mercoledì 30 aprile 2014
domenica 27 aprile 2014
EZIA DI CAPUA : ENCOMIO SOLENNE al Premio Internazionale di Letteratura SIGILLO DI DANTE 2013
SIGILLO DI DANTE 2013
II Edizione
Con il
patrocinio di : Regione Liguria, Città della Spezia, Comune di Deiva Marina,
Avis della Spezia, Autorità Portuale della Spezia, Porto Lotti della Spezia
La Giuria del Premio Internazionale di Letteratura " Sigillo di Dante" è composta da:
Presidente: prof. Giuseppe Benelli
Membri: Prof.ssa Mara Bortolotto, Avv. Ignazio Gaudiosi, Dott. Vincenzo Manna, Prof.ssa Donatella Zanello
La Giuria del Premio Internazionale di Letteratura " Sigillo di Dante" è composta da:
Presidente: prof. Giuseppe Benelli
Membri: Prof.ssa Mara Bortolotto, Avv. Ignazio Gaudiosi, Dott. Vincenzo Manna, Prof.ssa Donatella Zanello
A giudizio insindacabile della Commissione Esaminatrice siamo
lieti di comunicare all’ Artista
Ezia Di Capua che alla sua composizione dal titolo “ A mia
madre “ è stato conferito:
L’ENCOMIO SOLENNE
Nel congratularci vogliamo comunicarle che la cerimonia di
premiazione avrà luogo a Deiva Marina nel giorno Domenica 27 Aprile 2014, ore 16,00 in Sala Consiliare
del Comune di Deiva.
Saranno presenti Autorità ed Esponenti dell’Arte e della Cultura.
Saranno presenti Autorità ed Esponenti dell’Arte e della Cultura.
martedì 22 aprile 2014
LA MISURA DELL' AMORE di Ezia Di Capua - Recensione di Carmen Claps
In copertina "Oltre" Acquerello di Ezia Di Capua 2008 - particolare - |
Definire una biografia questo lavoro
che Ezia dedica alla mamma, Carla Gallerini, è profondamente ingiusto e
fortemente riduttivo. Quasi sempre le biografie si risolvono in un’arida
esposizione cronologica di eventi di cui qualcuno è stato più o meno
protagonista. Ma "La Misura dell’Amore" va molto "oltre". Cerco di spiegarmi. Ezia
inserisce la storia della sua mamma (si, mi piace chiamarla storia anziché vita
perché è un termine più adatto al personaggio Carla) nel contesto del periodo e
del luogo in cui Carla è vissuta e ha operato. Questo nel modo più completo, ma
anche più accattivante, oserei dire divertente. La Misura dell’amore finisce
per essere un bel quadro (ma non potrebbe essere altrimenti, visto che Ezia è
anche un’affermata pittrice) di un’epoca e di un paese. Siamo di fronte a un
racconto che può essere definito corale: mi ha fatto tanto pensare a quel
capolavoro quasi sconosciuto che è "Giù la piazza non c’è nessuno" della grande
Dolotres Prato. Campeggia titanica Carla, ma ha intorno una bella serie di
comprimari, cammei e comparse, che, pur tratteggiati con pennellate fulminanti,
risaltano completi e restano indimenticabili. Sullo sfondo, un paesaggio
mozzafiato come quello di San Terenzo e d’intorni ed Ezia è nel suo a
descriverlo attraverso gli occhi e il cuore di Carla. Inutile dire che,
seguendo la vita della mamma, l’autrice recupera tutto un modo di vivere (usi,
cibi, abbigliamento, arredi e chi più ne ha più ne metta) ormai certo lontano
dal mondo di oggi, anche se non sono davvero trascorsi secoli dagli eventi
narrati. Quel patrimonio va conservato, coccolato ed Ezia raggiunge in pieno
questo scopo.
Ma andiamo per ordine: partiamo
proprio dall’inizio, dal titolo, ripreso da una bellissima riflessione di
Sant’Agostino, una delle tante e che Carla ha scelto come suo manifesto: " La
misura dell’amore è amare senza misura ". Questo titolo è azzeccatissimo, in
quanto anticipa alla perfezione il contenuto dell’opera. Infatti il lettore si
rende conto ben presto che questo è un romanzo d’amore, amore inteso nel senso
più completo del termine. Intanto l’amore di Ezia per la mamma, ma amore perché
questa è la caratteristica principale della personalità di Carla, un amore a
360 gradi: per i familiari, per i concittadini, per le persone in genere, in
particolare per quelle che vivono qualche difficoltà: giovani che devono
trovare la loro strada, malati che non hanno la forza fisica e mentale per
percorrerla, anziani che se la vedono ormai alle spalle con nostalgia e senso
di resa; amore per il proprio territorio, per la cultura, per la politica, per
le esperienze nuove, per se stessa, insomma per la vita.
Carla è una personalità dalle mille
sfaccettature e Ezia ce la presenta proprio a tutto tondo, impresa non semplice
questa, considerato il difficilissimo rapporto che da sempre lega ogni madre ad
ogni figlia: amore infinito e dissidi insanabili, vicinanze perfino soffocanti
e lontananze siderali. Ebbene, la nostra autrice riesce a superare, anzi, a
contemperare tutto questo. Nel suo libro (non è un libriccino, Ezia, non lo è)
fonde a meraviglia la commozione dovuta all’amore filiale con il rigore di un
saggista. Per questo Carla viene fuori con due diverse angolazioni. Da una
parte ci appare come una figura mitica, avvolta nell’atmosfera magica e un po’
misteriosa del suo mare, quasi una divinità, che tutto crea, tutto sorveglia,
tutto ama. Dall’altra è un personaggio rigorosamente storico, analizzato fino
in fondo.
Ezia conferisce una struttura molto
raffinata e sapiente al suo lavoro: lo divide in due parti, la prima più
squisitamente biografica, nella quale segue Carla nel suo progressivo prendere
coscienza di sè e del mondo, di cosa avrebbe potuto e voluto fare per
concretizzare quel vulcano di idee che le ribolliva dentro. La seconda parte è
dedicata più specificamente alla personalità di Carla. Ezia seziona con
l’attenzione, la meticolosità, la lucidità di un anatomista le pieghe più
nascoste dell’individualità della mamma, regalandoci una serie di brevi
capitoli impagabili nei quali ci spiega, per esempio, il rapporto di Carla con
il cielo, il mare, la sabbia. Il paesaggio, la natura sono fondamentali per la
nostra protagonista: Carla è parte integrante del paesaggio e il paesaggio è
parte integrante di lei, in un interscambio intensissimo. Da una parte il
paesaggio suscita sempre profonde emozioni, riflessioni; dall’altra lo stato
d’animo si riflette nel paesaggio. In questi capitoli Ezia raggiunge vette di
autentica poesia. Poi il rapporto di Carla con gli amici, con la poesia, la
pittura, il bel canto, l’attualità, tutto attraverso gustosissimi aneddoti.
Ezia è inappuntabile anche dal punto
di vista strettamente formale. Adotta un espediente davvero da maestro: nella
prima parte, come abbiamo visto, di carattere più prettamente “scientifico”, la
narrazione è condotta in terza persona, a indicare l’oggettività; nella seconda
parte la narrazione, invece, è in prima persona, in sintonia con il carattere
più intimo dell’argomento. Commossa la scrittura della nostra autrice, quasi
che, come confessa lei stessa, intervenisse un impulso irrefrenabile a
spingerla a scrivere, una forza irresistibile e misteriosa (misteriosa?), ma
soprattutto una necessità vitale di fissare su carta quei ricordi e quelle
sensazioni, per esorcizzare e stemperare il dolore. Scrittura terapeutica,
quindi, ma assolutamente non enfatica, retorica o roboante: la scrittura di
Ezia è scorrevole, piacevolissima con frequenti tratti di deliziosa,
intelligente ironia. Anche la punteggiatura è inappuntabile, e, in un periodo
in cui è considerata un optional, consola e rallegra l’uso della punteggiatura
intermedia, ormai dimenticata.
A lettura conclusa Carla è diventata
per il lettore una vecchia amica; non rimpiangiamo di non averla mai conosciuta
di persona, perché l’incontro che Ezia ci ha organizzato in questo libro è più
che sufficiente.
Mi piacerebbe tanto veder realizzato
un film da questo libro e avrei già l’attrice, le attrici perfette per il ruolo
della protagonista: Geena Rowlands o Susan Sarandon.
Carmen Claps
Carmen Claps: Laureata in lettere antiche
– Pisa 1975 Tesi su “ Metafore nella Commedia di Plauto “
Scrittice, appassionata lettrice – Nel 1997 con
Gabriella Bertone direttrice della
Biblioteca di Sarzana inizia un percorso
singolare e interessante, vivo tutt’oggi, che la vede autorevole correttrice di
bozze.
Molte le sue prefazioni pubblicate, riconosciuta
preziosa commentatrice è protagonista applauditissima nella presentazione di libri e testi di autori
nazionali
Hanno scritto relativamente a “La Misura dell’Amore” :
Sindaco
Emanuele Fresco, Prof. G.Luigi Coluccia, Dott.ssa Maria Letizia Stangalino,
Vasco Bardi scrittore e poeta, prof. Franco Ortis, Dott.ssa Donatella Zanello
scrittrice e poetessa, Gabriella Molli giornalista scrittrice, Dott.ssa
Gabriella MIgnani scrittrice, giornalista saggista, Anna Magnavacca scrittice
poetessa, Marzia Zini, Marisa Marino pittrice, Cristina Polenta Blogger, curatore d'arte, Maria Giovanna Guidone pittrice,
Marco Raiti scrittore e poeta, Luigi Leonardi scrittore poeta artista, Carmen Claps laureata in lettere antiche - commentatrice,
CLICCA SUI LINK PER LEGGERE LE RECENSIONI
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La Misura dell’Amore – Comune di Lerici - Presentazione 2011 http://salacargia.blogspot.it/2011/12/la-misura-dellamore-quando-le-parole.html
La Misura
dell'Amore - recensione di V.Bardi: http://salacargia.blogspot.it/2012/09/la-misura-dellamore-di-ezia-di-capua_1981.html
La Misura dell'Amore -recensione di M.L. Stangalino: http://salacargia.blogspot.it/2012/09/la-misura-dellamore-maria-letizia.html
La Misura dell'Amore -recensione di M.L. Stangalino: http://salacargia.blogspot.it/2012/09/la-misura-dellamore-maria-letizia.html
La Misura dell’Amore – recensione di Donatella Zanello:http://salacargia.blogspot.it/search?q=la+misura+dell'amore
La Misura dell’Amore – recensione di G.L.Coluccia:http://salacargia.blogspot.it/2012/09/la-misura-dellamore-di-ezia-di-capua.html
La Misura dell’Amore – recensione di L. Leonardi http://salacargia.blogspot.it/2012/09/la-misura-dellamore-di-ezia-di-capua_1.html
La Misura dell’Amore – recensione di Marco Raiti http://salacargia.blogspot.it/2012/09/la-misura-dell-amore-di-ezia-di-capua.html
La Misura dell’Amore – recensione di Marzia Zini http://salacargia.blogspot.it/2012/09/la-misura-dell-amore-di-ezia-di-capua_1.html
La Misura dell’Amore – intervista di C. Polenta http://salacargia.blogspot.it/2011/12/ezia-di-capua-intervistata-per-art-open.html
La Misura dell’Amore – recensione di F.Ortis:http://salacargia.blogspot.it/search?q=ortis+la+misura+dell'amore
La Misura dell’Amore – recensione di G. Mignani:http://salacargia.blogspot.it/search?q=gabriella+mignani+la+misura+dell'amore
La Misura dell’Amore – recensione di G.Molli http://salacargia.blogspot.it/2012/09/la-misura-dellamore-di-ezia-di-capua_372.html
La Misura dell’Amore – recensione di Magnavacca http://salacargia.blogspot.it/search?q=la+misura+dell'amore++anna+magnavacca
La Misura dell’Amore – recensione di M.Marino http://salacargia.blogspot.it/search?q=la+misura+dell'amore+marisa+marino
La Misura dell’Amore – rec.di M.G.Guidonehttp://salacargia.blogspot.it/searchq=la+misura+dell'amore+maria+giovanna+guidone
La Misura dell’Amore – recensione di Carmen Claps http://salacargia.blogspot.it/2014/04/la-misura-dell-amore-di-ezia-di-capua.html
La Misura dell’Amore – LA NAZIONE
http://salacargia.blogspot.it/2014/01/la-nazione-ezia-di-capua-incoronata-per.html
IMPORTANTE:
E’ concesso
l’utilizzo di materiale/testi ai soli fini di studio citando l’Autore, la
bibliografia completa e il Blog di Sala Culturale CarGià come fonte.
Ringrazio anticipatamente
Ezia Di Capua
Ringrazio anticipatamente
Ezia Di Capua
mercoledì 16 aprile 2014
EZIA DI CAPUA commenta una sua opera dedicata alla Passione di Gesù
Ezia Di Capua” La Corona di Spine e il Cristo con la Croce “ |
Dal Vangelo
secondo Matteo. 27, 26-30
Lo spogliarono, gli fecero indossare un mantello scarlatto, intrecciarono una corona di spine, gliela posero sul capo e gli misero una canna nella mano destra.
Poi, inginocchiandosi davanti a lui, lo deridevano: « Salve, re dei Giudei! ». Sputandogli addosso, gli tolsero di mano la canna e lo percuotevano sul capo.
Un messaggio artistico volto ad indagare il connubio tra uomo, natura e Divino.
I
contenuti drammatici dell’opera:
” La Corona di Spine e il Cristo con la Croce “
cedono
il passo alla raffinatezza e all’equilibrio che le governa, svelando la ” mano”
dell’artista che li ha eseguiti Ezia Di Capua:
“Sono
interessata ad orientare la percezione, dell’opera affinché possa essere
stimata con una più ampia visione anche prospettica…e, per la particolarità della sua natura è necessario
che io precisi i seguenti dettagli
storici.
Ho
rispettato l'integrità originale della Corona di Spine realizzata,circa
quindici anni fa con i rami dell’unica Acacia Spinosa reperibile nel nostro
territorio, Il Golfo dei Poeti e, portata dalla Terra Santa come si narra, dai Templari.
Il luogo in cui si trova la pianta è stato tenuto in altissimo segreto e non mi
è stato tramandato ma, la Corona è stata per certo intrecciata, insieme al suo
segreto da mia madre ed esposta nella chiesa Natività di Maria di San Terenzo,
per oltre un decennio in occasione, della Santa Pasqua.
E’
stato quindi mio,dopo la morte di mia madre Carla Gallerini,il compito di
reinterpretare il significato drammatico della Corona di Spine e compiere
ricerche sulla sua genesi prima ancora che il mio processo creativo prendesse
inizio.
L'indagine
compiuta a partire dall’analisi della Corona, si è estesa poi a cose, oggetti e
materiali provenienti dalla Terra Santa e di proprietà della mia famiglia che, in fase di progetto ho scelto per dare un senso compiuto e nuovo e universale al mio studio
compositivo, nel tentativo teso ad allacciare un raccordo tra la natura e
l'intervento umano che definisce un continuum spesso non considerato ma, di
certo essenziale in questo mio particolare percorso creativo dedicato alla morte di Gesù
descritta nei quattro Vangeli.
L'arte,il flusso artistico, in questo
caso si è manifestato nell’idea di modellare il Cristo con un composto di mia
personale ideazione e creazione che ha avuto come componente di base un ramo di
olivo portato a metà del xx secolo dalla Palestina da Ezio, mio nonno materno.
Ho polverizzato parte del ramo e l’ho unito ad oli essenziali profumati e
benedetti provenienti dalla Terra Santa insieme a terra e sabbia raccolti negli
stessi luoghi sacri. Per legare il composto ho usato resine e collanti naturali. L’opera è diventata così
conseguenza di un processo di pensiero,anche filosofico, atto di fede, memoria
di pellegrinaggio, insieme di un amore familiare unito in un messaggio di amore
universale e, non solo quindi semplicemente il risultato del
lavoro dell'artista.
Il Cristo in posizione centrale, posto
su fondo realizzato con le tecniche in uso in antica iconografia sacra e quindi
in oro, segna il rigore della composizione, e catalizza l’energia che sprigiona
tutta l’opera.
In sintesi il significato espresso ora,
va ben oltre ad un aspetto stretto al divenire,
oltre a una lettura intrinseca del messaggio religioso e storico, oltre alla
pietas,oltre la memoria familiare, è anche una coraggiosa e sentita ricerca
personale che osa rendere esplicito il desiderio di avvicinarsi al Divino
attraverso un atto di creazione compiuto tramite la rigenerazione di materiali naturali
storicamente legati a quei luoghi ove Nostro
Signore ha vissuto sino alla Sua Passione
I
tre grossi chiodi d’epoca conficcati tra le spine, orientati a ricordare le
modalità della crocifissione definiscono con tragica violenza l’opera che
supera se stessa trasmettendo un' intensa forza mistica che la muta in.... preziosa
Reliquia” .
Ezia
Di Capua
Oggetto:
|
Re: SALA CARGIA' NEWS
|
18/04/2014
15:27 |
Da:
|
Valerio
Cremolini
|
|
A:
|
<EziaDiCapua@libero.it>
|
Carissima
Ezia,
ho letto con sentita partecipazione la "genesi" del tuo impegnativo
lavoro esposto nella rassegna pasquale dell'Ucai. Purtroppo, molto spesso, le
collettive scontano una attenzione superficiale. Si coglie l'insieme e,
imperdonabilmente, ciascuna opera viene considerata, non di rado, una delle
tante. So bene, che così non è. Ciò è significativamente confermato da quanto
scrivi su "La corona di spine e il Cristo con la croce",
dimostrando l'abbondante ricchezza di contenuti che la caratterizzano
e che tu, con una scrittura chiara e scorrevole, proponi dettagliatamente.
Si avverte la sincera e convinta condivisione del tema elaborato, che
richiama il drammatico epilogo della "Via crucis" sopportata
da Gesù, tanto sconfortato da sentirsi abbandonato dal Padre e rassegnato
alla fine.
Peraltro, la dovizia di particolari che
segnali nella tua densa nota smentiscono, mi assumo una forte responsabilità,
un pensiero del filosofo Martin Heidegger, per il quale "gli artisti
autentici sono quelli che forniscono meno spiegazioni". Quelle che tu hai
fornito le trovo personalmente molto utili e non ridimensionano per nulla
l'autenticità della tua opera, che vanta una progettualità tutt'altro che
frettolosa e superficiale. Sono poche parole, assolutamente non di circostanza,
con le quali ti esprimo stima e viva amicizia. Buona Pasqua e te e famiglia.
Valerio
lunedì 14 aprile 2014
MANIFESTO PER L’ARTE DEL III MILLENNIO – Mirco Manuguerra Presidente del Centro Lunigianese degli studi Danteschi, commenta un’opera di Ezia Di Capua
ARCADIA PLATONICA
- L’ARTE
www.lunigianandantesca.it. |
Nella serata dell’8 marzo si è tenuta una storica
Cena Filosofica dedicata alla promulgazione ufficiale del manifesto per l’Arte
del III Millennio, documento redatto dal CLSD per gli usi e i fini della
dantesca Compagnia del veltro – Relatore della serata è stata la prof. Giovanna
Riu, critico d?Arte, che si è impegnata su un ampio excursus sul tema della
Bellezza da Platone fino ai giorni nostri. Più specificamente sul tema del
Manifesto si è espresso il prof. Egidio Banti, letterato normalista, il quale,
nel corso dell’analisi compiuta sui tre punti essenziali del documento, ha
voluto porre in evidenza, senza mezzi termini, l’importanza “ fors’anche
cruciale” che i principi fissati potrebbero avere “sul futuro dela Civiltà”
qualora fossero auspicalmente affermati.
Ciò che nel Manifesto è parso una forza tutta
particolare, è il punto II, ove si dichiara che l’Arte non può conoscere alcun
“progresso”, ma solo “variazioni”, in quanto strutturalmente posizionata sul
piano immutabile dell’Assoluto.Un concetto che il CLSD deve soprattutto al
compianto Oreste Burroni, umile poeta e critico d’arte. Ebbene, all’evento
hanno aderito cinque artisti, di cui quattro presenti; di costoro uno era
rappresentato. Le loro opere presentate sono qui di seguito da me personalmente
commentate.
Mirco Manuguerra
da: LUNIGIANA DANTESCA ANNO XII – N.93 – MAR 2014
Bollettino on – line del
CENTRO LUNIGIANESE DI STUDI DANTESCHI
Clicca sull'immagine per leggere |
Ezia Di Capua è artista e operatore culturale di
amplissime vedute.
Direttrice della Sala Culturale CarGià – Atelier e
Salotto in San Terenzo di Lerici, nel cuore di quel Golfo dei Poeti laddove
Mary Shelley concepiva il suo Frankenstein e il genio romantico inglese del
marito e di Lord Bayron muoveva un eroico ma delicato afflato – Ezia Di Capua è
anche una buona soprano, oggi impegnata nel Coro Lirico della Spezia, gruppo di
cui ha atteso fattivamente alla costruzione.
La cosa non stupisce affatto, se è vero che è stato
il CLSD a concepire ed avviare alla Spezia, tra tanti sedicenti esperti e teste
d’uovo, un ‘’Wagner La Spezia Festival’’.
Stupisce ancor meno che Ezia abbia una
profondissima preparazione tecnica, come appare ampiamente dimostrato in un’opera
splendida dal titolo "In questo triste inverno".
Diciamo subito che si tratta di una preziosità: un
disegno realizzato con tecnica del puntinismo ad acquerello.
La padronanza del dominio geometrico, che richiama
decisamente ai grandi studi rinascimentali preparatori al tema sublime della
Città Ideale, l’equilibrio raggiunto fra il tratto perfetto delle geometrie e
la leggerezza del colore ne fanno un’opera matura.
Ciò che desta sorpresa, semmai, è una materia
sottostante decisamente all’altezza dell’impegno formale.
Osserviamo, infatti, un evidente accostamento
sapienziale tra la dimensione squisitamente pitagorica dell’opera, espressa
dalla complessità delle notevoli strutture e prospettive architettoniche, e la
dominanza neoplatonica assegnata alla figura alata, dunque angelica, tanto
dominante da sovrintendere all’intero dominio.
In quest’ ultima figura si potrà intendere ancora
una volta la Poesia, effigiata come alata da Raffaello in una lunetta della
Stanza della Segnatura, ma potremmo anche pensare alla Bellezza, senza la quale
non si realizza il volo salvifico dell’anima verso le stelle.
Ecco allora quel titolo strano solo per chi non sia
intendente: l’inverno ‘’triste ‘’ non può che essere il drammatico congelamento
della Bellezza, in effetti evocato dalla grande staticità dell’immaginazione
complessiva.
In pratica, il quadro pare decisamente evocare
quello straordinario patrimonio che la Storia pare essersi lasciata alle spalle
dopo la sintesi suprema della Stanza della Segnatura.
Ed è in questo senso preciso che va inteso il tema
molto discusso ancor oggi del Pre-Raffaellitismo:
se il problema è il ‘’ dopo ‘’ (il 'post'), allora si deve tornare al ‘’ prima ‘’ ( al 'pre', appunto), dove Raffaello non è affatto l’elemento di disturbo, ma la singolarità dell’assoluto, dell’incomparabile.
se il problema è il ‘’ dopo ‘’ (il 'post'), allora si deve tornare al ‘’ prima ‘’ ( al 'pre', appunto), dove Raffaello non è affatto l’elemento di disturbo, ma la singolarità dell’assoluto, dell’incomparabile.
In letteratura l’esempio identico è la Divina
Commedia.
Parliamo di opere dove è possibile esprimersi
soltanto in termini di ‘’ prima ‘’ e di ‘’ dopo ‘’; sono dei veri e propri
Big-Bang.
Ecco così spiegata anche la presenza immanente
dell’Alighieri nella medesima Sala della Segnatura.
In quest’ordine di idee, l’entusiasmo con cui Ezia
Di Capua ha risposto alla proposta del Manifesto per l’Arte del III Millennio è
una autentica certezza: la Bellezza non è per l’artista una semplice occorrenza
fortunosa, ma torna al centro della definizione stessa di ‘’ Opera d’Arte’’
Va da sé che dietro la Bellezza – rigorosamente
intesa in senso neoplatonico, dietro dunque quel motore immenso che, destando
Stupore e Commozione, innalza l’uomo verso il regno perfetto delle Idee – si
pone quell’enorme bagaglio di Sapienza a fondamento della civile convivenza tra
gli uomini che è il teme autentico di quel canone architettonico della Città
Ideale tanto cara al CLSD e anche a Ezia Di Capua.
Trattiamo specificamente di quei ‘’ Valori non
negoziabili ‘’ per dirla con Magdi Cristiano Allam, sempre presenti ai giganti
dell’umanità, a partire dai padri Greci fino al nostro Dante ed oltre.
Valori che sono affidati ormai alla custodia di
veri Eroi
Che però non sono affatto pochi.
Forza e Onore a Ezia Di Capua!
venerdì 11 aprile 2014
UCAI LA SPEZIA: PRESENTAZIONE DEL VOLUME "CONFITEOR" DI FRANCA GAMBINO - Relatrice Gabriella Mignani
Sala Culturale CarGià - Sezione Libri 2014
clicca sull'immagine per leggere |
L'Ucai ha voluto inserire, nell'ambito della
tradizionale collettiva di Pasqua, la presentazione di un libro molto
particolare, che già col suo titolo evoca in noi sentimenti e (per i meno
giovani) ricordi di preghiere e di antiche liturgie.
“ Confiteor ”: in latino, confesso, ma anche confido,
che è poi il senso della confessione nella tradizione cattolica:
dico in segreto i miei peccati, la mia pena, la mia
sofferenza e, nello stesso tempo, confido nel perdono e nell' aiuto di Dio.
E' questo il senso profondo del libro di Franca
Gambino: un' autrice nota ai più per aver vinto un'edizione del “Lerici Pea“,
ma che esprime, a mio parere, la sua vena più autentica nella prosa. Una prosa
“lirica”, densa, corposa: un libro, “Confiteor” che, se fosse un quadro, definirei
“materico”. Il volume ( edito da IF
PRESS nel 2012 ) è la somma di due scritti, che l'autrice aveva dato alle
stampe in momenti diversi: nel 2004 e nel 2011, con i titoli di “ Indagine
incompleta “ e “ Indagine ultimata “.
Nella prima parte, la Gambino racconta di sé, della sua vita, dall'
infanzia a Genova agli anni del suo primo matrimonio, vissuti a Milano, dove
lavorava per una casa editrice e, contemporaneamente , allevava i suoi tre
figli.
Tra questi due luoghi e queste due esperienze di vita,
lo stacco è evidente e lacerante: Franca ha avuto, malgrado le difficoltà del
periodo storico ( la guerra e le sue pesanti conseguenze ), un'infanzia che si
intuisce felice: figlia unica molto amata dai genitori, dalle zia e dalla
nonna, figure femminili importanti e determinanti nella sua formazione;
brillante negli studi, avida di vita e di esperienze, cresce con la convinzione
che il mondo sia, tutto sommato, un luogo dove è bello vivere. Ma queste convinzioni si scontrano con le
difficoltà della vita matrimoniale e di una metropoli, dove sempre più si
avverte la spersonalizzazione della vita quotidiana.
A Milano, Franca si scopre infelice e alla ricerca
di qualcosa che non trova neanche nel rapporto col marito, qualcosa che le sfugge e che ricerca con
caparbietà e, a volte, disperazione.
Così, segue la via della psicanalisi che, in parte, le dà qualche
risposta, ma non risolve la sua crisi esistenziale, il vuoto che sembra
risucchiare la sua anima, e su cui si incentra sempre più la ricerca esistenziale
della scrittrice: cosa facciamo, noi esseri umani, per nutrire l'anima? si
chiede Franca. E la risposta, desolante, è che nessuno ci insegna come
rimediare ai guasti dell' anima, alle offese che quotidianamente le vengono
inflitte. Insieme alla scoperta che esistono luoghi e situazioni positive per
l'anima e altre negative e pericolose: il modo in cui Franca arriva a scoprire
questo è molto particolare e permea tutto il libro dalla prima all'ultima
pagina: Franca segue l' odore.
Ci sono luoghi che odorano positivamente e altri
che hanno odori sgradevoli, disturbanti: questa è la particolarissima teoria dell' autrice, che
conferma il carattere “materico” del suo lavoro di scrittrice. Franca, volutamente, scarta l'approccio
razionale alla sua indagine e va “ a naso “, non senza dubbi e sofferenza. Si chiede se è lei quella fuori posto e la ridda dei “perchè” la
trascina in un vortice di smarrimento.
Ma il suo interrogativo di fondo è: “ Come faccio a farmi amare ? “
Con gli anni e con l'aumento di responsabilità
familiari e lavorative, le domande di Franca sulla vita si fanno più articolate
e più pressanti: intanto, il suo matrimonio naufraga definitivamente e la prima
parte di “Confiteor” si chiude, appunto, con un' indagine incompleta, dove le domande
superano le risposte, anche se un primo incontro coi Vangeli e con la figura di
Gesù sembra aprire l'autrice a quella speranza, che caratterizza, in maniera
più evidente, la seconda parte della sua opera.
Confiteor è un libro molto particolare, che sfugge
a ogni catalogazione: si potrebbe dire un'autobiografia, ma la definizione è
insufficiente a comprendere il senso dell' opera. Probabilmente, ma questa è
una mia idea, è un libro poco italiano: in Italia non siamo abituati alle
introspezioni profonde, la profondità ci spaventa e non a caso, purtroppo,
siamo spesso considerati, a torto o a ragione, un popolo di superficiali.
Franca invece vuole, con caparbietà, andare al
nocciolo delle cose e dell'esistenza: la sua ricerca è spietata e non le dà tregua:
perchè, alla fine di tutto, c' è la morte?. Quante volte, tutti noi, ci siamo posti questa domanda, ma poi
sorvoliamo e, se siamo cattolici, ci affidiamo alle parole consolatorie della
religione. Anche Franca, di solida
formazione cattolica, potrebbe fermarsi al lato più consolatorio, più “facile”
dell' esperienza religiosa.
Invece, vuole di più: cerca, anche nella religione,
chi la può aiutare a capire, si ritira
persino in un convento, a Stoccolma, per meglio sentire la sua anima. Vuole un'autentica conversione, che non sia
solo accettazione passiva di precetti inculcati dall'alto.
La seconda parte di “ Confiteor “ è dedicata a Johnny
Cash, musicista americano, morto dopo una vita di eccessi, nella quale però non
mise mai in discussione, anzi ribadì la sua fede incrollabile in Dio. La scoperta di un Dio d' Amore che ha
immolato la vita del suo unico Figlio per noi uomini è la grande speranza che
Franca ci trasmette, sotto forma di confessione, nella parte conclusiva della sua opera. Confessa di aver avuto attacchi di panico e
paura della morte, confessa di aver attraversato le tenebre, chiama “ la COSA “
questa sua terribile esperienza, che è poi il senso di annichilimento di fronte
al NULLA che ci dovrà inghiottire tutti. Scopre, così, che è l' amore l' unica salvezza,
quel sentimento che gli psicologi chiamano “libido”, come ricerca del piacere,
ma che lei vede come riduttivo se inteso solo come amore terreno, o fisico, ma
anche al contrario, se inteso solo come spiritualità.
Dio si è fatto uomo per salvarci e questo ci
conferma che l' amore esiste e che corpo e anima sono due realtà inscindibili.
Nella sua confessione, nel “ confidare” , Franca
vuole trasmetterci una speranza: il suo percorso è strettamente individuale, e
l'onestà intellettuale che la caratterizza non le consentirebbe di dare
ricette ad alcuno, né è questo lo scopo del libro. Ma, leggendolo, si ha la sensazione che la
Grazia può toccare ciascuno di noi, purchè rinunciamo a una parte sovrabbondante
del nostro IO, affinchè l'Altro possa prendere posto nel nostro cuore e nella
nostra anima.
Gabriella Mignani
sabato 5 aprile 2014
UCAI LA SPEZIA: IL RACCONTO DELLA PASQUA SECONDO MATTEO
ENRICO IMBERCIADORI Calvario 1999 tecnca mista |
Sarà il vescovo diocesano mons. Luigi
Ernesto Palletti ad inaugurare giovedì 10 aprile p.v., alle ore 17.00, la
rassegna pasquale promossa dalla sezione spezzina dell’Unione Cattolica Artisti
Italiani nella sede del Circolo Culturale “A.Del Santo” (via don Minzoni, 62).
Titolo della collettiva è Il racconto
della Pasqua secondo Matteo ed è visitabile sino al 30 aprile prossimo, dal
martedì al sabato dalle 17.30 alle 19.30.
Le opere esposte
sottintendono un impegnativo lavoro di scavo, che lascia traccia di sé tra colori, segni, materie differentemente modellate e versi
poetici più o meno elaborati. Loro tramite gli artisti hanno liberamente
interpretato significativi e commoventi momenti che caratterizzano il doloroso
racconto della passione del Signore, scandita dall’evangelista Matteo nell’angosciante
silenzio di Gesù nel Getsemani, nel suo arresto, nel processo subìto tra l’indifferenza di Pilato sino all’accorato grido dalla croce che si trasforma
in una preghiera diretta al cuore del Padre.
Questa esposizione
sulla Pasqua rivolta ad una straordinaria pagina del vangelo di Matteo è il
composito risultato di un gruppo di persone che si incontra e si riconosce nella
comune vocazione artistica ed è un incontrarsi, che manifesta la medesima
passione, ma anche il piacere di stare insieme, di sentirsi ben più che
semplici conoscenti. L’arte sacra cristiana ha, dunque, diffusa cittadinanza nel
mondo dell’arte.“Non stupisce che sia così difficile rappresentarla, poiché
l’arte – afferma il critico Maurizio Cecchetti - è soprattutto questo vedere che, direbbe
Agostino, è un toccare, un mettere il dito nella piaga per essere certi che
qualcosa esiste”.
Nel pluridecennale impegno dell’Ucai
spezzina si concretizza fattivamente la convergenza con il convinto interesse della
chiesa per l’arte contemporanea, sancito nei famosi interventi di papa Paolo VI
(“Oggi come ieri la Chiesa
ha bisogno di voi, si rivolge a voi. Essa vi dice con la nostra voce:non
lasciate interrompere un'alleanza fra tutte!"), nel messaggio indirizzato
agli artisti durante il Concilio Vaticano II, rilanciati nella splendida ed
affettuosa “Lettera agli artisti” di Giovanni Paolo II del 1999 e nell’incontro
del novembre 2009 di Benedetto XVI con gli artisti dei vari settori
clicca sull'immagine per leggere |
(“…desidero
esprimere e rinnovare l'amicizia della Chiesa con il mondo dell'arte,
un'amicizia consolidata nel tempo, poiché il Cristianesimo fin dalle sue
origini, ha ben compreso il valore delle arti e ne ha utilizzato sapientemente
i multiformi linguaggi per comunicare il suo immutabile messaggio di
salvezza" ).
Il percorso espositivo della rassegna
pasquale dell’Ucai, che accoglie anche testi poetici di Anna Maria Barini,
Gabriella Mignani, Maria Rosa Pino e di chi scrive, comprende dipinti, sculture
e grafiche di Rossella Balsano, Guido Barbagli, Anna Maria Barini, Luigina Bo,
Antonella Boracchia, Ferdinando Brogi, Angiolo Delsanto, Ezia Di Capua, Umberta
Forti, Pina Gentile, Neddi Gianrossi, Anna Maria Giarrizzo, Gloria Giuliano,
Enrico Imberciadori, Mario Maddaluno, Marisa Marino, Sergio Maucci, Nina
Meloni, Fabrizio Mismas, Roberto Montanari, Pierluigi Morelli, Graziella Mori,
Franco Ortis, Maria Pia Pasquali, Maria Passaro, Malia Pescara Di Diana, Maria
Luisa Preti, Mirella Raggi, Rosa Maria Santarelli, Giovanni Santernetti, Maria
Rosa Taliercio e Carlo Vignale.
Valerio P.Cremolini
martedì 1 aprile 2014
LA NAZIONE: MADAMA BUTTERFLY - grande successo al Teatro Palmaria della Spezia
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