate in un ravaneto da dove i partigiani le potevano vedere. Poi
hanno puntato loro una mitragliatrice.
- Pietrino, -
chiamava una di quelle ragazze, - Pietrino non ammazzare i tedeschi sennò
ammazzano la tua Antonia!
Antonia lo
sapeva bene che lassù c’erano i partigiani; lo sapeva perché quel Pietrino che
lei chiamava era suo padre.
Le tennero lì
poco più d’un paio d’ore, il tempo di girare i camion e togliersi dallo
scoperto. Quindi le lasciarono andare. Ardelia continuava la sua adolescenza.
Luigi Leonardi.
Luigi Leonardi.
Luigi
Leonardi
Nel
1981 tra i fondatori e redattori della rivista milanese di cultura Malvagia,
nata con l’appoggio di C.Cassola – Sulla stessa: pubblicazione di poesie e
brevi racconti.
“
Il sogno di un altro “, 4 racconti – Compagnia dei librai (GE)
“
La brina sulla pelle “, romanzo
“
Dentro lo Stige “, romanzo ( Resistenza
Lunigiana ) – Firenze Libri
“
Libertà van cercando “, saggistica/narrativa ( Resistenza Lunigiana ) – Edigrafica Sarzana
“
Il segreto antico di Beppe il maniscalco “, romanzo ( Guerra Libano 1982 ) – Firenze libri
“
I vermi e le rose “, saggistica/narrativa a quattro mani con il prof.
G.Azzolina ( Malasanità ) – Ed.
Memori – Roma
“
Epurazioni “, 1945 la resa dei conti nello spezzino – narrativa storica ( Sanzioni contro il fascismo ) Mursia –
Milano
Produzioni teatrali:
“
Il cuore va mangiato ”, “ Tenebrosi peccati e vanità “, “ Medioevo nostro coevo
“,
“
Eroi, santi & C. spa “ - farse medievali rappresentate dal ’95 al 2005
in teatro e in piazze.
Per
gli spettacoli “ Ancora sulla nostra
pelle “, “ Uomini “, “ Divergenze “ – monologhi per Alessandro Albertini (
attore – regista ) rappresentati alla Spezia: teatro Civico, Dialma Ruggero,
Centro Allende.
“
Le bambole di Marte “, “ Oltre il vizio assurdo “ – spettacoli di prosa, poesia,
musica, canto.
Dal
2010 quest’ultimo tipo di spettacolo viene portato avanti con la collaborazione
della cantante Lucia Marchi e, per la parte tecnica, di Massimo Azzarini,
Alessandro Leonardi e Elena Copelli, sempre sotto lo stesso titolo di “ Diario
disordinato “.
“
Fango di trincea ”, rappresentazione della Grande Guerra sul fronte italiano (
1915/1918 ) – Rappresentato a Ceparana, San Terenzo, Villafranca Lunigiana.
“ SFUMATURE “, dieci testi per dieci brani musicali in album cd
per l’interpretazione di Lucia Marchi.
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