La figura di Giacomo Linari
viene ricordata, nel centenario della nascita - l'artista è nato alla Spezia
nel 1912 e alla Spezia è morto nel 1993 - con due mostre in contemporanea. Al
LAS, lo spazio espositivo del Liceo Artistico in via Montepertico 1, inaugura
giovedì 11 alle ore 18 la mostra Giacomo Linari e la pittura di paesaggio
alla Spezia nella seconda metà del Novecento, a cura di Enrico Formica.
Venerdì 19 alle 11 apre presso il Museo Diocesano della Spezia Il fuoco
della fede – Dipinti di Giacomo Linari.
Il LAS propone dunque una mostra su un tema
prediletto dagli artisti attivi alla Spezia nel secolo scorso: il paesaggio, e
segnatamente il paesaggio marino. Accanto a diciannove lavori di Giacomo Linari
vengono presentate opere analoghe dei paesaggisti attivi nello stesso periodo,
di Linari amici e colleghi, : Ercole
Aprigliano, Giuseppe Caselli, Gino Bellani, Vincenzo Frunzo, Angelo Prini, Carlo Giovannoni, Giuseppe
Borella, Pino Saturno. Le opere sono
state generosamente prestate dalle famiglie degli artisti, dall'Istituzione ai
Servizi culturali del Comune della Spezia e da collezionisti privati.
Al Museo Diocesano vengono presentati a cura di
Valerio P. Cremolini e don Cesare Giani i dipinti a tematica religiosa, che
nell'opera di Linari occupano un ruolo centrale. Si tratta di lavori potenti e
drammatici, in cui la fede, come dice il titolo della mostra, è un “fuoco” che
alimenta l'esistenza e aiuta ad affrontare il dolore sempre presente.
Le mostre sono accompagnate da un catalogo
illustrato di 24 pagine con testi dei curatori e schede di Francesca Mariani.
Giacomo Linari e la pittura di paesaggio
alla Spezia nella seconda metà del Novecento
LAS, via Montepertico 1, tel 0187510228
11
aprile – 11 maggio. Orari: dal martedì al sabato, 17,30 – 19,30.
Il fuoco della fede –
Dipinti di Giacomo Linari
Museo Diocesano, via Prione
156, tel 0187258570
19 aprile – 31 maggio. Orari: giovedì 10-12,30, venerdì
sabato e domenica 10-12,30 e 16-19.
Giacomo
Linari e la pittura di paesaggio
Questa mostra presenta una serie di paesaggi
composti da Giacomo Linari tra il 1949 e il 1992, mettendoli a confronto con un
florilegio di lavori sullo stesso tema composti da autori spezzini nello stesso
periodo.
Per quanto riguarda Linari, va subito detto che i
dipinti sono da leggere assieme a quelli di tematica religiosa presentati in
contemporanea al Museo Diocesano della
Spezia, a cura di don Cesare Giani e Valerio P.Cremolini. Risulterà abbastanza
evidente che la differenza dei soggetti è superata da un'ispirazione unitaria,
in quanto anche i paesaggi sono in qualche modo 'religiosi'. La natura viene
infatti investita di un afflato mistico che in ultima analisi ne stravolge i
contorni, anche nei bozzetti più semplici e naturali. La disposizione
cronologica mette in luce con chiarezza come già i lavori degli inizi, pur
rispettando una rappresentazione naturalistica ‘fedele’ della realtà, siano
innervati di umori terragni, di luci cupe, di colori accentuati e carichi. Successivamente,
fin dagli anni Settanta, i contorni si sfumano e rinunciano progressivamente a
descrivere luoghi precisi ed orizzonti aperti, per concentrarsi sul gioco delle
onde, che nell’infinità delle possibili combinazioni consente l’espressione di
una pura forza pittorica dalle ascendenze informali.
La natura di questi paesaggi è spirituale, ma siamo
alle prese con una spiritualità infuocata, reale, mai trascendente e pura (e il
discorso vale anche per i quadri religiosi).
La materia non contraddice l’anima, al contrario la
sustanzia, le conferisce autenticità. Forme e colori tendono a realizzare
l'immanenza dello spirito nella materia, sottolineandone la consistenza, la
vitalità. La visione è sempre orizzontale o dall'alto in basso, non è il cielo
il soggetto principale, ma è sempre mare che ribolle, costa che precipita,
scontro di linee e di forze.
Non è un caso che Giovanni Testori, il grande
studioso di pittura lombarda la cui religiosità era profondamente concreta e
terrena, abbia avuto parole di apprezzamento per Linari. Il suo rapporto col
mare, ravvicinato e intenso, è simile a quello intrattenuto con la montagna
alpina dal pittore svizzero Willy Varlin,
tra gli artisti più amati da Testori.
Accanto ai lavori di Linari, presentiamo altri
paesaggisti attivi nella stessa epoca. Con molti di loro i rapporti erano
stretti: Giuseppe Caselli, infatti, ha lavorato nell’ampio studio che Linari
aveva nello stesso palazzo di via Torino in cui abitava; Vincenzo Frunzo era un
amico; Gino Bellani e Pietro Rosa gli rimasero vicini anche nel periodo finale.
Un’altra artista, non identificabile semplicemente come ‘paesaggista’, con cui
Linari condivideva molti punti di vista era Maria Questa.
Gli otto artisti spezzini che presentiamo declinano
il tema, che di per sé offre possibilità infinite, con modalità meno dissimili
di quanto potremmo aspettarci. Al di là degli stili di ciascuno di loro si
coglie una speciale “aria di famiglia” che unisce le opere. Nella varietà di
interpretazioni il dato comune – comune anche a Linari - è dato dal progressivo
sfumare dei particolari verso un’espressione informale e indefinita della
natura. La fedeltà ai luoghi si trasforma senza forzature in espressione di
interiorità, in “paesaggio-stato d’animo”.
Questa tendenza è il riflesso di una tendenza
nazionale ed è quindi prova di come i pittori spezzini fossero attenti
osservatori dei linguaggi più innovativi dell’arte, anche grazie alle edizioni
del Premio Nazionale di Pittura “Golfo della Spezia”, che si sono succedute dal
1949 al 1965 e che annoveravano la partecipazione dei pittori più affermati del
Paese.
Il dibattito pittorico in quegli anni verteva
appunto sulla possibilità di abbandonare la figurazione o quanto meno di
filtrarne la rappresentazione secondo moduli stilizzati. Un’interpretazione ‘astratta’
del paesaggio si rileva, è ben noto, già in Cezanne, che sul tema rappresenta
il termine di confronto ineliminabile per qualunque pittore ed in seguito in
tutti quelli che grossolanamente vengono definiti post-cubisti.
Tra gli artisti che aderiscono in Italia ai
movimenti più coinvolti in questi sviluppi (Corrente
(1938-1945), Fronte Nuovo delle Arti
(1946-1950) e Gruppo degli Otto (1952)) ritroviamo sempre due figure che più
di altre costituiscono un riferimento non trascurabile per i pittori spezzini.
Essi sono Ennio Morlotti e, soprattutto, Renato Birolli. Il primo da Bordighera, il secondo attraverso
la sua lunga permanenza nelle Cinque Terre, hanno sicuramente esercitato un’influenza
diretta sulla ricerca pittorica del nostro territorio, incoraggiando i vari
protagonisti a sganciarsi da moduli più tradizionali. Le influenze sono remote
sul più anziano Aprigliano e sul più isolato e refrattario Borella, ma sono dirette
nel più “avanguardista” tra gli artisti in mostra, Giovannoni.Nei lavori dell’ultimo
Linari e di Saturno, aboliti i contorni, il colore dilaga senza freni
suggerendo il paesaggio per via puramente analogica. È dato, però, anche il
percorso inverso: Frunzo e Prini scelgono in vecchiaia, dopo aver aderito
all’informale, di tornare alla salda realtà delle cose.
Enrico Formica
Giacomo Linari : Cercare risposte
Ho avuto il piacere di
addentrarmi in tempi diversi piuttosto in profondità nella ricerca pittorica di
Giacomo Linari e sono convinto che nei dipinti a contenuto sacro desiderasse
rivelare la sua genuina partecipazione ai temi trattati e la sua esperienza di
credente. Che non fosse una persona superficiale lo si evince anche nelle
pagine che ci ha lasciato, nelle quali affronta con approccio
significativamente riflessivo la relazione fra l’arte e la fede. Due strade
percorse facendosi portatore di una testimonianza per cui l’artista è chiamato
a svelare, con le parole di Paolo VI, “una capacità prodigiosa di esprimere
oltre l’umano autentico, il religioso, il divino, il cristiano”.
Ebbene, scorrendo i vari
momenti che caratterizzano il vissuto artistico di Linari si deduce come egli
attribuisse all’arte una valenza esistenziale, per cui i temi affrontati anche
ripetitivamente, quali la veduta, l’amatissimo mare, il ritratto, l’immagine di
Maria e il prediletto volto di Cristo, non rappresentavano mai qualcosa di
scontato. Al contrario, venivano acquisiti dal pittore come passaggi
fondamentali per affermare e consolidare la sua vocazione di uomo e di artista,
che fronteggiava il processo formativo dell’opera con atteggiamento tutt’altro
che abitudinario, manifestando una dimensione progettuale accompagnata da
sincero entusiasmo.
Il pittore univa il cuore allo
sguardo indirizzato verso i temi da dipingere, ponendosi l’obiettivo di
sensibilizzare riflessioni non effimere, di stupire ed anche di stupirsi.
Dell’arte sacra, che ha assorbito tanta parte della sua creatività, aveva,
infatti, una concezione dinamica, per cui non giustificava la banalità, né,
soprattutto, intendeva la pittura come soluzione esclusivamente tecnica.
Sosteneva Linari che il compito
dell’artista è anche quello di far nascere dal profondo dell’anima la fede, la purezza e il “fuoco della fede”
riprendendo il titolo della mostra, come significato e valore collettivo e
sapeva, e mi affido alle accoglienti parole di Giorgio Mascherpa, che “la
religiosità è un sentimento che alberga in tutti i cuori ed in maniera diversa,
ma che fa parte della vita stessa, della nostra missione, della nostra
quotidianità, ma anche della nostra umanità”.
Considero tuttora pertinente la mia analisi rivolta
all’opera di Linari, che risale al 1993, immediatamente all’indomani della sua
scomparsa. Scrivevo “che nei dolentissimi Volti di Cristo, mai sfiorati da eccessi
espressivi, si nasconde un’umanità ferita ed emarginata”. Quella di Cristo
sofferente è un’immagine di notevole importanza che ha avuto uno spazio
significativo nei pensieri e nei sentimenti del pittore, attribuendovi una
straordinaria capacità evocativa. Nelle sue commoventi sembianze Linari ha
richiamato i molteplici disagi dell'esistenza umana, il cercare continuamente
risposte, e “si é pubblicamente confessato perché il suo dire raggiungesse il
nostro cuore e non si assopisse repentinamente”.
L’omaggio espositivo al Museo
Diocesano, pressoché contestuale a quello allestito al Liceo Artistico, ci
consegna il profilo di un artista scrupoloso e ricco di spiritualità e di
cultura che con la sua pittura immersa nella storia dell’uomo ha raccolto
diffusa stima, che oggi gli viene nuovamente riconosciuta.
Valerio P.Cremolini
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