La finestra è stata classicamente intesa come metafora dell’opera d’arte.
Il quadro, appeso sui muri delle case, dei musei, apre una finestra sull’energia creativa del suo autore: sensibilità, intuizione, emozione.
Anna Mancinelli, attraverso il medium fotografico, in uno dei suoi attuali percorsi di ricerca, l’ha messa al centro della propria riflessione artistica.
Ha costruito intorno al concetto di “confine valicabile” una pluralità di segni e significati.
Pensata come confine tra dentro e fuori diviene spazio di rapporto e confronto tra realtà fisiche diverse, tra il microcosmo interno ed il “grande esterno”.
Permette un attraversamento esclusivamente visivo che non genera ansia.
Se è chiusa provoca il buio.
Lascia entrare gradi di luce secondo la sua apertura.
Protegge, ma non preclude lo sguardo.
Difende il ” bisogno di concavità” dell’uomo, ma alimenta la comunicazione e la conoscenza.
L’oggetto finestra nella sua accezione di soglia ed orizzonte virtuale, si carica di significati simbolici ed esistenziali ma trasferita nell’azione artistica e trasformata in immagine, acquista un’ulteriore autonomia e, pur conservando la sua ricchezza speculativa, impone le ragioni della sua consistenza fisica, della sua oggettualità funzionale, della sua forma estetica, del contesto abitativo di riferimento. Diventa, per Anna Mancinelli, un soggetto carico di forza attrattiva, di personalità visiva, di emanazione poetica.
Dalle sue stampe fotografiche affiorano molteplici ambiti di ricerca: riguardano la scelta dei punti di vista, precisi, funzionali, talvolta inusuali in tagli di grande obliquità o di verticalità estrema; riguardano la particolare geografia spiata dal retro finestra, dall’attraverso, dal riflesso sui vetri, dalla trasparenza illusoria; hanno a che fare con la densità della composizione o con l’estrema linearità dove è possibile immaginare storie e dare libertà alla fantasia.
Si leggono teorie di finestre la cui scansione geometrica ritma lo spazio o una solitaria ipnotica finestra da meditazione. L’ambientazione è suggerita più per sottrazione di elementi che per sovrabbondanza.
La dimensione temporale è solo evocata.
Realtà e verità sono lievitate dallo stupore di chi guarda e gli stessi oggetti si rivestono di meraviglia.
Il mio scopo ha detto una volta Robert Adams è di fare intravedere il potere dei nostri occhi, non la potenzialità di un’apparecchiatura fotografica.
Scorrendo le fotografie in mostra è inevitabile andare oltre la dimensione estetica, certamente importante, per incontrare quella della consapevolezza etica e visiva, dove si racconta della vita di Anna Mancinelli, di cui le immagini segnano un’importante traccia biografica: il rapporto col mondo che la circonda e di cui è parte, lo sguardo che fa vivere gli oggetti di cui interpreta l’anima, quali sono le sue personali meraviglie, come “fila” il suo tempo.
Cercare, vedere, guardare, aspettare, scegliere, camminare dentro e fuori se stessa fino a quando tutto è inspiegabilmente giusto per premere l’otturatore.
La bellezza in fotografia è tutto questo, oltre alla composizione, alla novità, all’aderenza alla propria inalienabile individualità.
Se l’immagine è più chiara della vita, l’autore sarà dentro la sua fotografia che sarà espressiva, significativa, naturale.
Naturale? E’ il punto massimo della ricerca.
Giovanna Riu, aprile 2012
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