Sezione Eventi Artistici e Culturali
" TOSCA" di G. Puccini
Vecchiano (PI), CINEMA TEATRO OLIMPIA
il 29/11/2014 - ore 21,15
L'associazione ORFEO InScena -
Cantiere Lirico Permanente e Il Comune di Vecchiano sono lieti di
presentare il capolavoro di G. Puccini
- "TOSCA" -, che andrà in scena sabato 29 novembre
alle ore 21,15 presso il Cinema Teatro Olimpia di Vecchiano (PI).
Il cast, diretto alla regia da Salvatore
Ciulla, è composto da: FLORIA TOSCA - Marina Fratarcangeli, MARIO CAVARADOSSI – Simone
Mugnaini, Il BARONE SCARPIA - Carlo Morini, CESARE ANGELOTTI – Alessandro
Ceccarini, Il SAGRESTANO – Jacopo Bianchini, SPOLETTA – Mentore Siesto,
SCIARRONE - Jacopo Bianchini, Un CARCERIERE - Alessandro Ceccarini, Un PASTORE
- Francesca Mercadante, con l’accompagnamento al pianoforte del M° Alessandro Cavallini e del quartetto d’archi dell’Orchestra Sinfonica di Grosseto. Coro Laboratorio Lirico San Nicola
diretto dal M° Marco Bargagna.
Biglietto: Intero € 18,00 – Ridotto € 15,00
(Under 18, studenti universitari, Over 65, soci Unicoop Firenze).
Acquisto
biglietti al botteghino e on-line: Comune di Vecchiano 050 859628 – 050 859648
Info:
320 4104715 - info@orfeoinscena.it - www.orfeoinscena.it
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Per quest'opera
Puccini si ispirò al dramma La Tosca di Victorien Sardou. Dopo alcuni contrasti e ripensamenti,
nell'ottobre 1899 l’opera fu completata ed il 14 gennaio 1900 venne
rappresentata al Teatro Costanzi di Roma.
Inizialmente criticata da una parte della stampa, che si attendeva un lavoro
più in linea con le due precedenti opere di Puccini, Tosca si affermò ben presto in repertorio
e nel giro di tre anni fu rappresentata nei maggiori teatri lirici del mondo. Tosca è considerata l'opera più drammatica di Puccini, ricca com'è di
colpi di scena e di trovate che tengono lo spettatore in costante tensione. Il
discorso musicale si evolve in modo altrettanto rapido, caratterizzato da
incisi tematici brevi e taglienti, spesso costruiti su armonie dissonanti, come
quella prodotta dalla successione degli accordi del tema di Scarpia che apre
l'opera. La vena
melodica di Puccini ha modo di emergere nei duetti tra Tosca e Mario, nonché
nelle tre celebri romanze, una per atto ("Recondita armonia", "Vissi
d'arte", "E lucevan le stelle"), che rallentano in direzione
lirica la concitazione della vicenda. L'acme drammatico è invece costituito dal
secondo atto, che vede come protagonista il sadico
barone Scarpia, nel quale l'orchestra pucciniana assume sonorità che anticipano
l'estetica dell'espressionismo musicale tedesco.
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TRAMA:
L'azione si
svolge a Roma nell'atmosfera tesa che segue l'eco degli avvenimenti
rivoluzionari in Francia, e la caduta della prima Repubblica Romana in una data
ben precisa: Sabato 14 giugno 1800, giorno della Battaglia di Marengo.
Atto primo
Angelotti (basso),
bonapartista ed ex console della Repubblica Romana, è fuggito dalla prigione di
Castel Sant'Angelo e cerca rifugio nella chiesa di Sant'Andrea della Valle,
dove sua sorella, la marchesa Attavanti, gli ha fatto trovare un travestimento
femminile che gli permetterà di passare inosservato. La donna è stata
ritratta, senza saperlo, in un quadro dipinto dal cavalier Mario Cavaradossi
(tenore). Quando irrompe nella chiesa un sagrestano (basso), Angelotti si
nasconde nella cappella degli Attavanti. Il sagrestano, borbottando ("...
e sempre lava..."), mette in ordine gli attrezzi del pittore che di lì a
poco sopraggiunge per continuare a lavorare al suo dipinto ("Recondita
armonia..."). Il sagrestano finalmente si congeda e Cavaradossi scorge
nella cappella Angelotti, che conosce da tempo e di cui condivide la fede
politica. I due stanno preparando il piano di fuga ma l'arrivo di Floria Tosca
(soprano), l'amante di Cavaradossi, costringe Angelotti a rintanarsi di nuovo
nella cappella. Tosca espone a Mario il suo progetto amoroso per quella sera
("Non la sospiri la nostra casetta..."). Poi, riconoscendo la
marchesa Attavanti nella figura della Maddalena ritratta nel quadro, fa una
scenata di gelosia a Mario che, a fatica ("Qual occhio al mondo..."),
riesce a calmarla e a congedarla.
Angelotti esce
dal nascondiglio e riprende il dialogo con Mario, che gli offre protezione e lo
indirizza nella sua villa in periferia. Un colpo di cannone annuncia la fuga
del detenuto da Castel Sant'Angelo; Cavaradossi decide allora di accompagnare
Angelotti per coprirlo nella fuga e portano con loro il travestimento
femminile, dimenticando però il ventaglio nella cappella.
La falsa notizia
della vittoria delle truppe austriache su Napoleone a Marengo fa esplodere la
gioia nel sagrestano, che invita l'indisciplinata cantoria di bambini a
prepararsi per il Te Deum di ringraziamento. Improvvisamente sopraggiunge con i
suoi scagnozzi il barone Scarpia (baritono), capo della polizia papalina che,
sulle tracce di Angelotti, sospetta fortemente di Mario, anch'egli
bonapartista.
Per riuscire ad
incolparlo ed arrestarlo e poter quindi scovare Angelotti, egli cerca di
coinvolgere Tosca, ritornata in chiesa per informare l'amante che il programma
era sfumato in quanto ella era stata chiamata a cantare a Palazzo Farnese per
festeggiare l'avvenimento militare ("Ed io venivo a lui tutta
dogliosa..."). Scarpia suscita la morbosa gelosia di Tosca usando il
ventaglio dimenticato nella cappella degli Attavanti. La donna, credendo in un
furtivo incontro di Mario con la marchesa, giura di ritrovarli. Scarpia, che
ha raggiunto il suo scopo, la fa seguire ("Tre sbirri, una carrozza,
presto..."). Mentre Scarpia pregusta la sua doppia rivalsa su Cavaradossi
- ucciderlo e prendergli la donna - comincia ad affluire gente in Chiesa per
inneggiare alla vittoria e a cantare il "Te, Deum".
Atto secondo
Mentre al piano
nobile di Palazzo Farnese si sta svolgendo una grande festa alla presenza del
Re e della Regina di Napoli, per celebrare la vittoriosa battaglia; nel suo
appartamento Scarpia sta consumando la cena. Spoletta (tenore) e gli altri
sbirri conducono in sua presenza Mario che è stato arrestato. Questi,
interrogato, si rifiuta di rivelare a Scarpia il nascondiglio di Angelotti e
viene quindi condotto in una stanza dove viene torturato.
Tosca, che poco
prima aveva eseguito una cantata al piano superiore, viene convocata da
Scarpia, il quale fa in modo che ella possa udire le urla di Mario. Stremata
dalle grida dell'uomo amato, la cantante rivela a Scarpia il nascondiglio
dell'evaso: il pozzo nel giardino della villa di Cavaradossi. Mario, condotto
alla presenza di Scarpia, apprende del tradimento di Tosca e si rifiuta di
abbracciarla. Proprio in quel momento arriva un messo ad annunciare che la
notizia della vittoria delle truppe austriache era falsa, e che invece è stato
Napoleone a sconfiggere gli austriaci a Marengo. A questo annuncio Mario
inneggia ad alta voce alla vittoria, e Scarpia lo condanna immediatamente a
morte, facendolo condurre via. Disperata, Tosca chiede a Scarpia di concedere
la grazia a Mario. Ma il barone acconsente solo a patto che Tosca gli si
conceda. Inorridita, la cantante implora il capo della polizia e si rivolge in
accorato rimprovero a Dio (Vissi d'arte, vissi d'amore). Ma tutto è inutile:
Scarpia è irremovibile e Tosca è costretta a cedere. Scarpia convoca quindi
Spoletta e, con un gesto d'intesa, fa credere a Tosca che la fucilazione sarà
simulata e i fucili caricati a salve. Dopo aver scritto il salvacondotto che
permetterà agli amanti di raggiungere Civitavecchia, Scarpia si avvicina a
Tosca per riscuotere quanto pattuito, ma questa lo accoltella con un coltello
trovato sul tavolo. Quindi prende il salvacondotto dalle mani del cadavere e,
prima di uscire, pone religiosamente due candelabri accanto al corpo di
Scarpia, un crocifisso sul suo petto, e finalmente esce.
Atto terzo
È l'alba. In
lontananza un giovane pastore canta una malinconica canzone in romanesco. Sui
bastioni di Castel Sant'Angelo, Mario è ormai pronto a morire e inizia a
scrivere un'ultima lettera d'amore a Tosca, ma, sopraffatto dai ricordi, non
riesce a terminarla (E lucevan le stelle). La donna arriva inaspettatamente e
spiega a Mario di essere stata costretta ad uccidere Scarpia. Gli mostra il
salvacondotto e lo informa quindi della fucilazione simulata. Scherzando, gli
raccomanda di fingere bene la morte. Ma Mario viene fucilato veramente e Tosca,
sconvolta e inseguita dagli sbirri che hanno trovato il cadavere di Scarpia,
grida "O Scarpia, avanti a Dio!" e si getta dagli spalti del castello.
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