Sezione - Gemellaggio Artistico
Tempo e solitudine
( sulla
poetica di Paolo Bertolani )
Dalla
raccolta: LIBI
Opera di Ezia Di Capua Dedicata al Gemellaggio Artistico 2015 |
Leggendo “ Libi “ ( Libri ) colgo un P. Bertolani ad
alto livello poetico. E’ la sua una poetica decadente, forte da sferzare ogni
residuo di vanità umana. Decadente nell’accezione più consona del decadentismo
italiano e europeo, vale a dire la caduta dei valori tradizionali e la
contrapposizione al positivismo.
Si
tratta così di rivalutare quei semplici valori umani, - legati quindi
all’esistenza e alla condizione umana – lontani dagli slanci idealistici di un
romanticismo in vena di effimere esaltazioni. Già dalla seconda poesia di
questa raccolta, “ Fatésse “ (Forme)
si delinea una versione nichilista del mondo, delle cose che sono “per – la –
morte”, per la scomparsa e anche repentinamente: “ E’ roba di secondi fare il conto..” Ciò è rimarcato nella
successiva, “ Sito “ (Campo) dove si
delinea un naufragare metaforico: “ ..
barchetta sperduta fra poco/ dentro un mare d’ombra. “
Un
P.Bertolani decadente-esistenzialista che entra a merito nella poesia del ‘900,
insieme a De André, Ungaretti e l’ultimo Pavese, affronta in questa raccolta
due temi essenziali: il Tempo e la Solitudine. Questa
la sua poetica che ci evidenzia la sua visione della condizione umana. “ Passano i giorni, gli anni../.. della
lucciola che di notte naviga da sola lungo un mare di grano. “ E queste
immagini, della lucciola, della barchetta, sole in mezzo a un mare d’ombra, un
mare di grano.. sono la “presenza” e la “scomparsa”, e il poeta insegue i suoi
momenti andati, non per ricordarli ma per farli riemergere pur con la
consapevolezza che sarà una sfida persa.
Il
tempo implacabile, dominatore, da lasciarci atterriti e impotenti di fronte
alla sua ineffabile e ineluttabile costante. Ne è un forte esempio “ Dae
fenèstre “ (Dalle finestre) con quel suo ultimo verso: “.. cane di un tempo,/ che non riesco/ a tenere
alla catena. “ Ineluttabile, anche se qui il poeta non si rassegna. – una
caratteristica di Bertolani - “.. che non riesco.. “ ossia ci prova a
tenerlo alla catena, lotta pur sapendosi perdente. Ed è come una rabbia anche
verso le “ragazze” che osserva dalle finestre, che lo lasciano solo, si
allontanano da lui per la differenza di età ( distanza ): “.. Si allontanano,/ ridono che è una marcia
vergogna:/ loro è ancora tutto il tempo.. Il suo che gli resta è “.. una vena vicino a un rasoio. “ Anche se
Bertolani si esprime in prima persona, questo verso ha valore storico, vale a
dire universale, riguarda l’intera umanità. Tutti siamo legati all’imprevedibile:
basta un niente e il rasoio può lacerare la vena. E’ un altro aspetto decadente
che mi rievoca il Pascoli della “Vertigine”, dove il poeta si aggrappa a uno
stelo, a un filo d’erba per non cadere in cielo.
E’
una solitudine, quella di Paolo, di esistenziale individualità, comunque venga
trasferita su livello cosmico. Tutto si perde anche nella moltitudine, e ti
accorgi del tuo esistere staccato dal resto. Sei solo con la tua solitudine e
la tua paura di esser solo. “ Ormai ci
siamo,/ con i nostri malanni, e poi ci danno degli occhiali rosa, e passa
tutto../.. E’ proprio ora che tutto potrebbe capitare.. Affacciarsi alla porta
il lupo: quello vero,/ a denti digrignati, non quello delle favole.”
Questa
poesia dal titolo “ Pèrguo (foeta) “ ( Pergolato, favoletta ) ci dà l’idea di ciò
che la realtà è in atto. Gli occhiali rosa per proteggerci dalle avversità non
bastano più; l’illusione di un mondo sicuro e felice s’è infranta come
“all’apparir del vero” leopardiano. A ricordarcelo c’è il “lupo”, la realtà
cruda che ci artiglia senza remissione.
Giovanni
Tesio nella sua postfazione fa un parallelo con H. Von Kleist, a mio avviso un
po’ forzato; giusta la suggestione di Machado per la sua “soledades”. Ma è in
un passaggio sintetico che cattura l’essenza della poetica di Bertolani: “
Tutta la poesia di Bertolani è un tentativo di esprimere il segreto palese del
mondo, di cogliere i frammenti sparsi della sparizione.. nell’interrogativo che
denuncia la scomparsa e l’annuncio dell’esserci. Ed è proprio qui, in questo
transito di vita-morte, di presenza e di distanza, che la scrittura di
Bertolani conquista la sua necessità di lingua romita e marginale.”
Quella
“sparizione” è il divenire, ossia il tempo, ossia il mutamento. Bertolani cerca
di racchiudere non i ricordi, ma la consistenza effettiva di quei momenti che
sono naufragati nella “sparizione”. Anche l’uso del dialetto vorrebbe bloccare
quel mondo, inchiodarlo come a una croce. Per conto mio è una scelta
limitativa, - quella del dialetto – che confina i caratteri universali della
poesia dentro un recinto territoriale. La traduzione, come per tutti gli altri
poeti stranieri, è quindi indispensabile.
Tesio
usa poi un termine inequivocabile: l’esserci. E’ l’ente, ovvero l’uomo qui, in
un certo luogo; è il “ da-sein “ heideggeriano,
l’esistenza in un divenire verso la morte. E la “distanza”, o “estraneità”
altro non è che la solitudine dell’esistenza individuale. Ecco Machado nella
poesia a lui dedicata: “ Il mio Machado che gli dico ciao,/ che non mi
toglie mai il saluto/ prima di addormentarmi in un mare/ di vuoti e di pieni,
ma dove i vuoti/ la fanno da padroni.. Sono quei “vuoti” che Bertolani
vorrebbe riempire, ed è cosciente che quei vuoti sono “riempiti” dalla sua
solitudine. E “ .. sarà come vedere nello specchio riemergere un viso morto/
come ascoltare un labbro chiuso.. scenderemo nel gorgo muti.” scrive Pavese.
Muti, in silenzio ce ne andremo annientati lentamente. Soli con la flebile voce
della poesia: “ La poesia è un soffio/ di voce nel frastuono,/ un andarsene
via. “
Nella
poesia “ Come una favola “, è più evidente quell’aspetto decadente
riferito, in questo caso, all’abbandono di un valore tradizionale quale la
fede. “.. mollate cristi e madonne e curatevi quei piedi.” E’ più
importante avere cura del proprio corpo qui sulla terra, che vagheggiare un
improbabile premio nell’oltretomba guadagnato attraverso la sofferenza. Ed è
altresì più importante una solidarietà umana che non viene giù dall’alto per
mezzo della provvidenza, ma nasce dal puro istinto di aiuto di chi conosce gli
affanni e li affronta con le sue sole forze.
Luigi Leonardi
Fosdinovo,
30 agosto 2015
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